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Wagner e la musica contemporanea
Wagner e la musica contemporanea
 
Intervento di Renzo Cresti all’Istituto Italiano di Cultura a Soccarda  
 
Venerdì 13 maggio
 
La musica scrive il tempo, fin dall’antica Grecia fu considerata l’arte del tempo e la problematica dello svolgersi dei suoni rimane fondamentale fino a oggi.

L’ultimo colossale narratore di quel periodo straordinario che è stato il Moderno fu Wagner, la sua Tetralogia fu davvero il conclusivo e immenso monumento basato sulla grande narrazione, onnicomprensiva, dopo di lui il tempo della narrazione si sminuzzò in schegge sospese e indipendenti, nell’impossibilità di contenere il tutto, la totalità, l’universale, la completezza dei fatti e delle cose (come in Mahler). La gigantesca esposizione delle storie trattate da Wagner è anche una narrazione che, nel momento stesso in cui realizza il racconto universale, lo frantuma. L’arte della modulazione continua del Tristan è arte del passaggio, della transizione senza meta, è un procedimento che contraddice le funzioni tonali, sostituendovi l’instabilità che fa vacillare la sintassi e il tempo classico, creandone uno virtuale realizzato attraverso la circolarità dei cromatismi e la mobilissima rete degli Ur-motive che si insinuano nell’inconscio, in un tempo non realizzato, onirico e fantastico, tempo del mito dove la temporalità effettiva si annulla nell’Ur-zeit. Wagner non fu solo lo straordinario punto terminale di una visione del mondo totalizzante, nel Parsifal iniziò a presentarsi quel tempo sospeso e bloccato, non lineare e verticale, mistico e misterioso, che diverrà il tempo amorfo di Debussy.

Il cromatismo wagneriano, soprattutto quello del Tristan, crea zone di inquietudine tonale, dove la tonalità è sospesa, un’inquietudine che corrisponde a quella dei protagonisti, sospesi anch’essi in mezzo al mare (mare riconosciuto da Freud quale simbolo dell’inconscio), in una rapporto stretto fra drammaturgia e musica.

La costruzione del tessuto compositivo attraverso gli Ur-motive è qualcosa che per primo Wagner ha realizzato, vi erano i cosiddetti ‘motivi della rimembranza’ che servivano per ricordare momenti del passato ma nessuno, prima di Wagner, aveva costruito l’intera opera basandosi sul trasfigurare di alcuni motivi di base, i quali mutando, insieme all’armonia e all’orchestrazione, seguivano passo passo gli avvenimenti scenici. La relazione fra i micro-elementi di partenza e la grande forma diventa omogenea.
L’orchestra wagneriana muta continuamente come mutano gli stati d’animo dei personaggi ma muta anche nella massa di suono ora monumentale ora cameristica, in una visione prospettica nuova e dinamica.

Quanto il Novecento sia debitore a Wagner di queste problematiche è evidente: la concezione del tempo musicale, l’avanzamento dell’armonia (dal cromatismo si passerà alla dodecafonia), il far derivare la forma dall’articolazione degli elementi di partenza (come se fossero una sorta di DNA), la ricchezza dell’orchestrazione e una concezione drammaturgica che fa tutt’uno con quella musicale sono aspetti che il Novecento deve a Wagner.
 





Renzo Cresti - sito ufficiale