Musica degenerata
MUSICA DEGENERATALa musica nei campi di concentramento nazisti
Terezin, Krasa e “Brundibàr”
E’ piccolo il giardino
profumato di rose
è stretto il sentiero
deve corre il bambino:
un bambino grazioso
come un bocciolo che si apre
quando il bocciolo si aprirà
il bambino non ci sarà
(poesia di Fanta Bass, bimba uccisa a 14 anni)
profumato di rose
è stretto il sentiero
deve corre il bambino:
un bambino grazioso
come un bocciolo che si apre
quando il bocciolo si aprirà
il bambino non ci sarà
(poesia di Fanta Bass, bimba uccisa a 14 anni)
Arte e musica degenerata
Fin dall’inizio della seconda guerra mondiale, gli zingari, gli omosessuali e soprattutto gli ebrei vengono reclusi in ghetti e in campi di concentramento, nei quali vengono sterminati 6 milioni di uomini. Questa tragedia, conosciuta come Olocausto (sacrificio) e ricordata dalla comunità ebraica come Shoah, riguarda anche gli artisti, i drammi della società trapassano in musica: nell’ascolto della musica del periodo delle feroci dittature e delle due guerre mondiali non vanno dimenticati gli orrori che i musicisti sono stati costretti a subire, è quindi naturale che la musica di questi periodi sia spesso dura e drammaticamente problematica, com’è dura e tragica la situazione dell’uomo in una dittatura o durante una guerra
La musica nei campi di concentramento viene fatta spesso per coprire, col volume del suono, le fucilazioni e le urla dei prigionieri torturati. Nei Lager vi sono dei cori e delle orchestre, con diverse funzioni, come quella di intonare delle marce, festeggiare i comandanti tedeschi e rallegrare i soldati nei momenti liberi della domenica. Le canzoni tedesche costituiscono il repertorio, ma si suonano anche passi d’Opera e qualche composizione nuova, scritta da compositori internati. Fra cui spicca Victor Ullmann (1898-1944), per il quale il ricorso alla musica è motivo di sopravvivenza, egli scrive diversi Lieder e Corali, oltre a delle Sonate per pianoforte. Un musicista sopravvissuto allo sterminio, Simon Laks, così descrive, in un suo libro di memorie intitolato Melodie di Auschwitz, un concerto nel Lager: “per i musicisti hanno sistemato delle panche nell’area dei crematori. Non ci sono leggii, dovremo suonare a memoria. Suoneremo per persone che ben presto saranno bruciate….”
Il grande compositore Webern viene ucciso in guerra, e bisogna ricordare come, durante la dittatura feroce del nazismo, molti compositori ebrei (come Schoenberg) e coloro che si opponevano al regime totalitario (Weill, Dessau, K?enek, Hindemith e altri) dovettero emigrare negli Stati Uniti. Nel maggio del 1938 viene allestita la mostra Entartete Kunst (Arte degenerata), poco dopo i responsabili del regime nazista inaugurano a Dusseldorf una mostra sulla musica, la quale, se non esprime la retorica del regime, viene chiamata "musica degenerata" (Entartete Musik): viene proibito il Jazz, la musica dei compositori ebrei e tutta quella non tonale. Il nazismo fa un uso aberrante anche della musica tradizionale: l'entrata in guerra viene annunciata da Hitler con il Preludio de I Maestri cantori di Norimberga di Wagner, e il mito della razza ariana venne sostenuto anche con la musica delle tre "B": Bach, Beethoven e Brahms.
Terezin
E’ un complesso a 60 chilometri a nord da Praga, fu costruito, fra il 1780 e il 1790, come fortificazione militare. Durante la seconda guerra mondiale fu scelto quale campo di transito per la deportazione degli ebrei verso Auschwitz (dei quasi 140.000 internati quasi nessuno sopravvisse). Nel novembre del 1944 le autorità tedesche progettarono di costruire dei forni crematori anche a Terezin, per fortuna non vennero mai ultimati, perché l’8 maggio del 1945 il campo fu liberato dalle truppe dell’Armata sovietica.
Il 23 giugno del 1944, gli ispettori della Croce rossa visitarono una parte di Terezin, quella che ovviamente i gerarchi concessero loro di vedere. I prigionieri e gli infermi furono nascosti e quelli che ebbero la possibilità di farsi vedere furono obbligati a tacere la realtà. In questa occasione venne rappresentata l’Opera di Hans Krasa Brundibàr, la quale era stata composta fra il 1938 e ’39, ma lo scoppio della guerra non permise la messa in scena. Krasa la riorchestrò nuovamente a Terezin, adattandola ai musicisti disponibili nel campo di concentramento (una ventina, con strumenti pervenuti in vario modo, compreso un pianoforte). Il lavoro è per solisti, coro e 18 strumenti e, dopo la prima rappresentazione in occasione della visita della Croce rossa, ebbe ben 55 repliche, che servirono a tener buoni i prigionieri, fino alla loro quasi totale deportazione, Krasa compreso, il quale morì ad Auschwitz poco prima della fine della guerra.
Il 13 settembre, il giovane direttore Karl An?erl (che sarebbe sopravvissuto all’Olocausto) propose l’ultimo concerto, alla guida di un’orchestra d’archi di 17 elementi, presentando, insieme a musiche di Suk e Dvo?ák, anche uno Studio per archi di Pavel Haas, che sarà ucciso il mese successivo a Birkenau.
In generale nei campi di concentramento non esistevano strumenti musicali o ne esistevano pochi, per cui la musica era prevalentemente vocale o vocale accompagnata, con l’unica eccezione proprio di Terezin, dove la musica doveva dare l’illusione della “vita normale”. Furono allestite anche Opere tradizionali, come Il matrimonio segreto di Cimarosa e La sposa venduta di Smetana, fu incoraggiato il Cabaret e perfino un’orchestrina jazz, momenti musicali che avevano il compito non solo di tranquillizzare gli internati ma anche quello di rallegrare gli aguzzini.
A Terezin furono prigionieri musicisti discreti come Gidon Klein, Siegmund Schul, Karel Barman e altri, su tutti spiccano le personalità di Viktor Ullmann e Hans Krasa.
Hans Krasa e la storia di Brundibàr
Era nato il 30 novembre 1899 a Praga e fu famoso fin dagli anni Venti per alcune importanti composizioni, quali la Sinfonia per piccola orchestra del 1926 e l’Opera teatrale Verlobung im Traum, premiata nel 1933. Fu attivo anche come compositore di musica da camera, purtroppo la sua musica e la sua vita vennero distrutte dal nazismo. Fu infatti arrestato nel 1941, deportato a Terezin e ucciso in una camera a gas nel terribile inferno di Auschwitz.
La storia di Brundibàr lancia un messaggio di pace, ma fra le pieghe molti sono i punti che ammiccano a una situazione d’inquietudine: va sottolineato il fatto che il racconto fu concepito per bambini e che venne scritto prima dello scoppio della guerra. In sintesi questo è ciò che avviene: Pepicek e Aninka sono due bimbi orfani di padre e questo è il primo elemento doloroso che compare nella storia, essi hanno bisogno di soldi per comprare il latte alla loro mamma ammalata (secondo elemento triste, ch’è quello che mette in moto la vicenda), pertanto i due orfanelli decidono di esibirsi in canti e danze in piazza, dove però già tiene il suo spettacolo un burbero strimpellatore di organetto, chiamato Brundibàr, il quale, irritato per l’intrusione dei due fratelli li scaccia. In loro aiuto giungono tre animali, un passerotto, un cane e un gatto che, insieme ai bambini, concepiscono un piano per sconfiggere Brundibàr. La mattina seguente gli animali vanno a svegliare i fratelli e a chiamare tutti gli scolari del paese perché li aiutino a mandar via Barndibàr che viene effettivamente scacciato; rimasti soli i bambini intonano una dolce canzone, in modo da convogliare nel cappello di Pepicek le offerte dei passanti. Brundibàr, per vendicarsi, strappa il denaro dalle mani dei bambini e si dà alla fuga, ma viene raggiunto e definitivamente allontanato.
Pur nella fine lieta e nella morale positiva (obbligatoria nel contesto), l’Opera nasconde molte ansie e affanni, a cominciare dalla mamma malata, per proseguire col potere negativo del denaro e con l’obbligo dell’ubbidienza: “tutti zitti, state buoni /…/ chi vuol disubbidire certamente è da punire” dice Brundibàr.
La musica di Brundibàr
E' relativamente semplice, fin dalla breve Introduzione strumentale si notano suoni ripetuti (ai fiati), che saranno uno stilema tipico, e bicordi (agli archi e al pianoforte). L’incedere è molto ritmico, accentuato dall’utilizzazione di piccoli ostinati e dalla tecnica dell’hoquetus (spesso usata, che consiste nell’alternare i suoni di una voce a pause di un’altra voce e viceversa; il pianoforte la usa alternando la mano sinistra alla destra). Quando appare Brundibàr suona un valzer sull’organetto. L’animazione della piazza è ben descritta e sfocia nella prima canzone di Aninka e Pepicek. Un “Allegro vivace” accompagna l’uscita di Brundibàr e il disperdersi della gente. Aninka e Pepicek intonano una dolce nenia “Brundibàr mi fa paura…”, ma l’arrivo del passero, del gatto e del cane parlanti rianima la musica con propositi di lotta “tutti d’accordo dobbiamo stare, per combattere questo terribile Brundibàr” (impossibile non pensare a un messaggio cifrato, rivolto a chi cerca di resistere contro le sevizie del campo di concentramento). Infine cala la notte e i due fratelli si addormentano. Una serenata strumentale chiude, in pianissimo, il primo atto.
Il secondo atto inizia con note tenute ai violini, sulle quali il flauto propone piccoli suoni acuti e terzine e sestine veloci. Gli animali parlanti svegliano i bimbi e tutti insieme, in maniera omoritmia e omofonica, intonano un canto per darsi la carica. Una musica vivace vuole descrivere la strada che prende vita. Gli animali si separano e ognuno parla a un gruppo di scolari, per convincerli ad aiutare i due fratellini. Sulla successiva entrata di Brundibàr, il cane canta “giunto il tempo di lottar” (un evidente incitamento simbolico) a cui il gatto risponde “tutti si insorga”. Brundibàr continua a cantare e suonare, ma gli animali lo disturbano, allora tenta di scacciarli. La musica si mantiene semplice ma molto diretta e comunicativa. Intanto gli scolari si radunano e cercano di convincere i passanti a donare qualche soldo per la mamma malata dei fratellini, quindi Pepicek mostra soddisfatto e commosso il cappello con i soldi, ma Brundibàr glielo ruba. Inizia l’inseguimento, con urla, fino a quando Brundibàr non è preso e costretto a restituire i soldi. Comincia una marcia di tutti i bambini che cantano in coro. La musica, che riprende anche elementi precedenti, si fa giocosa. Il gelataio propone le sue delizie “ho gelati di ogni gusto”, mentre il fornaio offre “cornetti a mezzaluna…” e il lattaio “buon latte fresco…” (tutte bontà che devono aver fatto sognare i poveri affamati di Terezin). L’Opera si conclude con il coro, Aninka e Pepicek che cantano “la guerra è vinta /…/ audaci e fieri siamo” (i nazisti avranno inteso la loro guerra sciagurata e i disperati degli internati avranno pensato a un messaggio di speranza).
E’ per un messaggio di speranza che si continua ad allestire questa Opera e si continua a parlare della triste musica nei campi di sterminio. Una fiducia nella bontà che non sia illusione, un desiderio di pace che non sia solo un miraggio, come espresso dalla piccola Eva Pickovà, morta il 18 dicembre del 1943, a 12 anni, la quale scrisse i versi qui sotto.
Ma no, mio Dio, noi vogliamo vivere!
Non vogliamo vuoti nelle nostre file.
Il mondo è nostro e noi lo vogliamo
migliore.
Vogliamo fare qualcosa. E’ vietato
morire.