home
Le strutture musicale del jazz
Le strutture musicali del jazz

Approfondimento di Daniele Fusi dei moduli 18 e 20 dell'ipertesto di Storia della Musica, Vita della Musica


Inquadra la nascita del jazz nell'ambito della musica dei nuovi stati nazionali - La situazione sociale e musicale degli Stati Uniti - Il musical - L'evoluzione dello stile del jazz durante il Novecento, con riferimento al jazz italiano (finestra modulo 20)

Per l'ascolto vai su You tube
http://retis.sssup.it/~giorgio/jazz/musica-jazz.html



Escludendo le parti ‘obbligate’ delle composizioni e degli arrangiamenti per organici più o meno estesi (dal piccolo gruppo alla Big band), la scrittura musicale del Jazz  è improntata alla più estrema sintesi. Innanzitutto, salvo i rari casi nei quali è espressamente indicato (straight eigths o even eigths, cioè: “suona gli ottavi esattamente come scritti”) le note non si eseguono mai precisamente, ma vengono sempre interpretate attraverso la “pronuncia” e la distribuzione degli accenti tipica dello stile jazzistico (l’indefinibile swing) del brano (tradizionale, Dixieland, Bop, Hard bop, Free, Jazz-Rock, Etnico...). Nella tradizione classica e moderna del Jazz, di solito lo spartito (sheet music, lead sheet) presenta un tema scritto in notazione convenzionale sopra il quale sono indicati gli accordi che formano il giro armonico del brano. Questi sono scritti secondo un sistema di sigle rappresentate con le lettere della notazione alfabetica anglosassone (C=DO, D=RE ecc) affiancate da numeri o lettere che specificano la specie di accordo, la sua funzione armonica (Tonica, Dominante, Sottodominante...), e anche, se l’autore o la tradizione lo richiedono, dalle note aggiuntive e/o alterate dell’accordo stesso. Data l’estrema sintesi delle indicazioni musicali,  fare Jazz, comporta un bagaglio di conoscenze - rapporto armonia-melodia, cioè accordi-scale, capacità di interpretare con swing melodie scritte in notazione convenzionale, abilità nel creare estemporaneamente melodie coerenti con la struttura armonica, capacità di sostituire le armonie siglate con armonie diverse...- che dà credito all’aforisma apparentemente paradossale di Giancarlo Schiaffini secondo il quale “l’improvvisazione non si improvvisa”. Fino all’avvento del Free jazz della metà degli anni ’60 del Novecento questi erano (e ancora sono) i materiali di base, insieme al suonare a memoria su strutture armoniche standard (Blues, Rhythm changes...). Il sistema delle sigle, con l’avvertenza che possono trovarsi molte varianti, può essere così riassunto:

- Accordi maggiori (I e IV grado della tonalità del brano): C, C6, C6/9, Cmaj, Cmaj7, Cmaj7#11..
-     “        minori     (I grado in tonalità minore): C-, Cmin., C-6, Cmin.6, Cmin.(maj7)...
-   “        di settima di dominante (V grado): C7, C9, C7b5, C7alt. (con la quinta alterata), C7#5 (uguale al precedente), C7b9, C7#9, C7sus. ( suspended fourth, cioè con la quarta al posto della terza), C13, C7#11...
- Accordi minori di settima (II grado in tonalità maggiore, Sottodominante parallela, ma anche I grado nel Blues in minore): Cmin.7, C-7, Cm.7, Cmin.9, Cmin.11...
- Accordi semidiminuiti (II grado, in tonalità minore; VII grado in maggiore, Dominante parallela): Cmin.7b5, Cm.7b5, C-7b5, Cø.
- Accordi diminuiti (altro II grado in minore, VII grado in minore, Dominante parallela), ma soprattutto, funzionalmente, V grado alterato con Tonica (una terza maggiore sotto) omessa, es. in note italiane: RE-FA-LAb-SI(dob) = SIb(omesso)-RE-FA-LAb-SI, cioè, in sigle: D° (RE diminuito) = Bb7b9, settima di Dominante di Mib (magg. o min.) con fondamentale omessa.

 
 



Renzo Cresti - sito ufficiale