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Giusy Caruso, Davide Anzaghi, Piano Works – Con intervista
Giusy Caruso, Davide Anzaghi, Piano Works – Da Vinci Classics

Davide Anzaghi è riuscito a escogitare un rigoroso metodo compositivo e a saperlo volgere all’ascolto, senza cadere in atteggiamenti scientisti e mantenendo un controllo emotivo, garantito proprio dal suo ricorso al metodo che si basa sul numero pitagorico. Dalla metà degli anni Ottanta in avanti, il suo operare si distingue per questo procedere personale, originale all’interno del mondo della composizione italiana e non solo.

L’esigenza di ricorre a un metodo deriva in negativo dal rifiuto delle esperienze avanguardistiche e in positivo dal trovare una regolamentazione che garantisca coerenza al progetto compositivo. Vi deve essere al fondamento dell’operare un criterio su cui basare un sistema compositivo, per non lasciarsi prendere da un vago procedere, da un rapsodico svolgersi di frasi e suoni.

Anzaghi, affascinato dal pensiero scientifico e mistico, sceglie un codice tratto da Pitagora, basato sulla dialettica fra intervalli pari e dispari, normativo e garante di un equilibrio formale assoluto. Il codice ha una bellezza in sé che il Maestro sa risolvere in musica. È una sorta di Ur-texte che si fa suono. La matematica come forma alta del pensiero antropomorfico che diventa suono, non importa se l’ascolto non comprende il piano di lavoro (la comprensione della struttura è cosa da addetti ai lavori), ciò che il codice garantisce è la logicità dell’operazione, le connessioni formali e la conformità a un’armonia generale. È questa armonia, questo ordine interno che l’ascolto comunque percepisce. Il rapporto fra cognizione e percezione è intrecciato a fondo in Anzaghi, in maniera complementare.

Il ruolo dell’interprete nel rendere comunicativo il rigoroso percorso compositivo è decisivo e l’interpretazione di Giusy Caruso è esemplare, anche per la vicinanza al Maestro, quasi decennale. È importante la conoscenza personale, l’avvicinarsi allo spartito sotto la guida di chi lo ha scritto, capendone dalla fonte diretta le ragioni e le finalità, così l’interpretazione diventa testimonianza.

Si legge nel sito internet http://www.giusycaruso.com/ita della Caruso: «Raffinata musicalità e forte presenza scenica, contrassegnata da un temperamento carismatico intellettualmente sorretto da una tecnica pianistica brillante, sono le qualità riconosciute dalla critica musicale europea alla pianista italiana Giusy Caruso», ed è vero, questo cd lo dimostra pienamente.

Il progetto espone sette brani disposti in ordine cronologico, in modo da farsi un’idea del percorso artistico di Anzaghi. La stessa Caruso lo spiega nelle Note di copertina che sono scritte solo in inglese. «Anzaghi’s adherence to the poetics of the late twentieth century was not ideological: in his compositions, the author did not cease to belive in the emotional and aesthetic components of musical language instead of musical experiments and sterile creations. The author’s orentation is evidenced by the motto “The denial of comunication is solved in the comunication of negation”. Anzaghi’s music originates from being composer by vocation and not by volition. His new cd shows significant results in Anzaghi’s piano solo composition. This cd offers a meditated anthology of the compositional itinerary of the Milanese author whose music aspires to be loved before being evaluated». In poche parole la Caruso spiega perfettamente la poetica di Anzaghi e ne inquadra il percorso. La scelta dei brani proposti è assai significativa ed esplicativa.

Il cd si apre con un capolavoro della prima fase compositiva, Ritografia del 1971, nel quale si presentano le complesse strutture armoniche che assieme al ricorso al moto perpetuo si presenteranno altre volte nei lavori di Anzaghi (il moto perpetuo lo ritroviamo poco dopo in Variazioni su un tema esoterico). Il brano è lungo e complesso e propone momenti sonori diversificati, da note isolate dal silenzio a trame di reticoli sonori intrecciati, in un ordito formale consequenziale. Seguono due eufonici pezzi dal carattere intimista, si tratta di Due intermezzi del 1982, il primo evidenzia una sottile cantabilità mentre il secondo esprime uno spleen nostalgico. Con le citate Variazioni su un tema esoterico (1990-1991) si entra nella fase nella quale il Maestro ha iniziato a far ricorso a un metodo che garantisca rigore ma sia flessibile verso i moti espressivi. Il brano ha un andamento che ricorda quello della Toccata; è lungo e non è facile da interpretare perché occorre far risaltare il tema iniziale e le strutture dei differenti episodi, la Caruso ci riesce non solo con grande bravura ma con convinta partecipazione.

Si prosegue con Tinum (2012) brano di una certa drammaticità non sempre presente nei brani di Anzaghi, perché di solito le sonorità sono oniriche, estatiche, che ricordano quelle di Feldmann come in Rondò della notte. Anche in Son’ora, brano composto due anni dopo, si presenta il clima drammatico; è dedicato alla stessa Caruso e include piccole percussioni suonate dalla pianista medesima che se la cava benissimo.

La bella carrellata dei lavori di Anzaghi si conclude con una bellissima composizione recente, del 2016, la citata Rondò della notte, il titolo rimanda alla forma classica nella quale vengono dispiegate le brevi profilature melodiche che sorgono da un tessuto sonoro basato sul Codice Pitagorico. Brano dall’atmosfera sospesa che ricorda quella di una notte senza tempo. Nel suo sito internet  https://www.davideanzaghi.it/ Anzaghi spiega sia la sua poetica sia i brani, ne consigliamo vivamente la navigazione.

Un plauso all’eccellente interpretazione della Caruso e a questo interessante progetto che evidenzia alcuni tratti della produzione compositiva di quel grande maestro che è Davide Anzaghi, un personaggio che è stato molto importante per la vita musicale italiana e un autore che va ulteriormente valorizzato.

 
A margine ricordiamo che le edizioni Da Vinci avevano stampato un altro bel cd su Davide Anzaghi, Chamber Music Work, ottimamente interpretato dall’Achrome Ensemble e comprendente Alm’Ala, Oiseau triste, Rabesco I, Eco, Elogio della luna, Spettri, Rabesco II, Soavodia, Lacerto.

 
Intervista a Giusy Caruso

1) Quando hai conosciuto il M° Anzaghi e quando hai iniziato a suonare la sua musica?
 
Mi sono accostata alla musica del maestro Anzaghi nel 2013, eseguendo per la prima volta i suoi Due Intermezzi del 1982. Sono rimasta affascinata dalla ricerca timbrica della scrittura pianistica di Anzaghi, che richiede un’immersione totale dell’interprete in dimensioni sonore a volte cristalline e altre volte avvolgenti, di un’espressività propriamente tacita e mai esageratamente declamata, caratteristica che ho poi riscontrato nella sua persona, quando ho avuto la fortuna di incontrarlo e iniziare questa intensa collaborazione. Uomo di estrema cultura e di raffinata e pacata predisposizione d’animo, Anzaghi riversa nella sua musica l’attenzione al dettaglio strutturale e alla bellezza di quelle magiche corrispondenze di suono e combinazione matematica.
 
2) Il bel cd che hai appena inciso segue un preciso progetto, con brani disposti in ordine cronologico che forniscono un’idea precisa del percorso di Anzaghi. È un progetto che avete steso assieme?
 
Nel corso degli anni di questa collaborazione ho avuto il privilegio di vivere in prima persona l’evoluzione della tecnica compositiva di Anzaghi. Mi sono accostata alla sua produzione pianistica con un’opera degli anni Ottanta, periodo in cui Anzaghi innesta nella sua scrittura l’originale idea del Codice Pitagorico di altezze e durate, per poi passare all'esecuzione di opere che ho visto io stessa nascere, come Son’Ora del 2014 per pianoforte e piccole percussioni suonate dalla stessa pianista, che il Maestro mi ha gentilmente dedicato, e Rondò della Notte del 2016.
La curiosità di esplorare il ‘primo’ Anzaghi, mi ha portato all’esecuzione di Ritografia del 1971. Da questo mio personale percorso di scoperta della musica di Anzaghi, è poi scaturita l’idea di un’incisione monografica, di cui ho curato e scritto anche il booklet, dedicata all’evoluzione della scrittura pianistica di Anzaghi, aggiungendo, quindi, le Variazioni Esoteriche (1990-1991) e Tinum (2012), brani che, per la loro intensità e densità rasentano, la tecnica trascendentale.
 
3) Come definiresti la musica pianistica di Anzaghi?
 
Densamente eterea
 
4) Progetti per l’immediato futuro?
 
Ho in cantiere collaborazioni con altri compositori contemporanei, in particolare la registrazione di un progetto di brani dedicati  agli Haiku, i piccoli poemi giapponesi. In questi giorni sono impegnata nell’esecuzione in live streaming del brano Shin per pianoforte (2014) di Carla Rebora, che fa parte, insieme ad altri lavori come i 72 Studi Carnatici per pianoforte di Jacques Charpentier, del mio personale progetto di ricerca, come analista-performer, sul rapporto tra teoria, analisi e performance, di cui si può leggere nei miei articoli in lingua italiana (uno in fase di pubblicazione) per la Rivista di Analisi e Teoria Musicale (RATM).



 



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