Simone Piraino, "Verso la luce"
Simone Piraino, Verso la luce, Stradivarius 37148Silvia Dima, violino – Gioacchino Di Stefano, violino – Gaspare D’Amato, viola – Giuseppe Nastro, violoncello – Alberto Maniaci, pianoforte
Sulla problematica della luce sto lavorando da quando scrissi, nei lontani anni Novanta, il mio libro su Niccolò Castiglioni.[1] Il Maestro era un profondo conoscitore della filosofia medioevale e quindi anche della teologia della luce.[2] Martin Heidegger, nel suo saggio del 1936, dal titolo esplicito, L’origine dell’opera d’arte,[3] intende il termine Lichtung come ‘radura’, termine che condivide la stessa origine di Licht, luce, e di Leicht, leggero come l’aria. Heidegger non si riferisce alla luce solamente com’è intesa dalla tradizione filosofica, ma a quella «Luce che filtra dal bosco laddove la vegetazione si dirada e il sacro, secondo le credenze degli antichi culti, si manifesta fra il fremere delle foglie e la misteriosa danza dei raggi colorati. L’opera d’arte ha per Heidegger funzione fondativa, è porsi in opera della verità che getta fasci luminosi obliqui nella radura dell’essere, disboscandone e chiarendone alcune zone».[4] Nell’opera d’arte ha luogo un’apertura che, proprio come una radura, raccoglie la luce che passa tra i rami degli alberi e illumina la dimora, è uno svelamento della verità.
La clarière corrisponde all’Aperto del Mondo ed è già presente prima che si faccia chiarore, la luce esisteva comunque, anche quando noi eravamo al buio,[5] è l’infinito che eccede l’essere. Non è la luce a generare la radura, che è tale anche di notte, ma la radura crea le condizioni per il riflettersi della luce. L’arte equivale all’Aperto che è precedente e l’artista ne è il ricettacolo, coincide con il ricovero dell’altro-da-sé. La bellezza dell’opera è la luce che arriva nella radura e tale luce collega l’oscuro e il chiaro, l’infinito e il presente, la verità e la vita quotidiana. La contingenza, croce e delizia dell’artista, diventa un (ac)cadere dell’opera nell’operare, un precipitare del tempo (infinito) nell’accidentalità, creando l’Ereignis, l’evento che precipita da un contesto pre-compreso.
È l’opera che chiama a sé e che dona all’artista la capacità di cogliere lo stanziarsi delle dinamiche del tempo nell’opera stessa. È la grazia della vocazione che mette in moto idee, pulsioni, orientamenti verso la luce della creatività, la quale si apre come una radura nella selva oscura dell’essere. Il talento naturale e l’istinto non sono aspetti romantici ma si legano all’attitudine dell’artista a farsi vaso, ad accettare ciò che nel suo operare si profila. Esso è il catalizzatore dei flussi vitali del destino storico.
Questa lunga riflessione per introdurre il cd di Simone Piraino Verso la luce. Quando un progetto stimola molte considerazioni vuol dire che non solo è ben fatto ma che contiene molte idee e spunti per ragionamenti che vanno oltre a quelli propriamente musicali. Non capita spesso.
Vi è nella musica di Piraino un suono nascente che sottostà all’articolazione del sottile tessuto compositivo: è la concordanza del cosa dell’opera con l’accadimento che porta alla luce ciò che fino ad allora, fino allo svelarsi dell’accadimento, era rimasto velato. La ricerca esistenziale e artistica è dunque un portare alla luce ciò che nella vita e nell’opera rimane celato. Ed è proprio l’apertura e lo svelamento ciò che avviene nell’opera, come dice Heidegger, in L‘origine dell’opera d’arte, ciò che avviene in opera nell’opera è l’apertura dell’ente nel suo essere, apertura (Eroffnung) che è il farsi evento della verità (das Geschehnis der Wahrheit).
Lo svelamento corrisponde a ciò che Piraino descrive come «un percorso che dal grave di una luce soffusa intende giungere all’acuto di un bagliore nitido», nella sua Introduzione all’ascolto nelle Note di copertina, le quali si avvalgono anche di una breve presentazione di Marco Betta, maestro di composizione di Piraino assieme a Giovanni D’Aquila. Betta scrive per la musica di Piraino di un «flusso continuo […] come luci in movimento; bagliori di suoni sembrano provenire da epoche lontanissime e attraversano il tempo». È il cosa dell’opera che accade.
Il brano che dà il titolo al cd è presentato sia nella versione per quartetto d’archi con pianoforte sia only piano version, in entrambe una cellula tematica minimale vuole produrre un’estasi sonora. Si produce un rapimento che produce l’estasi ossia dona la luce alla materia. In realtà, non è l’artista a donare luce ma è l’opera stessa che illumina l’artista e tramite questi la materia. Non è un caso che molte pagine di questi lavori presenti nel cd sembrano essere nate in uno stato di leggera trance o meglio da un’energeia segreta ma profonda e talmente forte da sorreggere la forma delle composizioni.
Spesso i brani si dividono in due sezioni, come in Omaggio a Dante, in Sogno, in Nóstos Algos e in Sospiri. L’elemento onirico si può notare anche quando non è esplicitamente dichiarato, come anche l’elemento nostalgico inteso come ritorno doloroso. Il procedere è raffinato e spesso sospeso, come in Studio n. 2 “Timbre” e spesso le linee melodiche sono rivolte verso l’acuto, come in Il valore di un incontro. Anche i due Vocalizzi, il primo per viola e il secondo per violino si basano su scale ascendenti. È musica leggera, Leicht appunto.
Completano il cd due brani, Silenzio e Barconi, entrambi basati su versi di Ennio Minuto, violoncellista allievo del Conservatorio di Palermo morto giovane. Il primo pezzo dimostra l’abilità di Piraino nel concatenare strutture armoniche, mentre il secondo è impostato su un fraseggio pianistico, basato su cluster arpeggiati, che accompagna il canto della viola; come dice il titolo fa riferimento ai barconi dei migranti ed ho un adeguato tono drammatico.
Un plauso va agli eccellenti esecutori del Quartetto ad archi delle prime parti dell’Orchestra del Teatro Massimo di Palermo, Silvia Dima, violino – Gioacchino Di Stefano, violino – Gaspare D’Amato, viola – Giuseppe Nastro, violoncello, ai quali si aggiunge l’ottimo pianista Alberto Maniaci, tutti molto sensibili e ben addentro alla musica e alla poetica di Piraino.
Un accenno a un altro bel cd con musiche di Simone Piraino, Alberto Maniaci, Giuseppe Ricotta, Marco Betta e Valentina Casesa, intitolato Riflessi sonori, con il Trio Arté, formato da Mirko D’Anna al violino, Giorgio Garafalo al violoncello e Valentina Cesesa al pianoforte. Lavoro di pregio edito dalla Da Vinci Classics 2020.
http://www.simonepiraino.com/
[1] RENZO CRESTI, Linguaggio musicale di Niccolò Castiglioni, Miano, Milano 1994.
[2] Alla luce, quale simbolo della bellezza e presenza di Dio, si erano rivolti i filosofi del tardo Medioevo, come Bernardo, Grossatesta e Bonaventura: bello come lumen, bellezza come consonantia e claritas, luce come aspirazione al trascendente che crea una dimensione spazio/temporale estatica, luce come vestigium della bellezza superiore.
[3] MARTIN HEIDEGGER, L’origine dell’opera d’arte, in Sentieri interrotti, La Nuova Italia, Firenze 1968. Cfr. RENZO CRESTI, Musica presente, tendenze e compositori di oggi, Libreria Musicale Italiana, Lucca 2019.
[4] REMO BODEI, Le forme del bello, Il Mulino, Urbino 2002, pag. 55.
[5] Al contrario della tradizionale metafisica della luce, la Lichtung è una luminosità che ospita in sé l’oscurità, in altri termini, la Lichtung è la nota luminosa dell’essere che si staglia su uno sfondo oscuro. Nel concetto di notte oscura di Giovanni della Croce è già presente l’alba, la cui luce rimane oscurata finché non sorgerà.