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Cd "Tribute to Fernando Grillo" di Barbetti-Cuoghi-Francioni
Il contrabbasso come alter ego di un tormentato romantico
 
 
Questo cd è un atto dovuto nei confronti di un musicista che fu tra le figure protagoniste dell’epoca della Darmstadt degli anni Settanta e dell’allora musica contemporanea che studiava le nuove tecniche interpretative, con una profondità e una ricerca tale da essere battezzata Nuovo Rinascimento Strumentale.[1] Se l’omologazione è uno dei problemi dei giorni nostri, il presentare la musica di Grillo va contro a ogni standardizzazione del pensiero musicale e all’uniformità delle prassi comuni, infatti, questo particolare virtuoso fu senz’altro un eccentrico, non solo nell’affrontare le tematiche relative ai nuovi suoni del proprio strumento ma pure quelle a livello compositivo, le doti di analisi gli consentirono di comporre interessanti e personalissime partiture, come in Œuvre I-VI (1975-80), per contrabbasso e orchestra, il lavoro teatrale Dualitas feminitas (1981) e altre composizioni da camera e performance, dove la sua particolare curiosità e le soluzioni sperimentali creano dei inconsueti paesaggi sonori. I brani presenti in questo cd forniscono un’ottima visione di quello che era la concezione poetica e musicale di questo straordinario contrabbassista, dotato di una creatività che oltrepassa il proprio strumento.

Der Seele Erdengang (1979-80), per viola sola è un capolavoro, vicino per certi aspetti al modo di Scelsi di intendere la composizione, con richiami allo Spettralismo, di un’intensità vorticosa e di una profondità che sonda i misteri dell’essere, con un nascosto canto che percorre tutto il brano, coperto da veementi arcate, da rovinose cadute e da salti impetuosi, con un’attenzione alla dinamica, ai modi d’attacco e alla qualità timbrica di ogni suono straordinaria; vi è una voglia di cantare che rende struggente il suono, interpretato da un magnifico Maurizio Barbetti, di cui Grillo scrisse, nel settembre del 2005: «Suono del risveglio, indefinita trasparenza dove oscurità e luce si sposano nell’attimo della percezione: la Viola di Maurizio Barbetti. Per lui porgere il suono è far affiorare l’anima sulle labbra, poeticamente pronunciata».

Das Mädchen un der Zauber (1978/79)  è il pezzo più vecchio di questa raccolta, dedicato al grande chitarrista Gunter Schneider che curò la stesura strumentale (la partitura è stata mandata  a Francesco Cuoghi da Gunter stesso); suoni isolati che evocano mondi lontani, modalità di scrittura e di esecuzione[2] che sono volte alla ricerca del cuore del suono, con un accenno di ostinata ripetizione che contribuisce a una sorta di trance sonoro, nel quale l’interprete, come l’ascoltatore, deve immergersi, lasciando da parte, come fa bene Francesco Cuoghi, ogni preoccupazione tecnica per lasciarsi prendere da un suono che vola, non si sa se verso il basso o l’alto ma volteggia attorno a una spiritualità tormentata. 

In Innoxia floret (1997), nella versione per viola e contrabbasso, gli strumenti emettono suoni che ora s’intrecciano ora si alternano riprendendo echi di armonici, suoni nascenti e arcate vigorose, il tutto scaturito da una gestualità bruciante, sempre ai limiti del congestionamento. Non a caso, Grillo amava rifarsi all’Elogio della pazzia di Erasmo da Rotterdam, fu perfino tra gli interpreti del film omonimo di Roberto Aguerre, follia come essere fuori, volutamente, dalla ragionevolezza della normalità, eccentricità che eccede il centro istituzionale, esaltazione senza la quale la vera arte non è possibile, perché necessita del ‘fuoco delle Muse’ (come direbbe Platone). I due interpreti sono l’uno sintonizzato sull’altro, unico modo per realizzare questa straziante follia.

La monumentale Suite I (1983-2005) assume un’importanza basilare nell’ambito della letteratura contrabbassistica che esplica il modo di concepire la tecnica al servizio di una poetica, significativo è il fatto di aver dedicato quasi ben 25 facciate di Note esplicative; la cura dell’aspetto grafico e semiografico contribuisce a qualificare questo importante lavoro, per certi versi ‘barocco’, come un caposaldo non solo del contrabbasso ma della musica contemporanea dell’epoca.[3] I movimenti rispettano quelli della suite tradizionale: Prelude (da cui si forma l’idea del pezzo) – Allemande (la più articolata) – Courante (di fascino timbrico) – Sarabanda (di grande forza) – GavotteGigue (la più corta), anche i ritmi si rifanno alle danze abituali di questa forma ma stravolti da una serie ininterrotta di passaggi arditi, tutti derivati da un gesto innovatore, un passato talmente lontano da ridiventare attuale; ed è proprio dall’azione che scaturisce la musica che sembra precipitare verso il vuoto, nell’ora della mezzanotte, dove ogni ombra suscita paure; la scrittura è una sorta di sismografo della gestualità, vero motore dell’andamento agitato delle sei parti, un nervosismo che viene comunicato attraverso elementi tecnico-esecutivi che sono al vertice delle ricerche strumentali. Nei suoi concerti era fondamentale l’aspetto visivo, quello che lo porterà a realizzare delle vere e proprie performance, dove alla psicologia dell’ascolto si abbinano le sensazioni ricevute dai flash visivi, lampi realizzati con l’arco, bagliori improvvisi che escono dalle prodigiose mani in posizioni inconsuete, momenti di luce fugace emessi dalla cassa che viene stretta, cinta, avvinghiata o allontanata fino a distenderla per terra: il contrabbasso come alter ego di una passionalità tormentata, in fondo, Grillo era un vero e dannato romantico.



[1] «Fernando Grillo è stato dimenticato. Eppure era una star nel mondo della musica contemporanea degli anni Settanta-Ottanta. Dopo aver vinto il Gaudeamus Interpreters Competition in Olanda, a Darmstadt gli diedero il massimo riconoscimento: il Kranichsteiner Musikpreis; subito gli assegnarono la prestigiosa cattedra di contrabbasso a Darmstadt che tenne per venti anni; non a caso Xenakis scrisse per lui il celebre Theraps e Stockhausen lo definì “il Buddha del contrabbasso”. Eppure è stato dimenticato. Non apparteneva all’establishment della musica. Non aveva poteri. Voler essere liberi può essere mortale» (testimonianza di Maurizio Barbetti).
[2] Lo spartito è scritto su tre righi, vi è la richiesta di un suono “sempre uguale”, di lasciar vibrare la corda, di allargare o di far uscire suoni improvvisi, di suoni ovattati o metallici, infine, un’indicazione che richiama il cerchio scelsiano: “muovendo la mano in senso circolare seguendo il cerchio (O) centrale di piano armonico, modificando il timbro. Cuoghi dice: «Ho cercato di rendere al meglio l’esecuzione degli armonici, utilizzando il modo migliore per fargli uscire (ovvero con le due mani, lui ne indica una). Sempre sugli armonici ho utilizzato varie possibilità per farli brillare. Ho cercato di tirar fuori quello che lui chiama ‘bagliore improvviso di luce e suono’, riferito ad un concetto completamente diverso del legato chitarristico (ovvero spostare la corda verso l’alto invece che a lato – com’è nella prassi strumentale corretta). […] Ho insistito sui vibrati intensi delle note lunghe, sulle dinamiche e le timbriche» (testimonianza).
[3] Racconta Francioni, straordinario interprete, che la Suite I nacque nell’estate del 1982, durante i Corsi di interpretazione di Città di Castello, per primo Grillo scrisse il Preludio, che venne eseguito, nello stesso anno, da Francioni all’Accademia Pescarese: «In pochi mesi Fernando mi inviò anche tutti gli altri tempi (uno al mese circa): l’Allemande, la Courante, la Sarabande la Gavotte I/II e infine la Gigue. Nel giro di quasi un anno egli aveva completato la prima stesura dell’intera Suite I; tempi staccati che io andavo ad eseguire in vari contesti: concorsi d’esecuzione, saggi, concerti, lezioni, corsi… La prima esecuzione (quella nota come versione del 1983) avvenne nell’ottobre del 1988 a Firenze. […] Nel frattempo Fernando ritoccava, modificava, verificava, sostituiva, continuamente, insomma cercava di arrivare ad una versione definitiva dell’imponente lavoro: oltre 40 minuti di musica (senza i ritornelli!). […] La pubblicazione in forma definitiva avvenne addirittura nel 2005 (Edition Schott)» (testimonianza).

 





Renzo Cresti - sito ufficiale