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Sylvano Bussotti, un omaggio critico, con immagini di partiture e costumi di scena
Un omaggio critico, scritto per i 70 anni
 


Sylvano Bussotti (Firenze 1931) conserva, malgrado il suo girovagare nel mondo, malgrado la sua attività internazionale, un tratto di fiorentinità che - immediatamente - me lo rendo vicino e simpatico: è quell'essere fiorentino immerso nella vera cultura della città, quella che dalla culla dell'Umanesimo arriva ai cervelli più fini e alle sensibilità più profonde di oggi. Noto in tutto il mondo, anche per le sue numerose regie di Opere liriche, Bussotti è uomo di spettacolo, ama esibirsi in costumi originali, ma è - contemporaneamente - animo gentile e perfino crepuscolare: intimismo fatto spettacolo (come in Puccini, altro toscano!) o, se si preferisce (i due aspetti sono reversibili) spettacolo reso con intimismo. In ogni caso Bussotti è un unicum!

Quando ero un ragazzo e frequentavo i concerti fiorentini vedevo quella strana figura, di strani colori e fogge vestita, con un certo stupore mi pareva che vivesse costantemente sul palcoscenico e, non lo nascondo, mi dava fastidio il suo parlare sempre di se stesso, ovviamente con un'auto-ammirazione un po' infantile. Aspetti istrionici e magniloquenti si ritrovano anche nella sua musica e nei suoi scritti (con il vezzo di scrivere con un vocabolario arcaico vagamente poetico), sono elementi personali che si mischiano con bravura, finezza, fantasia, affabilità, eleganza un po' kitsch e qualche colpo di genialità con altri aspetti più essenziali, fini, raffinati.

Bussotti ama morbosamente raccontarsi, ascoltiamolo: "Conobbi le scene come autore-attore abbastanza giovine. Le musiche cantate a voce nuda con l'accompagnamento di flauto e chitarre, manoscritte da me; le scene dipinte da mio fratello Renzo; i costumi cuciti da mia madre. /.../ Il teatro della mia città mi avrebbe insegnato tutto sin da principio così come gli studi al Conservatorio sarebbero presto apparsi in tutta la loro insufficienza. /.../ La prolungata esperienza parigina significò studiare con Max Deutsch, toccando alfine con mano le cruciali esperienze direttamente derivate dalla Scuola di Vienna; conoscere Heinz-Klaus Metzger, che di lì a poco mi avrebbe condotto a Darmstadt, e Pierre Boulez, allora virulento protagonista di roventi polemiche. /.../ Fu Paolo Grassi ad accogliere per primo con astuto entusiasmo l'insegna Bussottioperaballet (B.O.B.) sotto la quale volli riprensetare ogni mia creatura scenica. /.../ Parallelamente a quei titoli personali mi occorrerà d'inscenare un vasto repertorio d'opere e balli del passato e soprattutto con Puccini". (1)
 
Quella di Sylvano Bussotti è figura del tutto originale nel panorama della musica contemporanea, ma l’ambiente musicale va stretto a una personalità multiforme come quella di Bussotti, che percorre molteplici strade della cultura e dell’arte, sempre con un atteggiamento eccentrico, che si pone cioè non nel centro istituzionalizzato del sapere, ma lo affronta con pensieri e gesti personalissimi, mettendo in opera un’ermeneutica dell’arte che eccede l’interpretazione corrente (si tratti della serialità o dell’aleatorietà o della concezione teatrale o d’altro), per intraprendere strade singolari, che non hanno riscontro in nessun altro musicista, né italiano né straniero, né degli anni passati né di quelli recenti. Da qualche tempo, il Maestro ha riscoperto una sorta di classicità, del resto sempre presente nella sua produzione, non si tratta di un neo-classicismo patinato, come avviene per molti musicisti vicini al post-Modern, ma di un'esigenza di plasticità e di un desiderio di conferire all'arte un senso auratico e rituale. L'eccentricità del gesto salvaguardia, comunque, dal rigor mortis di ogni neo-accademismo.
 
Bussotti è pittore e disegnatore di origini eccelse, virtuoso di ornati neo liberty, costumista, regista, organizzatore culturale, scrittore, didatta, oltreché – naturalmente – compositore abilissimo e dal gusto raffinato. Nel 2001 ha compiuto 70 anni, essendo nato a Firenze, il 1 Ottobre 1931, città dove recepisce, fin da piccolo, un’educazione alla pittura, lo zio Antonio Zancanaro (1906-1985) e il fratello Renzo lo indirizzano verso uno stile che poi sarà il suo, stile formato da un’immaginazione fertile sino all’esuberanza, modellato su una duttilità e fluenza della linea che si propaga per dilatazione continua ed elegantissima. L’atipicità dell’immagine di Zancanaro tocca toni che vanno dal grottesco al sublime, con valenze ora dionisiache ora apollinee, come nel ciclo del “Gibbo”, iniziato nel 1937 e realizzato dopo la frequentazione dell’ambiente universitario padovano e degli antifascisti legati a Curiel, Luccini e Braun.
 
Seguirà il ciclo della “Levana” realizzato nel 1947-48, anni d’importanza fondamentale per l’educazione del giovane Bussotti che questo ambiente, non solo artistico, ma anche d’impegno etico e politico, assorbe profondamente, tanto che queste parole del critico d’arte Nicola Miceli, su Zancanaro, potremmo farle calzare a pennello anche per la scrittura musicale e la poetica di Bussotti: “l’elemento filiforme di congiunzione panica tra l’ambiente e le creature, divenendo ora onda ora chioma, spirale e ninfea, segnale di transitività tra una condizione e l’altra dell’esistenza, tra una forma e l’altra di vita nella natura. Sarà il simbolo di quell’ambiguità ermafrodita cui è affidato il compito di rappresentare la continuità tra il reale e l’immaginario. Nel segno dell’edonismo erotico dell’arte” (dal Catalogo della Donazione Zancanaro a Villa Pacchiani).
 
Il giovane Bussotti partecipa alla vita musicale fiorentina, avvicinandosi a Roberto Lupi e a Luigi Dallapiccola. Pochi anni dopo, nel 1954, partecipa alla fondazione di un’associazione di musicisti, di un gruppo che si forma con l’unico intento di conoscere e approfondire la musica del proprio tempo: tale congrega artistica prende il nome di “Schola fiorentina” e comprende, oltre al giovane Bussotti, Prosperi, Bartolozzi, Benvenuti, Smith-Brindle e Company.
 
Bussotti si sposta poi a Parigi, dove conosce Max Deutsch, del quale segue la famosa classe di Analisi musicale. Sempre in Francia conosce Boulez, ammiratissimo, mentre il musicologo Metzger lo conduce in Germania a incontrarvi Stockhausen e soprattutto Cage. Di quest'ultimo, Bussotti sembra essere il vero e unico erede italiano, avendone saputo cogliere il messaggio rivoluzionario e positivo (mentre altri musicisti lo hanno volto seguendo i canoni della negatività adorniana). Con una nuova consapevolezza linguistica e culturale, all’età di 27 anni, Bussotti inizia davvero a scrivere, infatti il suo Catalogo ufficiale viene fatto partire dal 1958.

C’è in Bussotti un Eros barocco, un’eccitazione che copre l’orror vacui, presente fin dalla frenesia grafica della pagina. Col procedimento delle (auto)citazioni e degli innesti, che riprende l'idea adorniana del frammento ininterrotto, Bussotti crea dei tableax vivants all’interno dei quali coesistono personaggi ed eventi inquadrati in una sovratemporalità mitica, realizzando una sorta di spirale dove si compenetrano volti e caratteri simbolici, in una sorta di furiosa proiezione della trionfale festa barocca.
 
Intanto Tono inizia a collaborare alle messe in scena di Bussotti (si veda lo splendido libro Moda e Musica per i tipi della Idea Libro di Milano). Per i 70 anni di Zancanaro, Bussotti scrive Autotono, sette fogli da lui disegnati e dallo zio ulteriormente elaborati, per la realizzazione finale di fascinosi quadri grafici da galleria e da concerto. Alla Scala, all’epoca di Paolo Grassi, nasce nel 1976, la sigla BUSOTTIOPERABALLETT: “una parola del tutto inventata, composita (un cognome che introduce, personalizzandolo; il richiamo a due grossi generi di spettacolo con musica) / …/ frivola e oscura, di utilità mediata e ambigua” (da I miei teatri, Palermo 1982). Si tratta di una sigla-contenitore, scritta in maiuscolo, con l’indicazione di “ballett” alla francese, è un work in progress che muta col tempo, alimentandosi e arricchendosi sempre con nuovi elementi.
  
I 70 anni sono una buona occasione per stilare un primo consuntivo che si può ben dire, al di là del curriculum artistico strepitoso che fa di Bussotti uno dei compositori italiani più eseguiti al mondo, sia assolutamente eccezionale, proprio nell’accezione del termine, ossia che fa eccezione rispetto a quanto gli altri musicisti hanno realizzato negli ultimi 50 anni di storia musicale. In questa eccezione sta non solo la singolarità dell’operare e dell’opera, ma anche l’aver saputo presentare all’ambiente musicale e culturale internazionale un tratto stilistico nuovo, un gesto eccentrico di cui oggi, in epoca di piatta globalizzazione, ne possiamo valutare ancor meglio il valore e la portata (storica). Il gesto eccentrico di Bussotti, perché si sintonizza sui reali bisogni del pensare e fare arte oggi, alla fin fine potrebbe essere il più naturale e sincero dei gesti. Per averci indicato che esistono possibilità ulteriori, di scrittura e di vita (di come scrivere (sul)la vita e di come vitalizzare la scrittura), per averci donato il suo scrigno pieno di suoni e gesti preziosi, è per noi doveroso rendere, con questo scritto, un piccolo omaggio ai 70 anni di un artista unico.



NOTE
1) Sylvano Bussotti, I miei teatri, un profilo autocritico, in "Civiltà musicale", anno 4 n. 2, Milano giugno 1990, pp. 27 e seg.
 
 

Dalla Rivista "Il Grandevetro" (2001) e dal Catalogo dell'Associazione culturale "Tempo reale" (Merano) per i 70 anni del Maestro.



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Fogli d'album per pianoforte

La rivista trimestrale La musica, edita dalla EDIPAN, è l'unica rivista di musica contemporanea in Italia e questo è già un merito straordinario /.../ Inoltre la rivista offre un cd, in questo caso si tratta dell'incisione della raccolta dei Fogli d'album di Sylvano Bussotti, pezzi scritti dal 1970 al 1984. In fondo tutta la produzione artistica di Bussotti è una specie di foglio d'album ingigantito, nel senso che è rimenbranza, rammemorazione continua, evocazione dei più sottili ricordi, fra sogni, battaglie e visioni.

La pagina bussottiana è ricca di annotazioni umorali, sullo stile del diario, è una sorta di autobiografia topografica/sonora, visuale/uditiva, mimico/gestuale, dove un elemento minuto può costituire il centro dell'opera. E' memoria imperitura e glorificata, solo appena velata dalla malinconia del tempo che passa e va.

Tale poetica sembra vicina al mondo espressivo di Ciaikowskij o a quello di Puccini, mentre il modo di lavorare si avvicina a quello del giovane Rossini o ai compositori settecenteschi, per quella ri-utilizzazione degli stessi aspetti musicali che poi, una volta dis-posti in un contesto diverso, perdono la loro identità originaria e ne acquistano di nuove. I Fogli d'album sono appunto una variazione continua sia degli aspetti che concernono il vissuto sia per quelli tecnici.

13 sono i brani e comune a tutti è il tratto estemporaneo, un'istantaneità di concezione/esecuzione che va a riscoprire l'incanto del suono nascente, che attende all'istante irripetibile, al possibile che si fa necessità.

Platone faceva nascere la filosofia dallo stupore e proprio dalla meraviglia, fulminea e sbigottita, sembrano nascere queste pagine, in una scrittura improvvisativa che segue pensieri subitanei. Il suono nasce come il sole all'alba.

Il suono si riconosce attraverso un tessuto di suoni armonici e si meraviglia dell'esserci.

Le reti di armonici,ora dense ora flebili, sono rese con una sensibilità musicale fascinosa e rituale da un Bussotti pianista eccezionale nella qualità del tocco.



Da Renzo Cresti, recensione al cd di Sylvano Bussotti, Fogli d'album, EDIPAN LM 88/1, in rivista "Piano time" n. 78, Roma settembre 1979.



http://www.sylvanobussotti.org/



http://www.orfeonellarete.it/archivio/ricerca.php



A Gaetano Giani Luporini






Renzo Cresti - sito ufficiale