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Nella valle dell'Indo, resoconto di viaggio
Resoconto di viaggio

“Un semovente fiume dorato rotola fragoroso
dalle montagne innevate, si avventura nelle
foreste, attraversa numerosi prati e si allarga
nelle acque aperte dove affonda il sole”
(dal Poema Veda)


Sono arrivato nella valle dell'Indo percorrendo la Grand Trunk Road, la strada che Kipling, nel romanzo Kim, definisce “la spina dorsale dell'India” ed è, infatti, l'unica grande arteria, trafficata da camion coloratissimi e da ogni sorta di veicoli e animali, che da Calcutta porta a Kabul, percorrendo il Pakistan. L'arrivo è terrificante: cani morti lungo la strada, carcasse di animali divorate dai corvi, traffico caotico, un cavallo viene arrotato e centinaia di tonga, risciò, camion e autobus suonano all'impazzata, con gente dappertutto. Fogne a cielo aperto e sterco lungo la strada emanano un puzzo insopportabile, anche perché la temperatura è di 45° con il 100% di umidità. Le nuvole di smog e di polvere sono talmente dense da non far vedere la fine della strada e si appiccicano addosso, bloccando il respiro. Poveracci cercano di venderti qualche banana marcita. Uno storpio senza gambe è disteso proprio nel mezzo della carreggiata, implorando una rupia. Sono tutti uomini che, con la loro divisa islamica, un cencioso e sporco salwar kamez, creano uno strano senso di caserma, mentre le pochissime donne, dal volto coperto, fanno la sensazione di lebbrosi o di fantasmi inverosimili.

Lungo la strada, molti sono i mercati, brulicanti di gente che però non è né frenetica, né vociante, a differenza dei nostri mercati, dove tutti corrono e urlano, qui regna una lentezza e un fatalismo tipicamente orientali. Il carattere della gente è chiuso e poco propenso al sorriso. Qualche bimbo straccioso mendica a piedi nudi. Ogni tanto qualcuno s'inginocchia verso la Mecca. La valle dell'Indo ha visto la nascita di una delle più importanti e antiche civiltà del mondo, i primi insediamenti risalgono a ca. 10.000 anni or sono. Nel 7.000 a. C., ben mille anni prima del sorgere della civiltà mesopotanica, la città di Mehrgarh era un ricco e grande capoluogo. La civiltà Indo è nota anche come civiltà degli Harappa e ha prodotto la più antica testimonianza scritta che l'umanità conosca rappresentata, com'è noto, dai quattro libri Veda (il primo, Rig Veda , risale a ca. 1.500 anni prima di Cristo). Dopo la venuta degli Ari furono scritte anche le Upahishad, sintesi di religioni Indo-ariane (mentre il Bhaguad Gita , il libro sacro degli Indu, venne scritto più tardi).

Nel periodo della civiltà Harappa le grandi piogge monsoniche devono aver ingrossato enormemente l'Indo che inondava costantemente la pianura, in parte coperta di foreste e praterie, abitata da animali tropicali, come ricordano i sigilli raffiguranti elefanti e tigri, ritrovati a Mohenjo-daro. Ancora oggi il paesaggio delle regioni del Punjab e del Sind è fatto di paludi, dove si rifugiano le anitre selvatiche e i volatili d'acqua, non ci sono più elefanti e leoni (scomparsi quasi del tutto in Pakistan e in India), lungo le rive del fiume vivono gruppi di pescatori aborigeni, il cui stile di vita non dev'essere molto diverso da quello dei loro antenati di migliaia di anni fa. Nei villaggi le abitazioni sono costituite da capanne di mattoni cotti al sole, oppure la casa è una tenda di forma conica di lana di capra o di foglie essiccate, all'interno solo le brande per dormire. Oltre ai pescatori si vedono i pastori, con greggi di ovini e caprini, sono uomini o ragazzi, mentre le donne raccolgono erbe, radici e bacche lungo il fiume e con le foglie di palma costruiscono sandali, stuoie e cesti. I muli vengono usati come animali da soma e i cammelli come animali da tiro. Pochi i contadini, perché le coltivazioni dipendono esclusivamente dalle piogge. Le relazioni economiche sono di tipo feudale: i mezzadri lavorano le terre che appartengono ai latifondisti delle caste Baluchi, Jat e Rapjput.

Ogni villaggio ha i suoi cantori e suonatori di flauto, di archi e percussioni, si esibiscono soprattutto in occasioni di feste civili e religiose. Sono antichi ritornelli che esprimono un senso di fatalismo e che sembrano descrivere paesaggi quieti, ma desolati. Al di là della pianura alluvionale si estendono colline di sabbia, dove crescono selvaggi cespugli spinosi ed erbacce che coprono il terreno sconnesso. Sono distese di sabbia leggera e grigia che, quando si alza il vento, ti arriva in faccia e quasi ti scortica il viso.

Nei poveri villaggi, dove non ci sono che strade fangose, né acqua, né fognature, né corrente elettrica, spesso le persone dormono a cielo aperto, sul ciglio della strada, fra polvere e sterco. Il mangiare è scarso e lo si vende in baracche. Nelle povere stanze in cui la gente dorme non ci sono cucine, per cui tutti mangiano fuori, acquistando, per poche rupie e non guardando all'igene, patate, cipolle, lenticchie, banane, mango, samosa e kebab (involtini di pastella fritta ripieni di carne i primi, spiedini di carne tritata i secondi). In ogni dove domina una scritta blu e rossa, Pepsi-Cola! E' chiaro come l'occidente veda in queste pur poverissime popolazioni un mercato da sfruttare. Mi è stato detto dal Direttore del British Council di Peshawar che le donne non allattano i bambini perché convinte da una campagna, orchestrata da industrie europee, a utilizzare il latte in polvere e alimenti confezionati. Nel Pakistan molte zone, come per esempio l'area delle tribù al confine con l'Afganistan, sono ancora lontane dall'occidentalizzazione, ma in India il peggio dell'Europa, del Giappone e degli USA è già arrivato e non si tratta solo di mercificazione sfrenata, ma anche di droga e prostituzione, anche infantile (il problema dell'AIDS è molto forte ed esteso).

Come la maggior parte delle lingue europee, anche quelle della valle dell'Indo appartengono al grande ceppo indoeuropeo, la cui matrice è costituita dal sanscrito, l'idioma importato ca. 3000 anni fa dagli invasori Ari. Alla famiglia indo-ariana appartiene la lingua Urdu, l'attuale lingua della zona. Per i mussulmani l'alfabeto arabo, pur nelle diverse sfumature, costituisce l'elemento di coesione e di identità, come il Corano. La comunicazione è indubbiamente un problema fra i diversi gruppi etnici e, proprio per le molteplici incomprensioni linguistico-culturali, scoppiano spesso conflitti (come quelli fra le 7 tribù che vivono al confine con l'Afganistan).

Nella valle dell'Indo oltre a incontrare una popolazione molto varia etnicamente s'incontrano anche pratiche religiose assai differenti. Qui sono presenti tutte le più importanti religioni del mondo, come l'Induismo, il Giainismo, lo Zaroastrismo, il Buddhismo, il credo Sikh, l'Islamismo e il Cristianesimo, ma le influenze che la religione islamica, fondamento dell'attuale stato pakistano, esercita sono evidenti in tutto il paese, l'Islamismo viene infatti praticato dal 97% della popolazione, mentre in India la situazione è più equilibrata con l'Induismo che predomina nella zona centrale e del sud, con il Buddhismo che viene praticato al nord al confine col Nepal e con varie comunità cristiane. In India la morte di Madre Teresa di Calcutta ha creato commozione enorme, non solo fra i cristiani.

L'Islamismo è radicato soprattutto nella versione ortodossa sunnita, in particolare nella forma hanafita (Islam significa “la pace che viene dal totale sottomettersi a Dio”). Nelle moschee si pratica il rito ufficiale della preghiera, il venerdì è il giorno dedicato ai riti solenni, mentre al martedì si possono ascoltare le qavvalli , le canzoni religiose dal ritmo sciolto e lento e dal fraseggio microtonale. Il buon fedele prega 5 volte al giorno, in una moschea o inginocchiandosi sul tappeto da preghiera, rivolto verso la Mecca. Si vedono spesso, a ogni ora del giorno, uomini che pregano sui marciapiedi. E' presso la tomba, generalmente ricoperta di fiori stesi su fogli, che i fedeli si recano per chiedere una grazia e per mettersi in contatto con i defunti, tramite la silenziosa preghiera della Fatiha .

Non in tutte le moschee possono entrare le donne che sono segregate: da un'indagine recente emerge che l'82 % delle donne di città e il 47% di quelle di campagna segue la pratica della purdah (in campagna sono di meno perché le donne, dovendo seminare e raccogliere, lavorando non possono usare la burqua ). Solo il 14% delle donne frequentano la scuola e in molte zone solo l'1% sa leggere e scrivere. La nascita di una bambina è considerata una disgrazia, perché quando sarà nella fase della pubertà, a meno che non lavori i campi, verrà chiusa in casa e dovrà quindi essere mantenuta. Generalmente le donne si sposano a 14 anni e portano avanti 9 gravidanze, di cui almeno 6 vanno a buon fine, mentre le altre si traducono in aborti. Il British Council sta cercando di realizzare un progetto didattico, in collaborazione con il Consolato giapponese, per convincere le famiglie a mandare a scuola le bambine, un tentativo di scolarizzazione che, comunque, sta trovando non poche difficoltà.

La religione islamica è un miscuglio di elementi tratti dal Giudaismo, dal Cristianesimo e da altre religioni minori dell'epoca di Maometto. Diffusosi dall'VIII secolo in avanti, appoggiato dal nazionalismo arabo, ha spodestato progressivamente sia l'Induismo, sia il Buddhismo. Vicino alla valle dell'Indo ci sono i resti dell'antico monastero buddhista di Jaulian, uno dei pochi reperti storici rimasti: l'ingresso, che conduce direttamente alla corte del piccolo stupa, è commovente, salendo dei gradini si arriva alla stupa principale, attorno al quale sono distribuiti 21 stupa più piccoli, tutti collocati su basamenti quadrati, decorati con rilievi di stucco. E' un'arte meno raffinata della nostra, ma di pregnante intensità. La religione di Siddharta ha quasi cessato di esistere nella sua terra d'origine, i ca. 5 milioni di buddhisti vivono quasi tutti in India nella zona sotto l'altopiano del Tibet, da cui giunsero dopo che questa zona venne conquistata dalla Cina.

La parola “Induismo” fu coniata dai mercanti europei nel XVI secolo, non è una religione così codificata come l'Islamismo, crede in una realtà superiore, ma venera una moltitudine di divinità. Il silenzio della pietas è estraneo ai tempi induisti, caratterizzati da un mescolarsi di musiche e canti, di profumi di fiori e d'incenso. I canti tradizionali, i bhajan , sono eseguiti per celebrare le diverse divinità, due sono gli indirizzi musicali più importanti, quello della musica hindustani presente soprattutto nel nord dell'India e quello della musica karnatic , più popolare nelle regioni meridionali. Entrambe gli stili si fondano sulla possibilità di accordare i raga (scale melodiche che si riferiscono a particolari situazioni espressive) in base a diversi cicli temporali chiamati tala . Gli strumenti tradizionali sono il sitar (strumento a corde pizzicate con corde che suonano per simpatia), il flauto traverso di bambù, il violino e i tabla (coppia di tamburi). La musica, religiosa e non, si tramanda per via orale (il maestro, guru , insegna allo studente) ed è spesso accoppiata alla danza. Esistono centinaia di forme danzate, rituali e tribali, l'enfasi del movimento è posta sulle articolazioni minute, come le caviglie e i polsi, e non sulla muscolatura del corpo. Ogni storia è guidata da un rasa , che vuol dire “sapore” ed esprime uno stato d'animo. Nell' estetica tradizionale sono descritti 9 rasa (amore, valore, rabbia, paura, compassione, sorpresa, disgusto, divertimento, pace). Affascinante è assistere al teatro-danza del Kerela, il Kathakali, che trae origine dall'antico teatro sanscrito che mette in scena i poemi epici Ramayana e Mahabharata.

La prima testimonianza del Cristianesimo fu quella di san Tommaso che predicò il Vangelo in molte zone e, si dice, abbia subito il martirio a Madras, dove fu sepolto in quella ch'è ora la cattedrale di Myllapur. Ulteriori antiche testimonianze sono fornite da Cosma Indicopleuste, un monaco siriano del VI secolo. Il Cattolicesimo arrivò in India con i portoghesi nel XV secolo (san Francesco Saverio predicò il Vangelo a Goa dal 1521 al 1547). Agli inizi del XVII secolo arrivarono gli olandesi che introdussero la Riforma e, poco più tardi, arrivarono le altre Chiese protestanti: la Chiesa d'Inghilterra, i presbiteriani, battisti, metodisti, pentecostali, avventisti del settimo giorno, testimoni di Geova. Ho avuto la fortuna di incontrare un prete e una donna cattolica cattolica che mi hanno fatto render conto della difficoltà di praticare la fede cristiana, soprattutto in un paese integralista islamico come il Pakistan. La donna, pur cristiana, nn può fare diversamente che seguire i modi e i tempi della cultura dominante.

La sfida al futuro di questi paesi è quella di riuscire a recuperare il senso della grande civiltà nata e cresciuta nella valle dell'Indo, integrandola con l'attuale civiltà europea, nel tentativo di evitare la mercificazione e le nostre brutture, nella speranza di essere aiutati a superare le situazioni di miseria, ma l'Occidente vorrà veramente aiutare questi popoli? Il messaggio di Maria Teresa di Calcutta rimane un esempio sublime, ma purtroppo isolato.

Il problema delle attuali classi politiche ed economiche è quello della corruzione, il dio denaro sta creando una fascia sociale molto attratta dalle industrie multinazionali, aprendo una forbice terribile fra i ricchi e i poveri. Da un punto di vista sociale manca una classe borghese di mezzo, come in Europa. Da un punto di vista culturale le classi alte si stanno occidentalizzando, mentre quelle basse sono in gran parte analfabete. In questo stato di cose è difficile mantenere desta la tradizione antica. La pluralità delle etnie, dei linguaggi e delle religioni invece di essere una ricchezza è stata, ed è, motivo di divisione. Il messaggio di unione di Gandhi resta inascoltato. 50 anni d'indipendenza sono però davvero pochi e le incognite potrebbero risolversi in senso positivo soprattutto se la classe dirigente saprà resistere alle lusinghe del dio denaro e restare vicino alle grandi religioni storiche, le uniche, allo stato attuale che possano creare una cultura di base, a patto che vogliano superare le diversità, nella speranza di una convivenza di rispetto reciproco, di pace e prosperità, allora la pluralità delle culture potrà diventare una forza spirituale trascinante, in grado di riportare la valle dell'Indo a essere, ancora una volta, un faro per l'umanità.



Dalla Rivista "Il Grandevetro", Santa Croce sull'Arno (Pi) 1997
 
 
 




Renzo Cresti - sito ufficiale