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Cd Stefano Scodanibbio, “String Quartets”, Arditti Quartet
Cd Stefano Scodanibbio, “String Quartets”, Arditti Quartet
 
Stefano Scodanibbio (Macerata 1956 - Cuernavaca, Messico, 2012) è stato uno dei contrabbassisti più creativi a livello internazionale. Allievo di Fernando Grillo, dal quale ha appreso, oltre alla tecnica il modo di essere anti-accademico. Per la composizione, ha studiato con Fausto Razzi e Salvatore Sciarrino, di quest’ultimo si nota una qualche influenza nel modo di afferrare il suono e di scrivere.  http://www.renzocresti.com/dettagli.php?quale=11&quale_dettaglio=189
 
Fin da giovane intende il suo strumento non come lo recepisce un esecutore tradizionale ma come il mezzo per stimolare l’inventiva interpretativa e compositiva, riuscendo a trovare soluzioni davvero geniali. Intelligente improvvisatore ha suonato con Terry Riley, Markus Stockhausen e Rohan de Saram. Originalissimo interprete, Scodanibbio ha personalmente sollecitato molte partiture appositamente scritte per il suo strumento. A lungo è stato collaboratore di Luigi Nono e nel Centro di Friburgo ha messo a disposizione il suo ‘arco mobile’[1] che il compositore veneziano ha spesso utilizzato per tutti i suoni (armonici) possibili.
 
Intorno a una tecnica d’arco, un intervallo, una dinamica estrema… ore e ore su rotazioni e rumori d’arco, su passaggi lentissimi dalla tastiera al ponte, su un tritono o un intervallo di quinta, crescendi da pianissimo con 6 p a 4 p a 2 e ritorno… vere e proprie meditazioni ‘materialistiche’ sul suono, a differenza (ma poi tanto?) di quelle ‘metafisiche’ di Scelsi. […] Nacque la tecnica dell’arco mobile che Nono immortalò nella partitura del Prometeo (‘arco mobile à la Stefano Scodanibbio’), scrisse come indicazione agogica per tutti gli archi dell’Isola prima.[2]
 
Fondatore, nel 1983, della Rassegna di Nuova Musica di Macerata,[3] Scodanibbio ha intelligentemente usato questa rassegna per invitare interpreti e compositori dai quali imparare tecniche e nuovi progetti compositivi, infatti, dagli anni Novanta, il poliedrico contrabbassista ha iniziato a comporre musiche ricche di estro, prevalentemente per strumenti ad arco; fra i principali interpreti il Quartetto Arditti, grandi stimatori e amici. Irvin Arditti conobbe Scodanibbio nel 1986, chi scrive lo aveva conosciuto qualche anno prima, collaborando con lui alle prime edizioni della Rassegna maceratese (che all’epoca si svolgeva nella stupenda Abazia di Fiastra) e invitandolo al Festival di musica contemporanea che, all’inizio degli anni Ottanta, organizzavo a Certaldo. Poi tanti altri incontri che ricordo con nostalgia.
 
Il contatto fisico con lo strumento lo aveva preso visceralmente, in un vitalismo che sposava l’energia del rock con la riflessione intellettuale della musica colta, fra questi due poli non esistevano vie di mezzo. Per lui è stato fondamentale l’aderenza corporea, sensuale ed erotica, non solo con il suo strumento ma anche con il suono, la cui vibrazione passa attraverso le viscere, il cuore, il cervello, il pensiero, parti di una personalità che però viene esaltata in maniera duale ossia da una parte il vitalismo ama volgersi verso le forti pulsioni del rock mentre dall’altra la testa è solidale alla cultura formalistica occidentale, ma senza storicismi e intellettualismi, che vengono percepiti come zavorra per una libertà di gesto e di pensiero. In opposizione all’esaltazione del recupero degli stilemi storici e contro la rimembranza e la memoria, Scodanibbio non ama essere condizionato, anche inconsapevolmente, dalle documentazioni degli storici e dalle sentimentali reminiscenze postmoderne.
 
Divina è l’arte del dimenticare diceva Nietzsche, occorre saper scordare come lo scordare le corde del contrabbasso che aprono prospettive sonore nuove. Scodanibbio non aveva timore di esprimere situazioni estreme, anzi, è solo da una gestualità non repressa e senza confini che nascono le eccezionalità ossia ciò che eccede il luogo comune. La tecnica di Scodanibbio, prima solo strumentale poi anche compositiva, è sorprendente ovvero sorprende, sconcerta il concerto/concetto tradizionale per aprire a possibilità future.
 
L’interpretazione degli Arditti è assolutamente conforme a ciò che è stata l’esistenza musicale di Scodanibbio. Scrivere della bravura degli Arditti è pleonastico, dal 1974, anno della loro fondazione a oggi, sono stati un punto di riferimento della musica contemporanea internazionale, eseguendo prime assolute di autori importantissimi come Andriessen, Birtwistle, Britten, Cage, Carter, Denisov, Dufourt, Gubaidulina, Kagel, Kurtag, Lachenmann, Ligeti, Maderna, Nancarrow, Rihm, Scelsi, Sciarrino, Stockhausen, Xenakis e molti altri, incidendo oltre 200 cd! Quello che va sottolineato e che rende unico questo cd è l’aderenza profonda del suono del Quartetto con ciò che pensava e viveva Scodanibbio. Se parlassimo in termini musicologici diremmo la ‘verità storica’ dell’interpretazione ma forse è meglio dire la ‘verità esistenziale’.
 
La prima idea compositiva dello Scodanibbio compositore era sempre intuitiva e legata alla manualità e al suono concreto, poi avveniva l’elaborazione ma sempre a livello viscerale, mettendo in opera una sorta di automatismi fra spontaneità, speculazione cerebrale e memoria involontaria. La ricerca connaturata al gesto è una miccia che fa esplodere ogni porta chiusa e apre nuovi percorsi mentali. Il parametro timbrico non è solo sondato con perizia ma produce delle assolute novità. Scodanibbio è interessato a trasferire le nuove tecniche che ha scoperto in uno strumento su un altro, in una proficua contaminatio alla ricerca del limite polimorfo ed estremo.
 
Alcuni aspetti costituiscono delle costanti, come il persistente uso sincronico delle due corde (delle quali una, ad altezza fissa, in suono armonico e l’altra, in suono reale, che si muove cromaticamente), un preludiare a metà fra l’esercizio e la libera invenzione, l’ossessione della maggiore varietà ritmica possibile dentro un ristrettissimo campo intervallare, la pratica improvvisativa «che mescola perizia e caso, rischio e cliché, artigianato e spensieratezza».[4]
 
Il cd è stato registrato al Teatro Lauro Rossi di Macerata dal 10 al 14 aprile 2016, ora edito da Kairos, Vienna 2022. Le note di copertina comprendono uno scritto di Irvin Arditti e una presentazione dei brani di Mario Gamba, in inglese, tedesco e italiano (stranamente lo scritto di Irvin non viene tradotto in italiano).
 
La sequenza dei quartetti si apre con Visas, un brano del 1987 composto da tre episodi, così intitolati: Al Quartetto Arditti, Alla compagna di viaggio, Vittorio Reta in memoriam, quest’ultimo molto suggestivo e inquieto. Tredici anni dopo Scodanibbio scrive Altri Visas, anche questa composizione è suddivisa in tre episodi: Para Ilegar a la Montego Bay, ‘a Wolfgang Korb’, Au seul souci de voyager, ‘a Fernando Mencherini’, Kennst du das Land? Rispetto alla prima serie questi Altri Visas sono più sicuri nel gesto e nella poetica che vogliono esprimere ossia un’erranza compositiva febbrile. I brani sono spiegati dallo stesso Scodanibbio: «alla fine non si è che all’inizio perché la terra che si credeva di conoscere, forse, è tutta da esplorare».
 
Fra le due serie di Visas s’inserisce il lungo brano Lugare que pasan del 1999, brano che presenta un lirismo nostalgico. «Gli strumenti solisti vengono in primo piano senza mai staccarsi da un ‘comune’ brulicante», scrive Gamba nelle Note di copertina. Interpretazione degli Arditti straordinaria senza meno.
 
In Mas Lugares (su Madrigali di Monteverdi) (2003) sono gli stessi strumenti del quartetto ad archi a suggerire il percorso musicale, le linee melodiche e armoniche, il timbro, esplorando i diversi gradi di aderenza ai madrigali del IV Libro, Io mi son giovinetta, Quel augellin che canta, Che se tu sé ‘l cor mio; l’andamento è sciolto e le linee si piegano sottilmente per creare dolci e tristi melodie, su un tessuto armonico morbido e dal colore variabile. Un suono delicato e dai battiti appena accennati, minimale nel suo lento scorrere avvolge lo svolgimento con dolcezza di madre, fatta di pochi tocchi e da sussurri.
 
Scodanibbio ha lasciato una grande eredità al presente, indubbiamente per ciò che riguarda le tecniche esecutive al contrabbasso, tecniche mai fine a sé stesse ma finalizzate alla scoperta di nuovi suoni e di nuove prospettive compositive che lui stesso ha messo in pratica, aprendo strade nuove, con grande intuito. Questo cd, di un Quartetto così prestigioso, ne è un omaggio assolutamente da ascoltare.
 


[1] Si tratta di un particolare moto rotario dell’arco che, cambiando posizione e pressione, fa scaturire una serie o più serie di armonici. Cfr. Renzo Cresti, Musica presente, tendenze e compositori italiani di oggi, Libreria Musicale Italiana, seconda edizione Lucca 2021.
[2] Stefano Scodanibbio, Non abbastanza per me, Quodlibet, Macerata 2019, pag. 53. Alle pp. 32,33 si legge: «La composizione. Non un atto quotidiano. Porzioni di tempo trascorse, spesso in terre lontane, a scrivere musica liberamente. […] Il primato dell’invenzione sulla tecnica. […] L’esibizione di uno strumento. […] Immaginare altri mondi possibili».
[3]  https://www.rassegnadinuovamusica.com/Rassegna che fu legata al concetto di Rinascimento strumentale, invitando una straordinaria serie di interpreti che stavano mettendo a disposizione dei compositori nuove tecniche e nuove soluzioni; fondamentale fu la consulenza di Fernando Mencherini, cfr. Renzo Cresti, Ragioni e sentimenti, Libreria Musicale Italiana, seconda edizione Lucca 2019, inoltre cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Rassegna_di_Nuova_Musica
[4] Stefano Scodanibbio, Autoanalisi, in Enciclopedia Italiana dei Compositori Contemporanei, a cura di Renzo Cresti, 3 voll. e 10 cd, Napoli 2000, pag. 290.


 




Renzo Cresti - sito ufficiale