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Daniele Venturi, "Lumen" - Recensione al cd e intervista
Daniele Venturi, Lumen
Cd Stradivarius 31170 – Lisa Cella flautes – Mark Menzies violin – Fabiana Ciampi harpsichord
 
 
Esce un bel cd, ottimamente eseguito, incentrato sulla musica flautista scritta da uno dei più interessanti compositori italiani di oggi. I brani accoppiano al flauto soprano, alto e basso, il violino e l’harpsichord. Coprono il tempo dal 2006 al 2012 e sono così disposti: Lumen, Arlìa, Trois trés triste, Le chant del nane Perìot, Shooting stars Night, Double, Radi, Lux, Spettri.
 
Si nota una uniformità stilistica e di scrittura che lega i 9 pezzi, a conferma di come, già anni or sono, Venturi avesse trovato una cifra musicale personale. Si legge nelle Note di copertina (purtroppo solo in inglese): «Similarities and disparities are at play within these nine scores, but the overall tendency towards slowness and dynamics finely distinguished among the quieter ends of the spectrum prevails in each piece, as does a tempo that seldom if ever fluctuates. The composer’s taxonomy, between lip vibrato and diaphragm vibrato, for instance, with occasional use of note meant to recall a jazz improviser. Every note is assigned a different dynamic marking and notes of exact pitch are played in alternation with pitch-bends of between one-sixth and one-third of a tone, both ways of increasing the available possibilities and stepping beyond the smooth legato sound commonly associated with the flute family».
 
Nel mio libro Musica presente,
http://www.renzocresti.com/dettagli.php?quale=9&quale_dettaglio=327 
scrivevo che per Daniele Venturi «La musica è l’arte degli affetti, una visione fra manierismo e romanticismo, che vuole evitare la babilonia dei linguaggi e arrivare diritta ai sentimenti di chi ascolta, questo non vuol dire lasciarsi trasportare dal cuore, anzi, gli affetti, per essere ben espressi hanno bisogno di connotazioni stilistiche precise, per questo la sua musica spaventa gli esecutori perché è zeppa di dettagli, che fanno parte integrante della poetica di Ventura, finezze indispensabili (mentre gli esecutori spesso tendono ad aggrapparsi a ciò che già conoscono)».
 
All’interno del suo particolare linguaggio musicale si fondono la sperimentazione sonora, la continua ricerca di nuove tecniche compositive e la rivisitazione di materiali derivati dalla musica popolare. Ha in catalogo oltre centocinquanta composizioni originali scritte per i più disparati organici e circa duecento elaborazioni corali di canti popolari. Cfr. http://https://www.danieleventuri.com

Nella sua scrittura si ritrovano diversi elementi simbolici, come lo stesso numero 9, la notte e il giorno, la luce e l’oscurità, anche se la musica si mantiene spesso sui chiaroscuri. Oppure si riscontrano aspetti legati alla psicologia che fanno della musica di Venturi una sorta di (auto)analisi del profondo.
 
La timbrica è parametro fondamentale ed è in continua trasfigurazione, su dinamiche generalmente in pianissimo. L’intervallistica, a parte qualche scatto, è una sorta di scrittura miniata che si evolve sottilmente, producendo una sorta di ‘lirismo materico’. Procedimenti e finalità che Venturi spiega bene nell’intervista che segue.
 
Per eseguire una musica così ricca e sottile, minuziosa e affilata, che a volte pare evanescente ma che è sempre ancorata a una concezione forte e solida, basata su strutture matematiche, tecniche spettrali e scale particolari, musica trascolorante, occorrono interpreti non solo tecnicamente dotati ma che riescano a entrare addentro all’originale poetica di Venturi e alla sua arguta e dettagliata scrittura. Un plauso quindi alla bravissima Lisa Cella ma anche a Mark Menzies e a Fabiana Ciampi.
 
 
Intervista a Daniele Venturi
 
Da dove deriva questo interesse e amore per il flauto?
Il mio interesse per il flauto nasce da parecchio lontano. Dagli anni giovanili, nei quali restavo letteralmente estasiato dalla “suono vocale” emesso dall’inarrivabile Severino Gazzelloni.
 
Pensi che sia lo strumento più idoneo ad adattarsi alla tua scrittura?
Credo che il flauto assieme al sassofono sia lo strumento che meglio di ogni altro si avvicini alle timbriche e all’espressività della voce umana. Utilizzando tutta la famiglia dei flauti, dall’ottavino fino al flauto contrabbasso, un compositore ha a disposizione una tavolozza sterminata di colori. Molti dei suoni che si possono ottenere sul flauto, in particolare i suoni armonici, i suoni soffiati, i multifonici, etc., sono più vicini ad una timbrica elettronica rispetto che ad una timbrica acustica. Credo sia questa la principale motivazione che mi ha spinto a scrivere una dozzina di brani per vari tipi di flauto.
 
L'uscita del cd Lumen comprende 9 brani, costituiscono un tutt’uno omogeneo?
Credo di sì. O meglio si tratta di nove composizioni che ho scritto tra il 2007 e il 2012, legate assieme da un fil rouge abbastanza percepibile, anche al primo ascolto della serie di brani contenuti nel CD Lumen; quello della ricerca. Penso che un altro trait d’union sia rappresentato dall’aspetto della sperimentazione di particolari sonorità, all’interno delle quali si fondono mondi sonori assai distanti tra di loro.
 
Il 9 è un numero simbolico e nella tua scrittura vi sono vari riferimenti alla simbologia, in particolare quali in questi brani?
In tutti i brani sono presenti sia l’aspetto della simbologia che quello della numerologia. Il numero nove, numero dei brani contenuti nella raccolta, è simbolo di completezza e compimento. L’energia vibrazionale di questo numero comprende la forza di tutti quelli che lo precedono. Il numero nove secondo diverse filosofie indiane, quali ad esempio l’Induismo, è il numero della generazione e della reincarnazione. Il numero nove rappresenta il multiplo del numero tre, che nella notazione musicale della cosiddetta Musica mensurabilis, in auge in Europa tra il XV e il XVI sec. dopo Cristo, rappresentava il tempus perfectum. Secondo il filosofo Aristotele (384-83 a.C.-322 a.C.) esso caratterizzava l’unità di misura musicale, permettendo di poter misurare il suono, come il ruotare della volta celeste misura il tempo fisico.  Il nove, inoltre, è anche la somma dei numeri due e sette.
Il primo numero, il due, rappresenta la divisione dell’unità ed è perciò simbolo di separazione, perché, da un punto di vista sacro, l’unità è per essenza una e unica. Il secondo numero, il sette, secondo la Cabala ebraica, invece, rappresenta il numero della conoscenza e della sapienza. Nove è anche un numero dispari dinamico e attivo nella sua natura e nei suoi effetti. Indica il periodo della gestazione, nove mesi per la nascita di una nuova vita.
 
Il numero però anche come elemento matematico per la costruzione della struttura?
In particolare il concetto matematico connesso al numero 9 è stato utilizzato per la costruzione del “percorso” musicale e spirituale, che di fatto il CD Lumen rappresenta.
 
Si potrebbe definire la tua musica come lirismo materico, vuoi spiegare meglio?
Credo di sì. Il lirismo materico rappresenta una sorta di flusso costante di elementi lirici all’interno della composizione che sfocia in una sorta di “canto infinito”. La mia musica nasce sempre da una serie di suoni che sfociano dentro di me, all’improvviso, e che rappresenta “i punti cardinali” di ogni mia composizione.
 
Mi pare ci siano influenze del tuo maestro Grisey, della musica spettrale, di quella orientale, in particolare indiana, e di musica popolare.
Sicuramente. Devo molto alla lezione di Gérard Grisey, un compositore dotato di una sensibilità straordinaria. L’ho conosciuto che ero un giovane studente di composizione, senza alcun titolo e lui ha saputo schiudere davanti ai miei occhi e a quelli dei miei compagni, mondi sonori di unica ed infinita “poesia sonora”. Il suo imput è presente in tutta la mia musica e ancor più nella forma mentis con la quale costruisco i miei lavori. Tutto comincia da “un canto dell'anima” che definirei ancora meglio come “spettro dell'anima del suono”, che racchiude già in sé, in forma embrionale, la cifra della mia poetica musicale e del mio linguaggio. Ma anche il lavoro di ricerca sul campo di canti popolari, la trascrizione e l’elaborazione di essi in forma corale hanno influenzato la mia poetica musicale. Così come la pratica di cantore prima e di direttore di coro poi, sono state indispensabili per la mia formazione di musicista.
 
La tua musica è molto chiaroscurale, quindi il timbro è un parametro fondamentale?
Sì, nella mia tecnica compositiva utilizzato spesso il concetto di chiaroscuro, o meglio quel particolare effetto che tende a mettere in evidenza le forme e il rilievo attraverso variazioni di chiari e di scuri. Questa tecnica ha legami molto stretti con altre arti quali la pittura, la scultura, l’incisione, la poesia, etc.
Sì, anche Il timbro è un aspetto determinante del mio linguaggio musicale. Così la ricerca di timbriche e di sonorità particolari sta alla base del mio lavoro di sperimentazione musicale. Vado sempre alla ricerca di “un suono che non esiste” e di forme che esistono solamente nella mia mente. Per questo detesto scrivere basandomi sulle forme fisse del passato. L’uomo e l'ascoltatore moderno hanno bisogno non solamente di un linguaggio moderno, ma anche e soprattutto di forme musicali, e più in generale artistiche, vicine al loro tempo. L’arte veramente contemporanea è solamente quella che fa uso di nuove forme di linguaggio e di nuove forme d’espressione.
 
Gli interpreti devono essere oltreché bravi, perché la tua scrittura è difficile, anche estremamente sensibili ai mutamenti micro-espressivi?
Lavoro molto assieme agli esecutori. Utilizzo spesso la mia voce per suggerirgli le sonorità, le altezze microtonali, le nuance, etc. Ho imparato anche diverse tecniche di fischio che mi sono molto utili per aiutare l'interprete nella giusta emissione, ad esempio, dei suoni armonici.
 
Come hai lavorato con Lisa Cella, Mark Menzies e Fabiana Ciampi?
Con Lisa, che si è sobbarcata il grande lavoro di studiare ben nove brani, abbiamo studiato molto in sede di registrazione, ma anche confrontandoci diverse volte a distanza. Grazie al Festival Soundscape, in tre estati (2015, 2016, 2017) abbiamo potuto registrare otto delle nove composizioni contenute nel CD Lumen. L’umiltà e la duttilità di Lisa Cella hanno permesso di poter arrivare ad un risultato assai vicino alla mia idea delle partiture stesse.
 
Nella mia musica sicuramente è previsto un alto margine di sbaglio, che definirei “rischio esecutivo”. Per questo motivo anche un interprete specializzato, di grande talento e di forte esperienza, può incappare in diversi “scivoloni”. Si tratta di una poetica basata su una scrittura musicale che tende a sondare i limiti del suono, per ciò che riguarda la scrittura, l’eseguibilità e anche la percezione musicale. L'esecutore rappresenta una sorta di “funambolo sospeso su una corda”, con il compito, assai arduo, di mantenere l’ascoltatore col “fiato sospeso”.
 
Credo che nella mia musica ci sia molto dell’aspetto circense. In particolare nel brano che ha visto la partecipazione dello straordinario violinista Mark Menzies, Arlìa, questo elemento è portato alle estreme conseguenze. Con Mark abbiamo provato via skype e lui è stato particolarmente ricettivo nel capire l’idea di suono caratterizzante il brano e di interpretare la notazione musicale, assai complessa di questa composizione, con grande padronanza e precisione.
 
Con Fabiana Ciampi, pianista, organista e clavicembalista, che ha la sventura di essere mia moglie, abbiamo lavorato a lungo, in particolare sulle tecniche esecutive, più vicine a quelle degli strumenti a percussione rispetto che a quelle cembalistiche standard. In Radi per flauto e clavicembalo, infatti lo strumento viene completamente trasfigurato. L’esecutore produce i suoni spesso sulla cordiera e lo strumento si trasforma, alle volte in una sorta di “cymbalom indiano”, alle volte in una specie di ensemble di glassarmoniche e spesso nella fusione dei due strumenti. 
 
Il CD esce in un anno che vedrà compiersi i tuoi 50 anni, progetti futuri?
Sì è vero, è una sorta di “giro di boa”! Ho molti progetti in cantiere. Provo ad illustrarne almeno tre. Il primo è la stesura di una nuova composizione per soprano, marimba e elettronica su richiesta del mio caro amico e fantastico percussionista francese Laurent Mariusse.Il secondo è la composizione di una nuova partitura per coro, su commissione di Feniarco, specificatamente pensata per il “Coro Giovanile Italiano”. Il terzo è l’assai importante progetto della realizzazione di un libro su di me. Nel progetto saranno coinvolti cinquanta interpreti che nel corso dei miei circa trent’anni di attività di compositore si sono cimentati nello studio e nell’esecuzione della mia musica. L’abile musicologo fiorentino, che sei tu!, del quale conosco la fama, sta “cucendo” con abile mano di sarto il tutto.







Renzo Cresti - sito ufficiale