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Vincenzo Galilei
Vincenzo Galilei, l'estetica dal Quattrocento alla Camerata fiorentina

Approfondimento relativo all'ipertesto La Vita della Musica

Confronta Modulo 7: l'Umanesimo e la musica italiana del Quattrocento - Il risorgere del mondo antico - Modulo 9: La Camerata de' Bardi e gli inizi dell'Opera teatrale in musica - Il dialogo della musica antica e della moderna

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L'aspetto sostanziale dell'estetica di Vincenzo Galilei è costituito dal suo porsi in opposizione all'arte classicista. La questione della ratio oggettiva si tramuta in una ratio messa in questione, viene infatti contestata quella concezione razionale che, basata su calcoli aritmetici, operava con proporzioni geometriche mettendo in risalto la forma oggettiva, il carattere di necessità (come scrisse l'Alberti), relegando in secondo piano l'espressione soggettiva.

Il formalismo schematico e regolare, la magnificenza monumentale non risultano più adeguati alla nuova libertà espressiva che l'individuo reclama. Si pensi, nelle arti figurative, alle accelerazioni dinamiche di Tintoretto, alle varianti decorative di Veronese e soprattutto alle nevrosi manieristiche di Rosso Fiorentino e di Pontormo, "homo fantastico e solitario", secondo la definizione di Vasari. In campo musicale il rinnovamento espressivo si esplica nella causa della seconda pratica che vede le regole del contrappunto non più come verità a-priori ma le relativizza secondo le esigenze dell'affetione ossia mentre la prima pratica costringe la parola a una subordinazione alle necessità dell'auto-costituirsi della polifonia, la seconda pratica vuole realizzare la musicalità del linguaggio verbale. Un'esemplificazione della priorità dell'affetione nei confronti della regola tecnica si ha nel Discorso intorno all'uso delle dissonanze, trattato di Vincenzo Galilei del 1588: tutta la trattazione non parte da legge prefissate ma inizia e si svolge secondo il concetto che i suoni possono acquisire un moto particolare seguendo gli esiti emozionali degli accenti verbali. Il valore fonetico della parola era stato ribadito già nel 1881 nel Diaologo della musica antica e della moderna, dove Galilei così si esprime: "la parte più nobile, importante e principale della musica sono i concetti dell'anima espressi tramite le parole".

L'intendere il suono come un fatto emotivo attira su Galilei le critiche di Zaccaria Tevo che si rifà ad altri trattatisti cinquecenteschi quali Glareanus, Zarlino e perfino a Tinctoris il quale aveva sostenuto che la musica è subalternatur mathematicae.

Nel Dialogo del 1581, Galilei si oppone a Zarlino, i poli negativi sono: la musica contrappuntistica, l'intellettualismo e lo scienticismo, la mancanza di espressività della polifonia che, secondo Galilei, è incapace di comunicare idee ed emozioni. La contrapposizione alla complessa e astratta polifonia non può che essere la monodia, mentre la volontà comunicativa dell'affetione non può che non coinvolgere la parola che possiede un alto valore semantico. Conseguenza di questa impostazione è che la musica strumentale viene tacciata di artificiosità (non a caso la prima pratica proseguirà proprio nelle composizioni strumentali).

Il tema dell'affetione non è nuovo, come del resto quello del recupero della monodia attraverso il risorgere del mondo antico, si riscontrano già nel regnum hominis del Quattrocento. Se alcune tematiche tipiche dell'estetica di Galilei sono state di gran lunga precedute dalla consapevolezza letteraria e filosofica, occorre precisare che a livello estetico la riflessione subisce alcuni decenni di ritardo, infatti i primi testi squisitamente estetici risalgono all'inizio del Cinqucento, come quelli di Pomponio Gaurico e poi di Vincenzo Maggi e Bartolomei Lombardi. Si ricordi che la Poetica di Aristotele viene tradotta in italiano nel 1549 ed è significativo che l'influenza del grande filosofo si faccia molto forte, tanto che Lodovico Castlvetro scriverà La poetica di Aristotele vulgarizzata.

In questo contesto i temi dell'estetica di Galilei assumono, filtrano e ripropongono i motivi propri della cultura quattrocentesca, tematiche che, trasportate in ambito musicale, acquistano un valore in negativo (critica all'impostazione contrappuntistica tardo-gotica) dal quale scaturisce il positivo (ritorno ai classici, esaltazione degli affetti e, quindi, della voce e della monodia). Grazie a Galilei queste tematiche si pongono con forza fra i musicisti della seconda metà del XVI secolo, in particolare fra coloro che appartengono alla Camerata fiorentina che, proprio rimeditando l'estetica galeliniana, giungeranno a mettere a punto il proto-melodramma. La riflessione galeliana sarà anche importante per la messa a punto della seconda pratica di Claudio Monteverdi.




Da Renzo Cresti, L'estetica del Galilei come autostoricizzaziuone degli studia humanitatis, in Vincenzo Galilei, Atti del Convegno, svoltosi presso la Biblioteca Comunale di Santa Maria a Monte nell'aprile del 1987, a cura di Donata Bertoldi e Renzo Cresti, Bandecchi e Vivaldi, Pontedera 1988.



http://musicaclassica-amalia.blogspot.it/2011/04/vincenzo-galilei-dialogo-della-musica.html







Renzo Cresti - sito ufficiale