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Piero Luigi Zangelmi, il suono blu
Il “suono blu” di Zangelmi
 
 
Con il Maestro ho collaborato per molti anni, prima con l'Associazione spezzina "Musica Futura", poi con la Federazione Italiana Compositori (di cui è stato Presidente), avendo anche l'opportunità di studiare a fondo la sua musica e la sua originale poetica, stilando la Prefazione a un suo libro, Il mio suono blu (Milano 1993). La raffinatezza del tratto gli derivava senz'altro da una squisita educazione sentimentale, che tanto ricorda gli ambienti descritti da Flaubert o da Proust, quel mondo francese fra Otto e Novecento che entrerà anche nella sua musica (con influenze da Fauré a Ravel). I suoi eleganti e psicologicamente aggrovigliati accordi sonori sono lo specchio diretto della sua anima, lo ringrazio per avermeli dissipati. La sua morte è stata una grave perdita per chi crede che la musica debba essere un fatto umano e non solo formale. Una giovane amica, Angelica Ditaranto, ha discusso, nel mese di febbraio 2005, una tesi su di lui (di cui sono stato correlatore).

Gli anni Novanta hanno riscoperto un nuovo incanto del Suono, l'estro e l'inventiva, la musicalità, mentre i decenni passati sono stati gli anni del disincanto, dell'in-canto tradito. Oggi molti compositori scrivono bene, mettono giù le note con tratto impeccabile, that works, che funziona, un tratto insegnato nei vari corsi di creative writing. Manca però, troppo spesso, quella stranezza che introduce ai temi dell'arte, manca un tocco di bizzarria e di magia, di exultatio. Cosa grave è che spesso sono assenti pure i bisogni interiori, quelli sentiti come necessità interna del vissuto, la sola che può vivificare lo stile musicale. Occorre, come fa Zangelmi, andare al di là del professionismo, darlo per scontato, per approdare nelle terre dell'arte, che sono particolari e di confine, dove per doti naturali, per grazia ricevuta, si respira musica!

Zangelmi, torinese, mantiene con la sua città un legame stretto attraverso la concezione del suono francesizzante, ma ha anche contatti con l'ambiente fiorentino, ha infatti insegnato per molti anni al Conservatorio "Cherubini". Il modo di comporre di Zangelmi ha un'origine lontana, già all'età di dodici anni scriveva, per esempio, accordi che si dilatano e si racchiudono, seguendo figurazioni paraboliche, accordi che diverranno tipici della scrittura del Maestro, il quale ha compiuto l'evoluzione tipica dei compositori della sua generazione, ha iniziato facendo apprendistato tonale, avvicinandosi poi a uno stile di tipo bartokiano, per approdare alla dodecafonia che non ha mai applicato in maniera rigida. L'istinto, come lui stesso dice, gli ha indicato stilemi cadenzali essenzialmente basati su successioni cromatiche discendenti, inquadrati in una forma ritrovata, fatta di limpidi contorni, di nettezza delle linee e di disposizioni simmetriche, questa forma, fatta di raffinati equilibri, si fa viatico verso la comunicazione diretta col pubblico. Zangelmi si richiama a sapori tonaleggianti, ma non rigidamente inquadrati nell'impalcatura tradizionale.

L'ascoltatore, quando gli si presenta una testimonianza vera, di un'arte vissuta che si manifesta con semplicità, sa apprezzarla e sa collegarsi con l'opera, allora avviene quel miracolo, così raro ai tempi nostri, dello scambio emozionale dei flussi di energie. L'artista deve concedersi tutto, e non solo con la testa, l'opera non deve parlare solo sul come su com'è realizzata, ma anche del cosa del suo motivo, della sua finalità espressiva. Un'opera ben strutturata, ma senza motivazioni interiori, risulta essere solo un esercizio calligrafico. Il Maestro torinese, come la sua città, guarda alla cultura francese, in un certa misura la signorilità del fare, la raffinatezza della scrittura, la chiarezza del linguaggio derivano dall'elegante clarté degli artisti di Francia, così come il trepido allontanarsi del tempo, le storie interiorizzate, il senso di stupore, a volte velatamene melanconico, provengono dal Crepuscolarismo e costituiscono delle costanti espressive. La memoria e l'inconscio sono le fonti d'ispirazione dalle quali prende vita un embrione sonoro, un suono intuito - ciò che Zangelmi chiamo "il suono blu", dal colore onirico - che costituisce una sorta di DNA della composizione che quel suono fa lievitare e sviluppandosi da' la forma al brano. Gli atteggiamenti espressivi tratti da epoche storiche costituiscono - proustianamente - un modus vivendi, e vengono assimilati e attualizzati attraverso la coscienza vigile del proprio tempo.

Le caratteristiche salienti del linguaggio del Maestro quali l'accordo allargato e sospeso, gli incisi interni, i sapori tonali e i richiami al passato, le progressioni variate e i ritorni a specchio, vengono esaltate dalla metà degli anni Settanta in avanti. Il pianoforte è lo strumento prediletto da Zangelmi, nel quale riscontra la possibilità di realizzare quelle sensazione di spazialità sonora ch'è tipica delle sue risonanze, specialmente quando derivano da agglomerazioni dilatate, infatti l'accordo spaziato è un tratto tipicissimo della scrittura di Zangelmi: l'accordo viene spazializzato per meglio coprire l'ambito sonoro, però assolvere anche a una funzione timbrica, creando quella tipica atmosfera lacustre, dai toni perlacei, che esprime la tenue elegia del mondo sonoro di Zangelmi. Si ascolti il cilco delle sette Sonate o i recenti brani Souvenances de ma vie e Il quaderno di Chiara (entrambi del 1999).

Zangelmi ha continuato a scrivere, realizzando composizioni da camera come Tre liriche da "neppure l'arena" (1996) e Verso il silenzio per pianoforte e quartetto d'archi (1996), molta musica con voce e le opere teatrali Dammi la luna (1995) e Imitazione di una vita (1985-1999) che proseguono con sapienza e delicata partecipazione la linea teatrale inaugurata nel 1971 con I vestiti nuovi dell'imperatore e proseguita poi con Favola (1983), Il castello nero nero (1987) e La soffitta incantata (1991), lavori dove la calibratura delle sonorità si accoppia a un sentimento nostalgico del passato, facendo convivere uno stile asciutto con una profonda allusività. L'orchestrazione è generalmente sottile, ma sa accendersi a momenti di fuoco. L'armonia tonaleggiante crea tensioni agro-dolci che sorreggono un canto intenso a palpitante. Il suono dall’onirico color blu si sposa con la passionalità del rosso, rimanendo però sempre all’interno di un’eleganza e di una misura che rimangono i tratti tipici della musica di un grande compositore che meriterebbe ben altra considerazione in ambito nazionale.
 


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Renzo Cresti - sito ufficiale