Andrea Monarda, "Alessandro Solbiati, nella mente del compositore"
Andrea Monarda, Alessandro Solbiati, nella mente del compositore, Sonitus, Monvalle (Va), 2021Diciamolo subito e chiaramente, anzi, lo scriviamo che è cosa diversa dal dirlo: Alessandro Solbiati è uno dei compositori più autorevoli della sua generazione, la quale è fra le più ricche dell’ultimo secolo. Pur essendo in piena attività, è nato a Busto Arsizio nel 1956, osiamo dire che il suo percorso artistico è storicizzato ossia ha realizzato opere così importanti che fanno già parte della storia della musica degli ultimi quarant’anni. Ci aspettiamo ovviamente ulteriori conferme di questo percorso straordinario, fra tutte, l’opera teatrale che fra un paio di anni andrà in scena al Comunale di Bologna.
Intanto Solbiati ci regala un bellissimo lavoro di suoni e immagini Il silenzio e il canto, di cui diamo notizia in una sorta di anteprima. In pieno lockdown, nel 2020, Sandro Gorli fece un'originale proposta di commissione a Solbiati: pensare a un lavoro di teatro per internet, cioè per la sua web tv. Lavoro per il quale metteva a disposizione una voce femminile cantante, una maschile recitante e sette strumenti, ma che sovrapponendo le voci nell'incisione avrebbero potuto diventare molte di più, così anche per gli strumenti. Ne è nata una vera e propria opera di tipo radiofonico, attorno al mito di Circe-Ulisse-Sirene, usando testi, oltre che di Omero, anche di Rilke, Kafka, Tennyson, Pascoli e altri, rendendo la voce del soprano-Circe un vero coro di Sirene a otto parti, rendendo un flauto otto flauti e così via. Ma poiché il lavoro sarebbe andato in una web Tv era necessario anche produrre un video e con un immenso lavoro ne è uscita una composizione assai particolare. Si tratta di un susseguirsi di brevi immagini su una musica delicatamente suggestiva, di grande equilibrio e sapienza costruttiva ed espressiva.
Chi scrive ha ben presente il panorama della situazione della composizione italiana, ma sa anche che la rilevanza di un compositore dipende dalla prospettiva con la quale la si inquadra, ebbene, la musica di Solbiati sia che la si analizzi in partitura sia che la si ascolti sia che la si confronti con altre coeve sia che se ne prenda in considerazione le risposte della critica e del pubblico è una musica che rivela il suo essere sapiente e vitale, dotta senza essere autoreferenziale, anzi, potentemente espressiva. È quella di Solbiati una comunicazione mai banalizzata, mai scissa da una progettualità specifica e da una scrittura precisa, ed è proprio grazie alla sua pertinenza interna che è aperta alla percezione, chiara e precisa.
Andrea Monarda è un affermato chitarrista e musicologo, molti i suoi articoli sulle riviste “Il Fonimo” e “GuitArt”, inoltre, varie revisioni e il bel libro su Aldo Clementi. Da poco è uscito questo lungo saggio/intervista che, partendo dall’approccio alla musica del giovane Solbiati, percorre, momento dopo momento, la strada ricca di pensieri e opere, in uno stile colloquiale, come si addice all’intervista, ma sempre pertinente alla musica, senza mai svolazzare in considerazioni astratte o in sentimentalismi.
Il primo capitolo s’intitola Ritratto di un giovane musicista, in cui si parla del fratello Luigi Alessandro, degli studi in Conservatorio, degli incontri decisivi con Franco Donatoni, Sandro Gorli ed Emanuela Piemonti che poi diverrà sua moglie. “Posso dire di aver ricevuto un imprinting di pensiero e tecnica da Franco Donatoni e uno di attestazione al suono da parte di Sandro Gorli” (pag 35). Si parla anche dei primi brani importanti, quali i Sei piccoli pezzi (1977, con i quali inizia il rapporto con le edizioni Suvini Zerboni) e il Quartetto (1980). Il capitolo si conclude con un’affermazione interessante per la parte biografica ma anche per quella musicale, per le influenze e i contesti, infatti, Solbiati, dopo aver ottenuto un rapporto stabile con l’editore, ebbe anche, nel 1981, l’insegnamento nel Conservatorio milanese, passando da allievo a docente in un attimo. Questi due avvenimenti, oltre a essere ovviamente positivi, ebbero però “anche un risvolto negativo, nell’aver trovato immediatamente un editore e un insegnamento mi impigrì, non mi stimolò a viaggiare. […] Io sono rimasto più legato all’Italia” (pag. 43).
Scolpire il suono s’intitola il secondo capitolo, leggendo il quale si deduce un pensiero importante ossia che è il metodo che stimola la creatività. Interessanti le riflessioni sul tempo musicale e sulla rappresentazione simbolica (pp. 47 e seg.). “La musica ha la facoltà di rendere sensibile, di visualizzare, se così si può dire, lo scorrere del temo mediante curve di tensione, contrasti, trasformazioni” (pag. 49). Anche in questo capitolo si affrontano analisi di composizioni quali Insieme (2017), Interludi (2000-2011), le opere teatrali Leggenda (2011) e Il suono giallo (2015). E ancora vari pezzi pianistici e brani didattici. Si citano nomi di compositori che hanno influenzato Solbiati, da Mahler a Schönberg e Berg, da Bach all’ultimo Beethoven, da Maderna a Kurtag, da Grisey a Benjamin. Ne viene fuori un ritratto chiaro e assai interessante, ben tenuto assieme dalle pertinenti domande di Manega.
La parte successiva s’intitola Gesto e figura, già dal titolo si mettono in evidenza gli aspetti salienti del comporre di Solbiati. Analisi approfondite del Trio (1987), di Mi lirica sombra (1993), dei Dieci pezzi (1996), di Manet (1996) e di Sinfonia (1998) chiariscono tali aspetti, anche con esempi tratti da pagine delle partiture. Su Sinfonia vi è anche uno scritto di Maurizio Azzan, In forma di simbolo. Narratività e processi compositivi in Sinfonia, si tratta di una disamina assai attenta su una delle composizioni esemplari di Solbiati.
Conclude l’intervista/saggio il capitolo Il segno del Maestro che dopo quelli analitici, riprende il discorso biografico, particolarmente soffermandosi sull’attività didattica. A seguire una serie di foto, non un granché ma simpatiche. Infine, riprendendo l’approccio analitico, una bella disamina di Andrea Monarda su La teoria del colore di Solbiati, che prende in considerazione la Sonata seconda per pianoforte e lo Studio I per chitarra. Su questo strumento pure il saggio successivo, La Sonata (2015) per chitarra di Solbiati, il brano più esplorativo fra quelli dedicati alla chitarra, e Monarda mette bene in evidenza ciò che significa esplorare lo strumento. Ottima analisi anche perché si legge in modo scorrevole.
Il libro, oltre al nutrito corpus dell’intervista, contiene un’Introduzione di Enrico Girardi, un analitico saggio di Ivanka Stoianova su Il suono giallo, vari scritti, denominati ‘Cartoline’, di amici e colleghi di Solbiati che ne descrivono il profilo umano e artistico (qui sotto la mia ‘cartolina’). Inoltre, un utile Catalogo delle opere, in ordine cronologico. Infine, un altrettanto utile Bibliografia.
L’archetipo, la luce, la narratività
Ho conosciuto Alessandro Solbiati oramai 40 anni fa, all’Accademia Musicale Chigiana di Siena, ai corsi di Franco Donatoni, dal quale impara non solo la tecnica compositiva ma soprattutto un atteggiamento religioso nei confronti dello scrivere che non è finalizzato alla pagina bella ma a un percorso di (auto)analisi interiore, esistenziale. Dal punto di vista compositivo, Solbiati s’è basato su una cellula germinativa che, per una sua legge interna, si articola in maniera spontanea, necessaria e inevitabile. Non v’è dubbio che per noi che abbiamo seguito Donatoni il suo insegnamento sia stato molto importante, con la prodigiosa forza che emanava in quegli anni.
Gli esordi artistici avvengono dunque sotto il segno di Donatoni, sono le sue radici che non vengono mai dimenticate; ma fin dall’inizio Solbiati si dimostra indipendente, un compositore dal lucido pensiero, dal rigore costruttivo, dalla scrittura elegante e molto consapevole del proprio operare. Abilità fraseologica e garbo comunicativo si riscontrano in tutte le sue composizioni.
Da quei giorni lontani a oggi non ho mai smesso di seguire lo straordinario percorso artistico di Alessandro che oggi lo rende uno dei compositori più importanti del panorama nazionale e internazionale. A sua volta didatta di sorprendente efficacia.
Forse non tutti sanno che Alessandro è rimasto molto legato a un suo pezzo giovanile che dimostra come la sua attrazione verso il gesto sia connaturata al suo modo fisiologico di sentire la musica; si tratta di una colonna sonora per il Saul di Alfieri (dove recitava il fratello), il secondo atto comincia con un’alba e Solbiati, istintivamente, fa partire la musica dal gesto di un cluster nella regione grave, poi, attraverso vari glissati si raggiunge l’acuto e, infine, vengono tolte tutte le note lasciando solo la luminosità della triade perfetta; questo a dimostrazione di come la vicenda formale nasca dalla gestualità, alla quale, con l’andar del tempo e quindi con la raggiunta maturità compositiva, si accosterà l’approfondita riflessione sul concetto di figura. Si ascolti l’opera in un atto Leggenda, un teatro di pensiero, statico nell’insieme ma ruotante come una spirale che scava in profondità nelle parti oscure dell’uomo. Oppure, l’altra opera Il suono giallo, vincitrice del Premio Abbiati, un vasto affresco di sogno, dove canti e suoni strumentali vanno sempre in verticale, creando una sorta di spirale che ha come baricentro gli stati d’animo dei personaggi.
Oggi, la sua musica è caratterizzata da figure e da campi armonici riconoscibili che si susseguono e creano una narratività. Diventa fondamentale la riconoscibilità di una polarità sia armonica sia dinamica. Anche l’archetipo, che evoca immagini e pensieri sedimentati nella coscienza collettiva, diventa importante. La forma, il tempo, l’armonia, la liricità tutto viene interpretato come prototipi di modelli originali, sedimentati nella coscienza collettiva.
La luce è un elemento fondante la poetica di Solbiati, “Il canto vuol essere luce”, intona il soprano della sua prima opera teatrale, Attraverso, parole riprese da una lirica di Garcia Lorca; è la gioia dell’evangelium, del bagliore inaspettato della luminosità, la possibilità di un nuovo sguardo sulla realtà; la luce in opposizione o intrecciata all’oscurità.[1]
Sono onorato di questa lunga e stimatissima amicizia che per me è stata fonte di insegnamenti e riflessioni. Una bella storia sotto il segno della musica vera, quella legata all’esistenza.
[1] Per un approfondimento critico cfr. Renzo Cresti, Musica presente, tendenze e compositori di oggi, Libreria Musicale Italiana, Lucca 2019.