Armando Gentilucci, con un suo scritto
Dall'impegno politico al teatro dell'interioritàHo conosciuto Armando Gentilucci ai primi anni Ottanta, ai Corsi del G.A.M.O. di Firenze, lui teneva il Corso di Composizione ed io di Storia ed estetica della musica del Novecento, ci siamo poi incontrati altre volte e la frequentazione era sempre ricca di stimoli sulla musica, sulla sua funzione all'interno della società e per l'uomo. La prematura scomparsa lascia un triste vuoto, non solo per la musica, ma anche per l'esempio umano che Gentilucci, col suo percorso intellettuale, aveva saputo donarci.
Nasce a Lecce nel 1939 muore a Milano nel 1989. Prima insegnante nei Conservatori, dal 1970 alla morte è Direttore dell'Istituto musicale di Reggio Emilia. Attivo anche come saggista.
Negli anni Sessanta è legato al clan milanese-emiliano della musique engagé, sotto l'egida dell'ideologo Luigi Pestalozza, un'ideologia che tanto male ha fatto all'allora musica contemporanea tenendola prigioniera del rispecchiamento diretto fra musica e società, fra espressione artistica e politica, sotto l'influenza nefasta del realismo socialista proveniente dall'U.R.S.S., un'impostazione paradossalmente assai vicina anche a quella del fascismo (paradossalmente ma non tanto visto l'uso che dell'arte ne fanno tutte le dittature). All'interno dell'Istitutot "Peri", Gentilucci dette ospitalità alla Rivista "Musica/Realtà" la quale, fin dal titolo, non pone filtri soggettivi, linguisitici e inventivi fra la musica e la realtà, come se la musica altro non fosse che un pezzo della quotidianità e che le problematiche giornaliere fossero l'unico orizzonte dell'arte. Il furor politico prese omuncoli protetti dalla Casa Editrice Ricordi ma coinvolse anche personalità di primo piano come quella di Luigi Nono. Gentilucci vi rimase invischiato fino alla metà degli anni Settanta, scrivendo opere-manifesto oggi invero inascoltabili, poi le menti con antenne più sensibili iniziarono a vedere l'arte sotto un punto di vista più liberamente creativo (qualcuno dovette aspettare il crollo del Muro di Berlino, a qualcun altro non è bastato nemmeno quello).
Una visione popolare della musica ossia un'operare che si rifà a tematiche provenienti dalla musica, dalla cultura e dalla civiltà popolare è quella di Mario Cesa che si distacca dall'impostazione ideologica di Gentilucci per non affontare indirizzi astratti di linee politiche ma per scavare nel profondo dei sogni e bisogni di una collettività riprendendoli in strutture aperte e fortemente comunicative.
Gentilucci, nella sua prima fase produttiva, scrive musica impegnata ideologicamente (Cile '73), riprendendo il modello di poesia sociale di Quasimodo, ma dopo un inizio materico, con opere ricche di citazioni assemblate secondo la tecnica del montaggio (Come qualcosa palpita sul fondo, 1973), la sua scrittura diventa via via più duttile e flessuosa, capace di grandi finezze sonore e perfino di momenti cantabili. L'espressività della voce umana lo affascina sempre più, voce intesa anche come veicolo di narrazione.
Gentilucci riesce a costruire dei processi coerenti, privi di rigidezza, arricchiti da una suggestiva trama di arabeschi strumentali (come in Ramo di foglia verde), spesso con un tocco di senso panico e dell'incanto antico ritrovato (come in Flashback). Il senso della forma non viene mai meno, anche se il costrutto si fa spesso leggero, realizzato da sottili giochi timbrici (come in Critografia). Nel decennio 1979-89 Gentilucci scrive ben 57 composizioni, dimostrando un'urgenza espressiva profonda. Il rapporto col testo, l'uso della metafora, il procedere della musica ad onde (ossia il crescere e decrescere di tensioni), il ricorso alla memoria (musicale) storica sono alcuni tratti distintivi dello stile dell'ultimo Gentilucci.
Dimostrazione della sua ampia visione culturale è l'Opera Moby Dick (1988), su libretto proprio ricavato ovviamente da Melville, si tratta di un lavoro aperto non solo musicalmente, ma anche in senso psicologico, nel quale la narratività si raccoglie in un teatro dell'interiorità.
Fra le composizioni più significative, oltre le citate, sono da ricordare: Canti di Majakovskij (1970), Il tempo sullo sfondo (1979), Voci dal silenzio (1981), Le clessidre di Durer (1985), Lo scrigno dei suoni (1989).
E' da ricordare la sua sostanziosa attività musicologica, quella di insegnante, di Direttore dell'Istituto "Peri" e di organizzatore, ovvero di un musicista a tutto tondo e militante (negli ultimi anni nel senso migliore del termine ossia non legato a un'ideologia ma sveglio sulle problematiche civili).
Da Enciclopedia Italiana dei Compositori Contemporanei, a cura di Renzo Cresti, III voll., 10 cd, Pagano, Napoli 1999-2000.
Ad Arduino Gottardo
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Oltre il mare aperto, autoanalisi di Armando Gentilucci
"Sebbene sappiamo quel che sarebbe davvero bello e gradito essere, pure non riusciamo ad esserlo. La vita è come un lungo stretto di Dardanelli, con le rive ricoperte di quei fiori luminosi che noi piantiamo per coglierli; però le rive sono troppo alte così andiamo alla deriva sperando in un approdo e siamo spinti invece in mare aperto. Eppure non dobbiamo disperare, perché oltre il mare aperto che sembra deserto e desolato, si estendono la Persia e le deliziose terre di Damasco".
Queste sono le parole di Oltre il mare aperto, desunte da una lettera privata di Herman Melville a Sophia Amelia Hawthorne del 1852, esse rivelano i complessi e, al tempo stesso, adamantini caratteri utopici del grande scrittore americano: la coscienza delle difficoltà della vita e l'impulso ad andare sempre oltre, nella speranza di una possibile 'via di Damasco'.
La scommessa per me, in questa composizione, sta nell'aver scelto parole moderne che una voce di soprano intona intrecciandosi con tre strumenti rinascimentali: blockflote, viola rinascimentale, trombone rinascimentale. Tutto ciò senza concessioni all'arcaico o comunque a modi musicali ammiccanti e storicizzati.
Solo interessa qui il suono particolare degli strumenti antichi, il loro fascino remoto, la loro intonazione talora oscillante in un continuo gioco di linee che può liberamente rievocare, ben inteso in termini attuali, una sorta di arioso polifonico. Oltre il mare aperto è stato scritto nell'aprile del 1989, espressamente per il festival Maderna, è dedicato all'intelligenza inquieta di Mario Messinis.
Nel programma di sala della Rassegna Dialogo con Maderna, RAI, Milano 1989.
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A Cura di Agenda sono stati pubblicati due compact-disc dello stupendo violinista Enzo Porta, uno dedicato interamente a Gentilucci, mentre nell'altro vi è il brano del 1973 ...Come qualcosa palpita nel fondo... di cui lo stesso Gentilucci scrive, a proposito delle sue musiche degli anni Settanta: "Musiche che vanno inquadrate in un periodo del mio fare compositivo nel quale perseguivo esasperatamente una gestualità votata, vistosamente, all'impuro; anche in un mio pezzo di quegli anni (Studi per un Dies Irae, 1972), il collage di materiali musicali preesistenti e citati è spinto a consequenze estreme. Alla base di operazioni compositive come quelle praticate nel periodo 1971-74, era una presenza ideologica che rischiava di essere perfino prevaricante: ciò che non accade nelle mie composizioni più recenti (Mensuriale, Molteplice, Il tempo sullo sfondo), ove si ritrova un ascolto assai più puntuale e interno alla natura stessa del materiale scelto.
In ...Come qualcosa palpita nel fondo... la tematica esplicita è inerente all'inquietudine e alla tensione, ai fermenti che serpeggiano attorno a noi. Voci che parlano, bisbigliano, materiali bruti, un canto partigiano: di questo si sostanzia il nastro, che ingloba come in un montaggio di materiali essenziali e informativi solcati e commentati dal violino, orientato verso procedimenti intervallari e gesti di marca espressionistica. Nel finale appare la lettura del testamento spirituale di Zwaiter Abdel, nel quale si parla di tutte le cose vicine e lontane 'nascostamente legate da una forza immortale'. Il violino solo termina dipanando una matassa sonora basata sulla trasformazione di una cellula del canto precedentemente citato."
Nel cd monografico, Enzo Porta è in compagnia del pianista Adriano Ambrosini che esegue Dal suono al suono, Musica riservata (entrambi del 1977) e Il rifrangersi di un'ombra (1975); Porta riesegue ...Come qualcosa palpita nel fondo... e Melodia per il compleanno dell'amico Paolo Gandolfi (1989); il duo propone Recitativo e Furioso (1975), Lieve suonò la notte (1979), Una traccia sommessamente (1982). Esecuzioni come si deve, impeccabili, partecipando anche al mutato clima espressivo che avviene alla fine degli anni Settanta, scrive Porta: "La rinnovata attenzione al suono e le indagine raffinate compiute da tanti autori appartenenti al plurilinguismo non siano estranee a questa mutazione, in cui il maestro si evolve peraltro in modo personalissimo. Sul versante compositivo egli attua una sorta di proliferazione dei suoni partendo da un densissimo campo armonico generatore, mentre sul versante del suono la cantabilità si risolve a mezze tinte." Perfetto, complimenti anche per le acute note di copertina.
http://www.municipio.re.it/peri_biblioteca/paginenuove/armando_gentilucci.html