cd, Claudio Monteverdi, Messa "In illo tempore" - Gianvincenzo Cresta, "De l'infinito"
Cd, Claudio Monteverdi, Messa In Illo tempore – Gianvincenzo Cresta De l’infinito“Monteverdi è in procinto di stampare una Messa a cappella a sei voci scritta con studio e fatica, dal momento che ha dovuto manipolare continuamente ogni nota attraverso tutte le parti, rafforzando di continuo gli otto temi dal Mottetto In illo tempore di Gombert. Inoltre sta anche completando alcuni Salmi per i Vespri della Vergine, con varie e diverse tecniche inventive ed armoniche, il tutto sopra un cantus firmus. Ha intenzione di venire in autunno a Roma per dedicarli a Sua Santità”. Così Bassano Casola, il 16 luglio 1610, scrive al cardinale Ferdinando Gonzaga. La Messa conteneva inizialmente anche la parte dell’organo, ma quella che Monteverdi portò a Roma non la conteneva, in quanto la Cappella Sistina cantava sempre priva di accompagnamento.
La Messa presenta volutamente stili diversi, come il coevo Vespro della Beata Vergine, il Maestro voleva dimostrare di padroneggiare qualsiasi stile dell’epoca e voleva stupire il Papa (mentre il Vespro non corrispondeva all’ambiente romano ma piuttosto a quello veneziano, non a caso Monteverdi ottenne la carica di Maestro di Cappella poco dopo, 1613). La scrittura a sei voci o più (come nel Vespro) stava diventando fuori moda perché ci si stava assestando alle quattro. L’abilità nel condurre e intrecciare le parti è davvero straordinaria, infatti, questa Messa In illo tempore è considerata un capolavoro.
L’ensemble vocale Spirito e l’ensemble strumentale Orfeo futuro, diretti da Nicole Corti non temono confronti e presentano un’interpretazione precisa e raffinata, sicuramente da raccomandare. Da sottolineare anche l’abbinamento con un brano contemporaneo, un modo intelligente per esaltare il rapporto fra passato e presente, continuità e discontinuità complementari.
Gianvincenzo Cresta http://www.gianvincenzocresta.com non è nuovo a presentare suoi brani accostati a monumenti della storia della musica, come nel cd Amore contraffatto, in cui la scrittura di Cresta di confrontava con quella di Gesualdo da Venosa. È una scelta coraggiosa, perché mettersi insieme a questi giganti del passato rischia di schiacciare chiunque. Scelta però meditata e consapevole, in fondo scelta vincente, in quanto i lavori di Cresta hanno qualità e carattere per stare accanto a qualunque grande compositore. Non è un caso che i due musicisti con il quale si apre un indiretto confronto siano dello stesso periodo storico, quell’epoca così ricca e inquieta che va dal tardo Cinquecento al primo Seicento, dove il linguaggio musicale è di una sorprendente modernità.
Il titolo della composizione di Cresta De l’infinito si rifà al testo del 1584 di Giordano Bruno, De l’infinito, universo e mondi, terzo dei dialoghi cosmologici. È anche il titolo del cd perché funziona bene anche per la Messa monteverdiana. Il progetto risale al 2015 e prende vita l’anno successivo grazie al sostegno del Ministero della Cultura francese. L’accostamento alla musica del passato avviene attraverso la voce. Vi sono vari procedimenti tecnici che pongono in rapporto la musica di Cresta con quella di Monteverdi, ma ovviamente vengono trasfigurati e rivissuti, al di là della mera citazione.
Ogni pianeta e ogni stella hanno un moto proprio nell’infinità dell’universo, così come i procedimenti compositivi hanno un moto proprio all’interno del procedimento generale. Forse gli elementi più evidenti sono la complementarietà fra assottigliamento o addensamento dell’intreccio contrappuntistico; i movimenti delle parti in tutte le direzioni, verso l’alto, il basso e in diagonale; l’avvicinamento o l’allontanamento di elementi che ora si attraggono ora si separano; le sequenze ritmiche e la ripetizione; i madrigalismi e il rapporto col testo.
Cresta sceglie due testi, per la prima parte “Ogni cosa discorre alto or basso. Benchè sei ‘n lungo o ‘n breve, o sia grave o sia lieve. Tanto gira sozzopra l’acque il buglio. Ch’una medesima parte or di su in giù or di giù in su si parte. Medesime tutte sorti a tutti imparte.” In questa sezione l’elettronica causa i vari episodi ossia ne origina il procedere attraverso una forza sonora. Si ha la causa quando qualcosa produce restando però fuori dalla cosa prodotta e si sposa col concetto di principio che si ha quando qualcosa è parte di ciò che ha prodotto. Per l’informatica musicale ed elettronica interattiva il responsabile è Francesco Abbrescia https://www.consba.it/it/1463/docenti/2184/abbrescia-francesco#didattica
Per la seconda parte, Cresta sceglie la sezione finale del poema di Bruno: “quindi l’ali sicure a l’aria porgo; né temo intoppo di cristallo o vetro, ma fendo i cieli e all’infinito m’ergo. E mentre dal mio globo a gli altri sorgo, e per l’eterio campo oltre penetro: quel ch’altri lungi vede, lascio al tergo.” Qui l’elettronica accresce e allarga i procedimenti sonori con echi e risonanze, in modo discreto. La composizione si regge bene, sia dal punto di vista costruttivo sia da quello sonoro, anche senza l’elettronica, ma l’uso riservato e intimo, a volte quasi confidenziale che ne fa Cresta aggiunge interesse, soprattutto nella prima parte. Altre volte però l’elettronica inserisce suoni di cui l’asciutta polifonia non ne sente il bisogno. In ogni caso «l’uso dell’elettronica è intimamente connesso con la scelta operata per eseguire Monteverdi e cioè rivestire la voce e la parole» - spiega Cresta - «in Monteverdi le voci della Messa sono, per così dire, rinnovate dal raddoppio non letterale delle viole da gamba e dei violini, secondo una prassi usuale tra Cinque/Seicento. In De l’infinito è l’elettronica, realizzata in tempo reale, a compiere questo processo di svelamento di ulteriori e altre possibilità della voce umana. Un passaggio di consegne dunque: dalle viola da gamba all’elettronica» (testimonianza).
Un lavoro di grande impegno non solo compositivo ma pure intellettuale. De l’infinito si stacca in maniera netta dai tanti pezzi e pezzettini che si sentono in giro, dalla banalità di esprimere i propri sentimenti, dal ricorso a forme classiche, dal ritorno scontato della tonalità. La musica può fare molto di più! E Cresta ce lo dimostra: la musica è pensiero, è in grado di farci riflettere sul nostro essere e sull’esserci, sulla Terra e sul Cielo (direbbe Heidegger), sull’infinitamente piccolo e sull’infinitamente grande.
Il libretto che accompagna il cd è ricco di foto e porta due testi, quello di Gaetano Magarelli su In illo tempore e quello di Gianfranco Vinay su De l’infinito, scritti tradotti anche in francese. Forse brevi curricula di Cresta, di Nicole Corti e dei due Ensemble non ci sarebbero stati male.[1] Il cd è stato registrato presso la Casa della Cultura di Aquilonia da Disgressione Music, nell’agosto 2021; mixato e masterizzato da Giovanni Chiapparino, negli Studi di Digressione Music a Molfetta. Il progetto grafico è del samsastudio. Copertina elegante ma fatta con scritte nero su nero, pressoché illeggibile. www.digressionemusic.it
Progettualità e intelligenza sorreggono questo lavoro, costruito con attenzione e rigore, come dovrebbe sempre essere. Ben realizzato dagli ottimi interpreti ed eccellente nella registrazione.
[1] L’ensemble Spirito ha sede a Lione ed è un coro da camera modulare, come anche l’ensemble Orfeo futuro, in residence presso Anima Mea Festival. I due cori hanno collaborato assieme nella Biennale Musica di Venezia del 2019. Nicole Corti è importante direttrice, fondatrice del Britten Choir, esperta di Bach e collaboratrice di compositori contemporanei https://fi-willems.org/nicole-corti-en/?doing_wp_cron=1658998711.6509408950805664062500