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Resoconto dell'anno wagneriano e verdiano
 Resoconto dell’anno wagneriano e verdiano
 


Qualche anno fa fu calcolato che la bibliografia wagneriana era superiore ai 50.000 volumi, intendendo libri monografici quindi escludendo le miscellanee, i saggi, gli articoli giornalistici etc., è un calcolo per difetto e oggi, dopo il bicentenario, credo che si possa ipotizzare l’enorme cifra di 60.000 volumi (un calcolo esatto è ovviamente impossibile perché di libri su Wagner ne escono in continuazione in tutto il mondo), i siti internet  sono oltre 21 milioni! E, tanto per fare un paragone, quelli su Verdi sono circa la metà. Anni fa la bibliografia su Wagner era la terza al mondo, dopo quella su Cristo (in perenne ascesa) e su Napoleone (che però è in discesa e forse è stata superata da quella wagneriana), quindi Wagner è l’artista più studiato al mondo e questo perché gli studi non riguardano solo la drammaturgia e la musica ma anche i suoi scritti teorici, di poetica, di estetica, di politica, infatti, il personaggio Wagner fu decisivo per la cultura e la storia, non solo tedesca, dell’Ottocento e pure del Novecento, e qui veniamo a un primo punto che riguarda il bicentenario: Gottfried Wagner ha toccato un aspetto cruciale dicendo che il fatto più importante del bicentenario sarebbe stato quello di pubblicare il carteggio fra Winifred Wagner e Adolf Hitler, custodito a Monaco da una nuora di Winifred, Amélie Lafferentz, un materiale di rilevanza storica che va ben oltre la famiglia Wagner e il fatto che sia ancora, dopo decenni, tenuto segreto dà ragione a Gottfried che sostiene che quel carteggio sia esplosivo (anni fa invitai Gottfried a tenere una conferenza all’Università di Pisa e poi ebbi più volte modo di parlare con lui, ricevendone testimonianze sconcertanti, come quella della scoperta di 27 film amatoriali che suo padre Wolgang aveva girato sulla Bayreuth nazista, su Hitler, sulle svastiche).

Quest’anno in Germania sono usciti molti libri, fra cui quello di Gottfried Wagner, Du sollst keine anderen Götter haben neben mir. Richard Wagner - Ein Minenfeld (Ullstein Buchverlage, Berlino), inoltre vanno almeno citati i volumi di Udo Bermbach, Mythos Wagner, Rowohlt, Berlino, e di Eberhard Straum, Wagner und Verdi: Zwei Europäer um 19. Jahrhundert, Klett-Cotta, Stoccarda. A Vienna è uscito il bel volume Jens Malte Fischer, Richard Wagner und seine Wirkung, Paul Zsolnay Verlag. In Italia, a parte la mia monografia, Richard Wagner, la poetica del puro umano, è uscito poco o nulla, qualche saggio sul Ring di Fournier-Facio, Gamba, Chop, Principe, o sull’antisemitismo di Delfanti e ancora qualche altro scritto di Bolpagni, Badiou, Francescato e poco altro.

I contributi maggiori vengono dalle tante rappresentazioni dei drammi nelle quali si afferma la tendenza, oramai già forte da qualche anno, di cantare più che declamare e di prestare molta attenzione alle sfumature orchestrali, in una concezione non stentoria ed eroica ma cameristica. Nell’impossibilità di citare le tante messe in scena (ogni teatro tedesco ha programmato almeno un dramma wagneriano), mi soffermerei ovviamente sulle rappresentazioni di Bayreuth e non perché siano, in assoluto, le migliori, ma per il forte significato simbolico che hanno (ho assistito a Lucerna a una bella esecuzione in forma di concerto del Ring diretta da Johnathan Nott con l’Orchestra Sinfonica di Bamberga). La messa in scena del Ring a Bayreuth ha suscitato molto clamore, in quanto il regista Frank Castorf lo ha ambientato nel Mount Rushmore sostituendo alle teste dei presidenti americani quelle di Marx, Lenin, Stalin e Mao, in una fin troppo esplicita critica al capitalismo, ora, la lettura anti-capitalistica del Ring è di vecchia data e risale al famigerato libro di George Bernard Shaw, Il wagneriano perfetto, quindi nulla di nuovo ed era prevedibile che riferimenti così diretti ai padri del comunismo avrebbero irritato il pubblico di Bayreuth assai conservatore, anche con cadute di gusto pesanti come l’accoppiamento sessuale esplicito fra due coccodrilli nel Sigfrido (a significare il contraltare bestiale del duetto d’amore fra Sigfrido e Brunilde), c’è però da dire che è proprio il pubblico tedesco a richiedere sempre regie sopra le righe, come se una messa in scena rispettosa delle indicazioni del libretto fosse démodé (ogni volta che mi è capitato di assistere a rappresentazioni di opere in Germania ho sempre notato il voler attualizzare la storia). Da segnalare che il 14 gennaio, il teatro Comunale di Bologna aprirà con Parsifal, proprio su questo palco, esattamente 100 anni prima (il 1 gennaio 1914) venne realizzata la prima rappresentazione dell’ultimo lavoro del grande compositore tedesco.

Su Verdi è stato pubblicato poco, non c’è stata la fioritura di libri che abbiamo avuto in Germania su Wagner; Rescino e Della Casa hanno ripubblicato le lettere, Mellace, Setti e Goglio hanno scritto una biografia, poi qualche saggio di Scaramuzza e soprattutto il libro di Muti, Verdi l’italiano, dal titolo esplicito sul contenuto, ci soffermiamo su questo libro non perché sia importante, è leggibile in poche ore, ma perché importante è il suo autore, per tutto quello che ha fatto su Verdi, anche nel bicentenario, facendo un’opera di scavo sull’intera produzione verdiana e mettendone in evidenza, forse per la prima volta, le raffinatezze, come è avvenuto con il Nabucco realizzato a Salisburgo, dove la flessibilità del fraseggio e la chiarezza degli intrecci orchestrali ci hanno fatto scoprire un nuovo Verdi.

E' interessante riportare una dichiarazione di Muti, pienamente condivisa: "Trovo che nel nostro paese, invece di approfondire la sublime qualità di due geni come Verdi e Wagner, si è perso tempo ed energia attardandosi, con atteggiamento provinciale, nella discussione vacua e sterile di Verdi versus Wagner e viceversa. /.../ In questo modo il bicentenario si è esaurito in un maggior numero di rappresentazioni" (1), è vero, ci sono state più esecuzioni ma poco approfondimento.

La Scala apre con La Traviata, ma a Milano molte sono le iniziative come le Mostre Veni vidi Verdi e Giuseppe Verdi e i pittori della musica. Cento anni di editoria musicale negli spartiti illustrati (1840-1940),  i concerti e gli incontri organizzati dall’Orchestra Sinfonica di Milano, il restauro conservativo della Sala Toscanini della Casa Verdi e quello dei cimeli verdiani al Conservatorio, con digitalizzazione dei documenti. A proposito de La Traviata, un recente sondaggio (condotto dalla rivista Classic Voice) ha visto la Callas primeggiare fra gli interpreti verdiani, in effetti, La Traviata fu un cavallo di battaglia della grande soprano che però eseguì con continuità pochi altri titoli (Trovatore, Aida e Un ballo in maschera), in quel sondaggio troviamo tutti cantanti del passato, Cappuccilli, Tebaldi, Prince, Bastianini, Bruson, Del Monaco, Simionato, tutti morti a parte Bergonzi e Cossotto, possibile che non ci siano belle e convincenti voci oggi? Non si sta idealizzando un momento storico straordinario ma che non può essere visto come sacro e immutabile? Fra i grandi interpreti allora mettiamoci pure Franco Calabrese.

L’altra città verdiana è Parma il cui teatro Regio ha aperto con Simon Boccanegra e poi proseguirà con I Masnadieri, dedicando, inoltre, a Verdi ma anche a Wagner concerti sinfonici. Nel teatro di Bussetto è stato invece programmato Falstaff. L’Opera di Roma presenta Ernani e il Carlo Felice di Genova apre il sipario con Rigoletto, il Maggio Musicale Fiorentino aveva presentato Macbeth e per il giorno della nascita di Verdi, 10 ottobre, ha realizzato, insieme al Conservatorio Cherubini un’intera giornata verdiana basata sul ripresentare le trascrizioni e le parafrasi ottocentesche, molte della quali presenti nella Biblioteca dello stesso Conservatorio. Il teatro di Pisa porta il nome del grande maestro di Busseto, non poteva non aprire la stagione con un titolo verdiano che è La forza del destino. Molte altre sarebbero le iniziative da citare, ci limitiamo a dire che il 10 ottobre tantissime istituzioni hanno voluto omaggiare Verdi, Lucca purtroppo ha fatto davvero poco, va citato però almeno il concerto organizzato dall'Associazione "Cluster" con tutte musiche originali dedicate a Wagner e a Verdi, di compositori quali Cirpriano, Deraco, Fabbri, Favali e Lazzarini.

Fra le celebrazioni si insinuano lati oscuri: Villa Sant’Agata è contesa fra 4 eredi, la Villa è però vincolata dalla Soprintendenza e se non si trova un accordo c’è il rischio di mettere all’asta tutta la proprietà. Triste è il destino di Palazzo Orlandi a Busseto, dove Verdi trascorse due anni insieme alla Strepponi prima di sposarla in seconde nozze, un tempo era possibile visitarne alcune stanze con cimeli del compositore, ma ora l’abitazione è in stato di abbandono, siamo alle solite, questo benedetto paese potrebbe vivere dei suoi tesori culturali ma la cialtroneria intellettuale è tale da far vergogna (e infatti io, nei miei giri in Europa, più volta mi sono vergognato).



NOTE
1) Enrico Gatta, intervista a Riccardo Muti, Verdi, che occasione sprecata, in "La Nazione", 25 ottobre 2013.



L'articolo comparirà, in parte e modificato, sulla rivista "Lucca Musica" n. 131, Lucca dicembre 2013.







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