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Vincenzo Saldarelli, recensione a Renzo Cresti "Sylvano Bussotti e l'opera geniale"
Renzo Cresti, Sylvano Bussotti e l’opera geniale, Maschietto editore, Firenze 2021
Un libro per una storia intrigante, un’avventura d’amore per le arti
di Vincenzo Saldarelli
 
 
Il libro di Renzo Cresti “racconta”, il modo di articolarne i contenuti chiarisce subito il senso della scrittura, lo stile e i rimandi a momenti precisi del pensiero estetico e filosofico aiutano ad inquadrare il soggetto che l’autore descrive collocandolo meglio in un contesto più ampio, non racchiuso nella descrizione delle vicende personali, delle opere, delle fortune, ma facendo emergere all’attenzione del lettore lo spirito, la forza, le attitudini che hanno guidato la personalità di colui che si racconta.
 
Il secolo scorso è un ininterrotto racconto di aneliti, di esplorazioni, di ricerche, di desiderio di uscire dal “già fatto”, in altre parole dalla “tradizione”, fino alla Scuola di Darmstadt, che dalla metà del secolo segna uno spartiacque verso più direzioni, strutturalismo, atonalità, politonalità, alea ed altro ancora. È in questo clima di ricerche innovative che il libro di Renzo Cresti “racconta” di Sylvano Bussotti compositore e personaggio multiforme. Il titolo Sylvano Bussotti e l’Opera geniale suggerisce subito la chiave di lettura del testo che si dipana in un lungo ed affascinante itinerario artistico vissuto con passione direi carnale per più di mezzo secolo.
 
Non è una biografia ma al tempo stesso lo è, non è un testo di analisi o di musicologia, ma al tempo stesso lo è, non è un testo filosofico ma in qualche misura lo è o lo diventa nel succedersi delle pagine, non è una descrizione delle tipologie delle arti, ma di molte tra queste ne parla, e le collega con un filo conduttore ininterrotto per tessere mano a mano un ritratto sempre più incisivo e seducente del personaggio.
 
Così mi è parso il libro e il senso che ho colto nelle varie parti distingue questo nettamente da una letteratura biografica o analitica su un autore, perché “vola alto”, cogliendo gli aspetti più profondi di un percorso umano ed artistico che va oltre la descrizione aneddotica o il catalogo del lavoro svolto nel tempo. Ho dipanato fluidamente la lettura del libro come fosse per me una sorta di “Opera in più atti” e così cercherò di descriverla in sintesi.
 
Apre una Premessa dal titolo Oltre l’opera aperta.  Qui l’autore racconta della firma originale di Bussotti quale “eccezione tra i suoi colleghi europei perché, prima di loro intuisce l’Opera aperta” e “in un fenomenale work in progress che va sotto il nome di BUSSOTTIOPERABALLET” vedrà la luce il culmine del lavoro del compositore e proprio la scoperta del senso dell’arte bussottiana, del suo modus operandi, sarà l’obiettivo di questo libro.
 
Silvanino e il suo violino, questo titolo che leggeremo più avanti nel libro mi è sembrato illuminante per descrivere un delicato e tenero aspetto della personalità di Bussotti connessa indissolubilmente al senso della vita e delle cose : “Ero ancora tanto piccolino/ricciolino e biondo alto così./E con il mio minuscolo violino/ che sonavo sempre tutto il dì./Ma un bel giorno/la maestra,/quando mi sorprese/ a improvvisare,/fu furiosa,/m’ammonì/severamente./Ero così triste e sconsolato,/non volevo ormai studiare più!/E nel consolarmi la tarantella/sgambettavo sempre in su e in giù./Allora:/studia sempre/studia sempre”.
 
Questa citazione che trovo di lieve e squisita ingenuità racchiude invece una delle “firme” di Bussotti, cioè il rigore, la disciplina, l’applicazione costante che ne hanno caratterizzato il lavoro artistico nel tempo e nelle varie forme espressive.

Tornando alla premessa del libro qui viene subito descritta da Cresti una delle connotazioni più evidenti, perché “visivamente” evidenti, quella dell’alto grado di utilizzo delle capacità grafiche di Bussotti appresa nella “bottega rinascimentale” dello zio Tono Zancanaro e dal fratello Renzo fino a rivelare “un sesto senso naturale che gli permette di unire arti differenti, riuscendo sempre a realizzare una forma sferica, dinamica e vitale, omogenea, seppur eccentrica”.
 
Da subito Cresti sottolinea uno dei tratti distintivi dell’autore e da questi sempre enunciato, cioè il ruolo fondamentale dell’interprete, tanto da diventare, spesso, co-autore. Questa sarà una costante nell’intero percorso dell’opera bussottiana, difficile da codificare perché “non solo aperta ad accogliere molteplici interpretazioni musicali, negando ogni determinazione strutturalista, ma è […] aperta ai casi della vita […] tramite una lettura esistenzialista. [...] Quindi è lecito parlare di genialità dell’opera più che di genialità dell’artista.” Ecco chiarito il titolo del libro che in questa premessa articola vari spunti che preparano le successive parti del libro.
 
La Parte prima si articola in sette capitoli. Colgo qualche spunto che mi ha colpito in particolare. Il fiorentino Bussotti viene descritto in modo netto da Mario Bortolotto nella citazione dove ne sottolinea la “strabilante sincerità espressiva” pur nelle apparenti contraddizioni, ma con una costante che porta a realizzare l’opera come dinamica e viva, con la sapienza tecnica che deve unirsi alla finalità propria “del come, del cosa e del perché”.
 
“La musica come linguaggio è una burla”, questa enunciazione dello stesso Bussotti è citata da Cresti per spiegare il “carattere enigmatico del dire qualcosa che si intende e al tempo stesso non si intende”, in altre parole il “segreto della pagina bianca e del puro suono”.
 
Passando alle descrizioni del collage, alla “febbre autobiografica”, al “genio fiorentino” che afferma “l’ansia verso il diverso”, nel libro di Cresti
si dipana l’affascinante descrizione di questo mondo personale in evoluzione fino al già citato approdo nel BUSSOTTIOPERABALLET. 

Cresti porta con mano il lettore attraverso questo intreccio “umano troppo umano”, con Bussotti responsabile di un fenomenale ampliamento non solo del concetto di arte, ma della stessa prassi artistica, caratterizzata sempre e in ogni opera dalla “coabitazione delle arti”, nel “rapporto di scambio continuo tra le radici e l’andare avanti […] nel contrasto/legame tra Firenze e il Mondo, l’infanzia e la vita nel suo scorrere, Tono Zancanaro e l’arte futura, l’opera aperta e il BUSSOTTIOPERABALLET, il melodramma e l’andare oltre”.
 
Inevitabile il ricordo del passaggio di Bussotti a Darmstadt dove conosce, frequenta e stupisce, per la personale originalità, i già ben noti Cage, Boulez, Stockhausen, Maderna, Nono e altri ancora, ma sentirà la nostalgia di casa e il rigore dello strutturalismo, con un ironico “O Mathématique sévère” – citazione di Boulez durante i suoi seminari - nell’incipit di Pièces de chair II, guarda caso brano dedicato proprio a Cage!
 
In proposito cito una riflessione dello stesso Bussotti e riportata nel libro di Cresti in merito allo Strutturalismo: “Nelle ultime equazioni operate dalla più illuminata avanguardia, sempre nell’ombra ultralucida della serie, si è giunti a manipolare le Mathématique sévère di sorta che le melodie di calcoli (o calcoli melodiosi) non sono più una speranza messianica ma ginnastica giornaliera”. Da qui si intuisce bene il perché Bussotti abbia fatto sì “studiando” quell’esperienza darmstadtiana, ma liberandosene rapidamente, in quanto al di fuori del proprio mondo interiore.
 
“Un atto continuo di purificazione per mantenere un’innocenza infantile anche da uomini maturi” è un altro spunto che trovo illuminante per segnare ancora una volta il mondo interiore di Bussotti e le scelte artistiche per mantenere vive le pulsioni, le scoperte i segreti dell’infanzia e che gli permette di recuperare la “lingua-non-lingua” dell’origine, che non rimanda a concetti, ma a gesti. È per tale sensazione che ho iniziato queste riflessioni con il Silvanino e il suo violino. Quindi il riferirsi all’infanzia e al gioco, allo stupore che solo il bambino sa provare al “Si gioca e si è giocati”, alla “creatività quale gioco e libertà, quale essere fanciullo ed artista, quale istinto erotico e affezione di vita, il tutto sotto il segno della nudità dell’esistenza”.
 
Molti altri gli spunti colti nel libro di Cresti ma mi è impossibile qui segnalarne oltre un limite.  Senza dubbio da citare quando viene ricordato il momento speciale della nascita della Schola Fiorentina, nei primi anni ’50. È questo il sodalizio - quasi una caratteristica della fiorentinità! - tra alcuni compositori desiderosi di unire e scambiare le personali esperienza, che avevano comunque come fonte gli insegnamenti di Luigi Dallapiccola, in quegli anni nume tutelare della musica del tempo. Così, nel ’54, da un primo nucleo formato da Carlo Prosperi e Alvaro Company si uniscono al sodalizio Arrigo Benvenuti, Bruno Bartolozzi, Reginald Smith Brindle e proprio il nostro Sylvano Bussotti. Questa bella compagnia di intelligenze musicali non avrà lunga durata, né riscontri pratici, ma segnerà una traccia importante nella cultura della Firenze del tempo ed oltre, anche a livello internazionale. Forse anche per tale motivo - cioè la poca attenzione verso le tensioni innovative in fieri e l’impegno artistico di molti artisti che a Firenze vivevamo ed operavano - Bussotti chiamerà la città “la bella addormentata nell’orto”. Ricordiamo però che quell’esperienza portò in seguito a realtà propositive come “Vita Musicale Contemporanea” negli ultimi anni ’50, a “Musica al Rondò di Bacco” nei primi anni ’70, al GAMO degli anni ’80 a “Tempo Reale” e ad altro ancora.
 
La Parte seconda del libro sviluppa e arricchisce le tematiche e gli spunti che ho cercato di cogliere e descrivere prima.

Il passaggio da Silvanino a Sylvano e la maturazione delle idee e dei fatti artistici con la descrizione dell’origine del segno e del gesto, l’influenza dello zio Tono Zancanaro, come avevo prima descritto in avvio, fino a passare alla Parte terza.  Questa entra nel vivo, nella carne e nel sangue delle opere bussottiane e, nel segno di “abitare la creatività”, Cresti racconta e analizza con fine chiarezza e discorsività il fascino e la complicanza di intrecci di La Passion selon Sade e RARA (film), The Rara Requiem, Lorenzaccio. Cioè il cuore del lungo e appassionato lavoro di studio e di espressioni artistiche di Bussotti, fino al parziale ritorno alla scrittura in pentagramma e l’approdo a BUSSOTTIOPERABALLET.
 
La bellezza e la qualità del libro di C. trovano qui un momento materico che trovo eccezionale: alla pag. 207 abbiamo un inserto unico per pregio storico e grafico, il manoscritto in cui B. “racconta l’intuizione e la realizzazione di quel progetto straordinario che è il BUSSOTTIOPERABALLET, contenitore in progress di opere, poi edizioni musicali e Festival a Genazzano, dove Bussotti ha vissuto per anni”.
 
La Parte quarta dal titolo Inventa, sogna, crea libertà racconta il (Dis)ordine alfabetico, gli Anni Novanta, Tieste e le ultime opere.
 
La Parte quinta, intitolata Extra, contiene il racconto e l’intervista su e con Rocco Quaglia, personaggio chiave dell’intera vicenda bussottiana dagli anni ’70 a oggi. Torniamo quindi alla gestualità nell’opera di Bussotti quale elemento costitutivo dello stesso comporre con suono, parola, gesto, segno. I contenuti di questa testimonianza sono davvero utili e stimolanti per una più compiuta lettura del personaggio Bussotti e, come ascoltatori e lettori, dobbiamo essere grati a Rocco per la sensibile, appassionata e continua presenza nella vita reale ed artistica di Sylvano. 
Il libro si conclude in tema con PAS DE DEUX dove in quattro pagine si dipana il “Dialogo tra Monica Benvenuti e Francesco Giomi”, interpreti della musica di Sylvano Bussotti. presente nel cd allegato al libro.
 
Concludo con una sensazione personale. Avendo scritto queste riflessioni fluttuanti da un tema ad un altro - e tanti ce ne sarebbero ancora - ho ritrovato lo stesso interesse e curiosità che avevo provato nella lettura del libro. In altre parole è avvenuto il fenomeno raro di quando si rilegge un libro senza annoiarsi o stancarsi. 

A questo punto non posso fare altro che consigliare a tutti la lettura attenta di queste pagine perché la scorrevolezza di queste si coniuga in perfetta simbiosi con l’acutezza degli argomenti e la passione e competenza dipanate lungo un bellissimo racconto di vita e di arte.
 

 
 



Renzo Cresti - sito ufficiale