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Stefano Scodanibbio l'esploratore
Stefano Scodanibbio l’esploratore
 
«Mi sento più un esploratore che un musicista», dichiara Stefano Scodanibbio a pagina 259 del libro appena uscito Non abbastanza per me, curato da Giorgio Agamben e Maresa Scodanibbio, per la Quodlibet di Macerata (Casa editrice di cui Scodanibbio suggerì il nome). La frase citata vuol sottolineare quanta importanza abbia avuto il vissuto, il vivere, l’esistenza, dalla quale la musica prende l’humus che fertilizza un pensiero compositivo sempre legato alla vita in ogni suo aspetto. Abitare il mondo è prima di tutto esplorarlo, radicalmente: «Per anni sono stato pervaso dall’idea che più la vita era estrema e più lo sarebbe stata di conseguenza anche la musica. Da qui lo sperimentalismo sfrenato congiunto al vitalismo, e l’uso smodato dell’io biografico congiunto a quello stilistico» (pag.192).

All’inizio fu il contrabbasso, seguendo le orme di un altro sperimentatore del secondo Novecento, Fernando Grillo, la cui vicinanza, assieme a quella di Fernando Mencherini, già sollecitavano l’istinto compositivo, non potendo staccare il suonare lo strumento dal concepire suoni nuovi, prima, com’è naturale, sul proprio strumento, poi su quelli a corda e, infine, su tutti.

Scodanibbio era affascinato da ogni strumento, ci voleva mettere le mani, per vedere dove il suono conduceva. Per questo l’improvvisazione era il punto di partenza per ogni ulteriore sviluppo musicale.

Tutti gli strumenti hanno una loro gestualità, che Scodanibbio tendeva a esaltare, fino all’esibizione plateale dello strumento stesso, ‘oggetto amato’, per rubare una frase a Sylvano Bussotti.

La sua straordinaria tecnica esecutiva era condizione necessaria all’interpretazione, visto che i brani sono di una notevole difficoltà, ma non sufficiente, perché il primato spettava sempre all’invenzione. Una creatività estrosa che partiva improvvisando, liberamente e lentamente, senza forzature temporali legate a commissioni. La composizione non come un atto quotidiano, ma intrapresa quando si sentiva vibrare l’inventiva che porta alla scoperta di qualcosa.

La fertilissima immaginazione sonora veniva sollecitata dalle molteplici letture, ma soprattutto dai viaggi; nella sezione del libro, intitolata Taccuini, vi è un lungo elenco di città dove Scodanibbio ha soggiornato, incontrando volti nuovi e diversi, lasciandosi prendere dai piaceri della vita e dalle numerose compagnie di musicisti, ai quali è stato profondamente legato, fra i quali Luigi Nono, Giacinto Scelsi, Franco Donatoni, Salvatore Sciarrino, Julio Estrada, Karlheinz Stockhausen e molti altri.

Nel 1983, aiutato da Gianfranco Leli, riusciva a fondare la Rassegna di Nuova Musica che, nei primi anni si svolgeva nel chiostro e in alcune stanza della splendida Abbazia di Fiastra, a pochi chilometri da Macerata (poi si svolgerà, come tuttora, presso il Teatro Lauro Rossi, perdendo quel fascino misterioso che l’Abbazia comunicava).

Noi ci eravamo conosciuti l’anno precedente a Certaldo, dove io dirigevo un festival di musica contemporanea e dove Scodanibbio tenne un concerto, durante il quale un compositore non riconobbe il suo pezzo. Questo emblematico fatto, viene ricordato a pagina 146: «Una routine che consisteva nel tirar fuori ogni giorno una partitura diversa. […] L’unico divertimento era infierire sui poveri compositori. […] Li si metteva alla prova suonandogli un’altra cosa da quella scritta. Era successo proprio a me che un compositore non avesse riconosciuto il proprio pezzo. Era stato durante uno di quei concerti dove suonavo tutte prime esecuzioni. Ce n’erano talmente tante che nella serata invertii l’ordine di esecuzione. L’autore, poi chiamato alla fine del pezzo, si volse a cercare qualcun altro…». Accadeva e accade anche questo, come è accaduto e accade ancor oggi che alcuni esecutori chiamino gli organizzatori per sapere se il compositore sarà presente in sala oppure no, se sarà presente si studia bene il suo pezzo, altrimenti basta una prima vista!

Fino ai primi anni Novanta ho frequentato assiduamente la Rassegna di Nuova Musica di Macerata e Scodanibbio, poi ho avuto impegni e incarichi che me lo hanno permesso solo saltuariamente, e lui era uccel di bosco, nel senso che era sempre in viaggio. In quegli anni aveva già composto brani importanti e messo a punto la sua tecnica dell’arco mobile che, attraverso vari tipi di rotazione e diverse pressioni dell’arco, crea un suono cangiante, instabile, inquieto. Tecnica che Nono immortalò nella partitura del Prometeo scrivendo sulle parti degli archi “arco mobile à la Stefano Scodanibbio”.

Doloroso è leggere gli ultimi anni dei Taccuini, perché dal 2009 inizia il calvario della malattia: «Della vita ho desiderato e assaporato un po’ tutto, forse anche gli aspetti legati alla malattia». Vorrà andare a morire nell’amato Messico, nel 2012.

Il libro, dopo un breve saggio di Giorgio Agamben, dal titolo Battito e forma, «I medievali chiamavano ductus la tensione che percorre e anima una forma» (pag. 10), si suddivide in tre parti, la prima Ritratti ed echi, presenta scritti inediti o già conosciuti perché pubblicati in riviste o in note di copertina di cd, si tratta di testimonianze che narrano i primi anni di studio, il Rinascimento musicale legato alla Rassegna di Nuova Musica, gli incontri con Giacinto Scelsi, Luciano Berio, Luigi Nono, Edoardo Sanguineti, Giorgio Agamben e altro.

Nella seconda sezione sono contenuti estratti dai Taccuini, in cui Scodanibbio ha annotato riflessioni, incontri, viaggi etc. Brevi appunti che però permettono di osservare da vicino il percorso umano e musicale.

La terza parte, molto interessante dal punto di vista squisitamente musicale, raccoglie varie Note ai pezzi, in cui Scodanibbio delucida su alcuni brani da lui composti o scritti da altri per lui (come quelli di Estrada e Berio). Illuminanti alcune pagine su lavori importanti, quali Postkarten (1997), per la voce di Sanguineti e contrabbasso; Oltracuidansa (1997-2002), per contrabbasso e nastro su otto canali; la musica di scena di …and Roll (2007), per contrabbasso; Interrogazioni alle vertebre (2008), ancora per contrabbasso; Ottetto (2010-2011), per otto contrabbassi.

Il libro costa 19 euro, davvero ben spesi per avvicinare un personaggio così rilevante della cultura e della musica presente. Non sarebbe stato male avere anche in appendice il Catalogo delle composizioni e, visto quanta importanza ha la vita vera e gli incontri con compositori, interpreti, letterati e luoghi, qualche fotografia che, nel caso di Scodanibbio, non avrebbe avuto solo l’importanza di un apparato iconografico ma anche e soprattutto quella di sottolineare i gesti di uno straordinario esploratore.

Scodanibbio ha lasciato una grande eredità al presente, indubbiamente per ciò che riguarda le tecniche esecutive al contrabbasso, tecniche mai fine a se stesse ma finalizzate alla scoperta di nuovi suoni e di nuove prospettive compositive che lui stesso ha messo in pratica, aprendo strade nuove, con grande intuito.

http://www.stefanoscodanibbio.com/index.htm





 



Renzo Cresti - sito ufficiale