home
Stefano Teani, "L'epoca dell'Essere"

Stefano Teani, L’epoca dell’Essere – La musica del mondo nuovo, Prefazione di Salvatore Frega, Felici Editore, San Giuliano Terme (Pi) 2020, pp. 151, s.i.p.
 
Conosco Stefano Teani da quando era studente all’ISSM Boccherini, ne ho subito notato la serietà nell’affrontare gli studi, la preparazione come pianista e poi come direttore d’orchestra. Lo ritrovo nel Direttivo dell’Associazione Cluster di Lucca (responsabile fra l’altro dell’YugenEnsemble), ci siamo incontrati all’Accademia di Montegral con Kuhn e in tante altre occasioni, anche insieme alla sua gentile compagna Agnese Manfredini, ottima flautista (ero in Commissione al suo bell’esame di Laurea), circostanze che mi hanno permesso di apprezzare le indubbie qualità di un musicista pensante, infatti, quando mi ha detto che stava scrivendo un libro non mi sono meravigliato, anzi, me lo aspettavo che avrebbe messo a frutto le sue riflessioni comunicandole in forma organica per scritto, ma non mi attendevo un testo così profondamente meditato, d’impianto filosofico. Una filosofia esistenzialista messa a disposizione di tutti quei musicisti che sentono l’urgenza di riflettere su ciò che fanno e su ciò che può fare la musica.

È un libro coraggioso, pochi sarebbero i musicisti in grado di inoltrarsi in problematiche così annose e complesse come quelle che affronta con intelligenza e levità Stefano Teani. Inutile dire che ci sarebbe stato bisogno di un maggior approfondimento ma quando si parla delle tematiche cardine dell’intera storia occidentale e non solo è ovvio che non si finirebbe mai, un tema rimanda a un altro in un infinito circolo ermeneutico, ma Teani è consapevole di questa inesauribile materia e si getta nel circolo ermeneutico con fiducia, con commovente partecipazione, riuscendo a stendere un discorso ben argomentato.

Uno dei grandi temi è quello del Tempo che Teani prende in considerazione partendo dalle quattro definizioni degli antichi Elleni, per proseguire con la concezione cristiana e per negare che il Tempo sia redenzione e salvezza, come per il Cristianesimo, oppure ricerca e progresso, come il tempo della Scienza. La consapevolezza della centralità della questione del Tempo è evidenziata fin dal titolo del libro.
Un’altra gigantesca tematica è quella della razionalità. Teani cita Hegel “Ciò che è razionale è reale, e ciò che è reale è razionale”, per negare che la ragione possa essere posta a sistema di vita come è avvenuto e sta avvenendo nella società capitalistica occidentale, dove l’uomo diventa merce (a tal proposito Teani apre una sorta di lunga parentesi citando un’azienda di Marco Baldocchi che si occupa di marketing nella quale avviene lo spostamento del focus dal prodotto alla persona).

L’apologia della ragione ragionante porta Teani a una critica allo Strutturalismo musicale, rifacendosi alla cittadina tedesca che ne fu all’origine, Darmstadt. Prende di mira Pierre Boulez ma sarebbe stata necessaria una migliore contestualizzazione e soprattutto considerare meglio la prospettiva bouleziana, come il metodo ermeneutico esige ossia posizionarsi sempre in modo da abbracciare anche i punti di vista che sono o paiono negativamente diversi dai nostri. Teani contrappone alla ratio di Boulez, fra l’altro sempre lucidissima, l’intelligenza delle emozioni come viene espressa da Martha Craver Nussbaum, «Emozioni come costitutive del ragionamento etico» (pag. 60).

Parlare dei presupposti analitici, metodologici e sistematici non ci avvicina a cosa è l’opera d’arte, a meno di non intenderla come una sorta di emanazione di un Metodo, com’è avvenuto nella cosiddetta Scuola di Darmstadt degli anni d’oro. Ma l’opera d’arte è qualcos’altro. Non si riferisce solo al principio di plasmazione ovvero ai caratteri formali, seppur questi siano importanti. È all’infuori di ogni interpretazione speculativa di tipo politico, sociale, ideologico, pur instaurando legami sociali. Prescinde da ogni posizione metafisica e teologica, anche se ha molto da condividere con gli archetipi e con il rito. È oltre la fidatezza degli oggetti d’artigianalità d’uso, seppur esista un’area consistente di musica funzionale. Va al di là di essere al servizio di qualcuno, di essere per qualcosa come accade per il prodotto artigianale. Ma allora che cosa è l’opera d’arte?
 
Domanda fondamentale per un musicista come Teani, ma anche per uno come me che tenta di capire e/o intuire ciò che gli è più caro e gli è caro perché sente che la musica e l’arte lo avvicina al mistero della vita. Nello studio che ho appena svolto su Sylvano Bussotti mi sono trovato ad affrontare la stessa problematica che Teani esamina.
 
Ci porta più vicino al cuore del problema di che cosa è l’opera d’arte la domanda: cosa accade nell’opera d’arte? E cosa vuol dire accadere? La parola progetto ci dice qualcosa a proposito, al di là del mostrare la piena padronanza della sagomatura, essa indica anche un pro-iettare, un pre-gettare, un (ac)cadere. In tal senso il pro-getto ha ben poco a che vedere con l’assoluta pianificazione razionale di un piano di lavoro. Occorre porre attenzione al pro ossia a ciò che sta prima, a ciò che tira fuori, al gettare avanti, quindi all’idea, a quel qualcosa che è u-topia rispetto alla programmazione calcolata, è visione, intuizione. Ma visione e intuizione di cosa se non dell’essenza dell’opera stessa?
 
Cosa avviene nell’opera per cui essa può definirsi d’arte? È l’arrivo improvviso della verità, lo stanziarsi inaspettato del fondamento di vita. È il presagio che nell’operare si sia toccato il senso ultimo dell’opera. Il sesto senso dell’artista e il senso ultimo sono la stessa cosa, entrambi rimandano a una sorta di illuminazione, di rivelazione, rinviano alla percezione di un essere così e non altrimenti.
 
«Il divenir-opera dell’opera è una maniera del divenire e dello storicizzarsi della verità. […] Attingere all’interno del rapporto col non-esser-nascosto. […] Quasi che la verità fosse una pura disascosità disfattasi di ogni nascosto».[1] Con le parole di Teani «L’Essere è presente in ogni ente e si mostra nascondendosi» (pag. 36). Sullo svelamento Teani insiste, come anche sulla capacità del de-situarsi, scrive a pag. 121: «L’opera d’arte – col suo linguaggi svelativo – è capace di tenersi aperta e creare così una tensione de-situante, un conflitto [con riferimento allo Stoss di Heidegger], che porta a riappropriarci del potere poietico del linguaggio». Ciò che avviene in opera nell’opera è l’apertura dell’ente nel suo essere, apertura (Eroffnung) che è il farsi evento della verità (das Geschehnis der Wahrheit).
 
Indubbiamente le pagine più interessanti e per certi versi strane a trovarsi in un testo redatto da un musicista sono quello relative alla problematica dell’Essere, annunciata fin dal titolo. Eccentriche per molti musicisti ma non per Teani che ne fa il centro della sua riflessione e guida all’operare (musicale). «Essere umani significa essere consapevoli che il mondo è il luogo della manifestazione dell’Essere» - scrive Teani a pag. 71 - «Che si mostra mandando avanti l’ente, dunque nascondendosi – e che noi siamo in grado di cogliere tale presenza nella cifra, nel simbolo che l’Essere lascia trasparire dagli enti. Questo dunque significa che non esiste una vera umanità senza andare oltre, senza trascendenza». Teani fa seguire una citazione da Jaspers: «L’uomo non è senza l’assoluto altro che sta di fronte a lui, su cui si misura, dal quale viene e dal quale procede. Se esso debba chiamarsi il Nulla il Tao, l’Uno, la Trascendenza o Dio di Geremia non ha importanza, esso è l’Essere» (pag. 71). Aggiungerei che si potrebbe chiamare anche Natura oppure l’Umgreifende come l’intende Jaspers, il tutto-abbracciante, l’ulteriorità, la comprensività infinita (cfr. pag. 39).
 
Il metodo ermeneutico porta a intrecciare fili e a percorrerli, ma per spostarsi occorre ben conoscere cosa sono e dove portano i fili, in questo Teani si dimostra consapevole ed edotto. Formidabile è la metafora che Heidegger espone nello scritto dal titolo esplicito di Sentieri interrotti: chi può collegare vie che sembrano portare da nessuna parte se non chi conosce bene quei sentieri? E chi ne individua subito le tracce enigmatiche se non chi ha abitato ed abita quei percorsi?[2]
 
Teani cerca di individuare tracce, percorre sentieri interrotti con la sicurezza e la fiducia di chi conosce il territorio, sapendo che quei sentieri portano senz’altro da qualche parte ma che la strada è lunga e tortuosa, con incroci pericolosi. Solo il percorrere quei sentieri può farci avvicinare alle nostre radici, al puramente umano direbbe Wagner, all’opera artistica come origine, come svelamento della verità. Alla ricerca della prospettiva di tutte le prospettive.
 



www.stefanoteani.it
 


[1] Martin Heidegger, Sentieri interrotti, Milano 1994, pp. 45, 47. L’artista che «Produce l’aprimento», il «Traente fuori», riceve il dono di un progettare che è la «Liberazione di un gettamento. […] Il dire progettante è Poesia, la quale è la saga del non-essere-nascosto. […] Racchiude in sé la pienezza del prodigioso e perciò lotta contro l’ordinario», pp. 57, 60. Ancora Heidegger, In cammino verso il linguaggio, Mursia, Milano 1993, pag. 200: «Quale che sia il modo con cui ascoltiamo, ogni qual volta ascoltiamo qualcosa, sempre l’ascoltatore è quel lasciarsi dire che già racchiude ogni percepire e rappresentare», pag. 200.
[2] Martin Heidegger, Sentieri interrotti, cit., in epigrafe: «Holz è un antico nome che designa la foresta. Nello Holz vi sono dei Wege, dei sentieri, che, il più delle volte, finiscono improvvisamente, coperti di erbe, in cammini non battuti. Sono Holzwege. […] Legnaioli e guardaboschi conoscono questi sentieri» ossia coloro che abitano la zona e solo coloro che vi dimorano sono in grado di addentrarvisi e procedere senza perdersi.




Renzo Cresti - sito ufficiale