Il Jazz a Lucca e il Festival Anfiteatro Jazz
Dalla Prefazione al libro di Rudy Rabassini, Piccola storia del jazz a Lucca, Maria Pacini Fazzi, Lucca 2007.Testimonianza di una Storia maggiore
Rudy Rabassini si firma “un Geometra e la sua Famiglia con la passione della musica”, una modestia che gli fa onore, in mezzo a tanti megalomani arroganti, un profilo basso che Rabassini tiene per tutto il suo scritto, che non è affatto uno scritto “modesto” ma ricco di testimonianze, una fotografia del jazz ch’è passato dal glorioso Hot Club lucchese, dal 1947 a oggi. Siccome nel 1947 i Jazz Club, in tutta Italia, erano pochissimi e quasi tutti in grandi Città (Milano, Roma, Genova e poche altre) quella del jazz a Lucca non è affatto una “piccola storia” – come dice il titolo voluto con umiltà da Rabassini – ma è Storia maggiore non solo ovviamente per Lucca e la Toscana ma per l’Italia e perfino per l’ambito internazionale.
Vi è in questo racconto di Rabassini una straordinaria capacità di suscitare emozioni e la semplicità con cui si pone deriva, oltre ché dall’eleganza e dalla riservatezza dell’uomo, dal fatto che non si sente un “musicologo” ma un “ragioniere”, scontrandosi con l’algido atteggiamento della musicologia accademica che vede l’emotività e le commozioni come apparenze vaporose e incerte, da tenere fuori dalla rigorosa analisi tecnico-formale, come se l’opera d’arte fosse un mero prodotto di equilibri formali e di accorgimenti tecnici, senza vita, ma la razionalità dell’analisi non può solamente sezionare il lavoro in questione, in un rigor mortis accademico che ne fa perdere la ragion d’essere, il perché è nato e il suo contesto sociale e culturale. D’altra parte un’opera d’arte è tale per il suo quid espressivo assolutamente originale non certo per i procedimenti strettamente tecnici, la tecnica è condizione necessaria ma non sufficiente a creare l’opera d’arte, la quale deve vibrare di vita vissuta, provocare eccitazioni e batticuori, da questa angolatura la Storia che ci racconta Rabassini è davvero eccezionale. Come scrive Vittorio Barsotti, “Rudy, raccontando di se e di suo padre, appassionato di jazz, ha fatto la storia del suo tempo giovanile ed insieme quella di altri giovani come lui che vivevano nella loro città di allora”.
Che l’(auto)biografia sia una delle chiavi di lettura del fenomeno artistico non è solo una prospettiva romantica, ma è angolatura decisiva per leggere il contesto e il testo, come dimostrano le pagine che seguono, come questa: “fin da piccolo mi ricordo bene che mio padre mi conduceva nel Cortile degli Svizzeri, dove venivano eseguiti i concerti /…/ nella mia piccola mente, dopo l’ascolto del brano, mi rimaneva impresso il sound degli ottoni e cedo che questa sensazione mi abbia, in seguito, condizionato a preferire in generale ed in alcuni momenti l’ascolto di una big-band”, in poche righe non c’è solo il ricordo del padre, ma l’informazione sui concerti nel Cortile degli Svizzeri, il sound degli ottoni che ci dice che i concerti erano prevalentemente bandistici e che ci spiega alcune preferenze del Rabassini amante del jazz.
Meglio della musica colta, il jazz ha saputo tematizzare il tema della comunicazione. Chi frequenta, anche sporadicamente, l’ambiente jazzistico sa bene quanta capacità di coinvolgimento questa musica possiede, tanto da prestarsi, con nonchalance, a esibirsi in ogni tipo di locale, cosa che se fatta con sciatteria può risultare negativa ma se svolta, come accade quasi sempre, con impegno e voglia di far festa, è cosa meravigliosa che appartiene solo al jazz. Le note del jazz sono festose ma possono essere anche drammatiche, come quelle del grande jazz del dopoguerra nato, più o meno esplicitamente, con le stigmate della sofferenza e della ribellione contro l'arte ridotta a merce. Gli anni Sessanta e Settanta sono stati poi gli anni del pensiero critico e del jazz sperimentale; le pratiche delle Avanguardie hanno però descritto questa situazione con un atteggiamento sacrificale del linguaggio, mimando con un fare artistico e nevrotico la nevrosi dell'uomo moderno: è una risposta coerente e di grande forza morale che merita rispetto, ma se lo scopo non è solo quello della denunzia, ma anche quello della risposta, allora le ricerche delle Avanguardie hanno offerto responsi negativi oppure astratti e settoriali, in quanto difficilmente comprensibili perfino dagli specialisti. L'artista deve essere, in qualche modo, anche un educatore e il suo atto deve essere un atto responsabile di fronte agli uomini e non solo agli addetti ai lavori. Il Postmodern ha quasi rovesciato la severità del free jazz insistendo, anche troppo, sulla piacevolezza e sul business. Al di là dei mega festival mangiasoldi che puntano all'"evento", di un effimero che “fa immagine” come si dice oggi, occorre elaborare progetti di ampia gettata (indubbiamente l'AMJ dovrebbe essere più incisiva). Può darsi che la dimensione della piccola realtà come Lucca abbia giovato a temperare prima gli eccessi avanguardistici poi quelli troppo gradevoli e commerciali. L’intelligenza e la sensibilità di coloro che hanno creato il Circolo del jazz hanno saputo mediare fra proposte diverse, eliminando le punte estreme; sicuramente la cultura umanistica della città ha influito fortemente e positivamente nel mantenere un equilibrio che la storia raccontata da Rabassini testimonia, con grande passione, serietà e sobrietà.
Che il jazz a Lucca si fosse radicato di più e meglio che altrove si sapeva ma un’accurata documentazione mancava, questa che ha steso Rudy Rabassini non solo copre un’esigenza di informazione ma è anche un testimonianza viva di colui che ha fatto la storia del jazz lucchese. Vicenda iniziata con le prime esibizioni in famiglia, la batteria autocostruita, il primo apparecchio radio dal quale ascoltare Radio Parigi; proseguita con gli studi di pianoforte, le prime orchestrine, i fratelli e gli amici come Franco Calabrese e Antonello Vannucchi; vicenda approdata, subito dopo la seconda guerra mondiale, in un percorso ininterrotto, alla costituzione di vari ensemble, come “Raby jazz”, “R6” e “R8”, allo “Swing Club Lucca” e alle trasmissioni fatte in Piazza San Michele; infine alla costituzione dell’Hot Club (il 24 luglio del 1947) con le manifestazioni ad esso collegate (come la grande Orchestra di Dino Olivieri con il giovanissimo Giorgio Gaslini al pianoforte), la prima Jam session a Lucca e gli anni di pausa (dal 1950 al 1953); la ricostituzione dell’Hot Club il 2 gennaio del 1954 e il suo tramutarsi alla fine dello stesso anno nel Circolo del Jazz di Lucca.
La documentazione dei fatti del Circolo del jazz è accuratissima, si vede che Rabassini ha conservato tutto, nella memoria come nell’archivio di casa. Dal 1964 al 1977 seguono anni di silenzio, interrotti dalla nuova volontà di ricostruzione di amanti spassionati del jazz quali Paolo Benvenuti (alla cui memoria va un mio ricordo), Francesco Carignani, Ugo Frezza, Franco Matteoli, Marcello Pagliai, Carlo Andrea Giorgetti (amico che purtroppo ha preferito altri lidi), Adalberto Lenci e ovviamente Rudy Rabassini, i quali organizzano concerti fino al 1982, quando una terza interruzione fa fermare la loro attività. All’inizio del 1998 però si forma un’Associazione pro-ricostituendo Circolo del jazz che – fra eventi alterni – giunge fino ai giorni nostri, quando, dopo lo straordinario festival “Anfiteatro jazz”, questo genere musicale viene proposto dal Nuovo Circolo del jazz (costituitosi nel 2004), con la rassegna “Jazz donna” ed è entrato anche nel tempio della musica classica, l’Istituto Superiore di Studi Musicali “Luigi Boccherini” dove esistono tre Corsi di jazz molto frequentati e dove Andrea Tofanelli, trombettista sublime, ha costituito una Big Band molto apprezzata. Questo aspetto va sottolineato perché, ahimè, c’è ancora – come dicevamo prima - una certa diffidenza del mondo accademico nei confronti del jazz. E’ mia intenzione creare un vero è proprio Dipartimento jazzistico all’Istituto. Non va dimenticata anche l’attività di Barga Jazz, con l’infaticabile Giancarlo Rizzardi, trent'anni e oltre di buon jazz che ha contribuito a fare della Provincia di Lucca una delle zone privilegiate per il jazz italiano.
Dal 1994 al 1998 sono stato Consulente musicale del Teatro del Giglio di Lucca per il quale ho organizzato concerti in Teatro e nelle belle piazze cittadine, proponendo musica di tutti i tipi perché sono convinto che la vera discriminante è la qualità e non il cosiddetto “genere”. Inoltre ho diretto il Festival internazionale Anfiteatro Jazz, dove, in 4 anni, sono passati nomi internazionali, come Petrucciani, Waldron, Konitz e molti altri, e dove ha suonato tutto il meglio del jazz italiano, compresi i musicisti emergenti toscani. Rabassini riporta sinteticamente l’elenco degli avvenimenti. Sia prima di questa esperienza sia oggi ho seguito e continuo a seguire il mondo del jazz (io stesso, anni addietro, ho suonato qualcosa). Amico di Giorgio Gaslini ho altri amici, se non così importanti senz'altro altrettanto amati (come il collega di Siena Daniele Fusi) che mi fanno partecipe all'attualità del jazz italiano, molti di questi amici appartengono al mondo jazzistico lucchese, come il caro Giangi Zucchini.
Leggendo questo avvolgente libro di Rabassini (e in particolare le pagine su Chet Baker) mi viene da pormi una domanda: qual è il ruolo della musica jazz nell'attuale epoca della globalizzazione? Quello di far cooperare i vari linguaggi, in modo che ognuno si apra all'accoglienza dell'altro, divenendo il viatico al dialogo fra uomini di culture differenti. Il jazz, e soltanto il jazz ch'è nato bastardo, è la sola musica che ha fatto proprie queste tematiche e che ha capito che per tradurre la materia sonora in senso occorre aprire i linguaggi alla trasversalità, così facendo il musicista diventa un vero viandante, colui che abita il mondo: è l'ethos del pellegrinaggio, in fondo un ethos ch'è l'essenza stessa della vita del jazz e che oggi più di ieri diviene imprescindibile. La musica del nuovo millennio ha una sfida davanti a sé, quella di dover diventare un polo di connessione fra culture, ciò che il jazz, e insisto solo il jazz, ha sempre tentato. L'arte è più libera di altre manifestazioni legate ai processi economici, deve sfruttare questa sua (parziale) indipendenza per diventare un modello e(ste)tico di co-esistenza con l'altro e per far questo deve compiere un gesto di pace, contraendo l'estetica in etica. La pace = pactum è un medio, un ponte che connette gli opposti, l'una cultura all'altra, realizzando un'opera solidale e partecipe ai fatti del mondo. Le culture diverse si connettono fra loro perché all'una manca la verità dell'altra, ma proprio in questa mancanza occorre riconoscere ciò che le accomuna. Osservando i numerosissimi musicisti che hanno suonato a Lucca, tutte queste riflessioni trovano conferme: essi hanno messo in pratica, fin dal dopoguerra, e dunque anticipando il pensiero contemporaneo, quella sintesi di musiche e culture oggi così esplicita. La discoteca di Rabassini sembra un esempio sonoro di tutto questo perché va “dall’opera omnia per organo di Bach a tutti i concerti alla Carnegie Hall a New York di Duke Ellington, dalle Sonate per pianoforte di Mozart a Bill Evans, dalle Sinfonie di Beethoven alla nutrita collezione su John Coltrane, da Boccherini a Gaslini, dalle marce militari a Caount Basie, da tutte le Opere liriche di Verdi a Miles Davis, da Erik Satie a Lou Watters, dai Canti gregoriani ai Blues, dalla canzone italiana a Frank Sinatra, da Wagner a Stan Keaton, da Puccini a Brad Mehldau, da Berio a Bestie Smith e Billie Holiday…”, più accoglienza e trasversalità di così!
“Dialogando s'impara”, diceva un vecchio titolo di un’inchiesta promossa dalla Rivista Musica jazz, ma chi dialoga veramente? Molti fanno finta, generosi solo a parole, quando occorrerebbe una reale accoglienza e partecipazione negli operatori culturali e nei politici, nei critici e nei musicisti. Oserei dire che, da questo punto di vista, Rabassini costituisce davvero un esempio, per tutti. Solo se questo dialogo si realizzerà potremmo sperare nella realizzazione di una nuova musica totale. Gaslini docet e Rabassini, con questa sua importante e commovente testimonianza ha contribuito non poco e non solo per la cultura a Lucca ad abbattere steccati fra i cosiddetti “generi” e ad aprire un mondo di suoni per tutti. Grazie Rudy.
Anfiteatro Jazz
Dal 1994 al 1998 sono stato Consulente musicale del Teatro del Giglio, organizzando quelli che sono stati i primi concerti all'aperto in città, nelle piazze cittadine, con una nutrita serie di iniziative denominate La Città in festa (concerti principalmente in piazza san Michele sotto le logge di Plazzo Pretorio e in piazza Cittadella, sotto la statua dedicata a Puccini); per 4 anni si è svolto, in piazza Anfiteatro, il Festival Internazionale Anfiteatro Jazz. Sulla Rivista "Il Grandevetro" n. 142, Santa Croce sull'Arno giugno 1998, scrissi l'articolo che segue.
Mentre a Lucca si svolge una nutrita serie nelle piazze, La Città in festa, con concerti aperitivo alle 11 in piazza Cittadella e al pomeriggio in piazza san Michele, viene presentato il cartellone della quarta edizione del Festival Internazionale Anfiteatro Jazz, che si svolgerà dal 26 giugno al 5 luglio. Si tratta di 10 giorni intensissimi con ben 35 concerti, oltre a una rassegna cinematografica e tavole rotonde, eventi che pongono Anfiteatro Jazz al secondo posto dei festival italiani (dopo Umbria Jazz) con un grosso afflusso di pubblico (l'anno scorso circa 20.000 persone). Questo straordinario risultato è stato ottenuto in soli tre anni, nessuno avrebbe pensato, nel 1995, anno della prima edizione, di ottenere un successo talmente strepitoso da diventare non solo il punto di riferimento per i festival toscani di jazz, ma per l'intero panorama nazionale. Il successo della manifestazione sta nel suo essere riuscita a creare un'atmosfera che Giorgio Gaslini, nel concerto inaugurale di 4 anni fa, definì "magica".
Il periodo di Anfiteatro Jazz 1998 è quello dell'anno passato, compreso fra la fine di giugno e l'inizio di luglio, rimane quindi il primo grande festival italiano che apre la stagione delle rassegne estive. La struttura è quella dei tre concerti al giorno, uno pomeridiano affidato ai giovani gruppi toscani e due concerti serali con grandi nomi. /.../
Anche quest'anno è prevista l'ospitalità del Concorso di arrangiamento e composizione di Barga Jazz. /.../ Sono ben quattro le orchestre. /.../ Seguendo un'impostazione estetica che privilegia i concetti di apertura e trasversalità, i cosiddetti generi vanno dal jazz classico a quello più ricco di contaminazioni, con la musica ebraica (Klezmer Orchestra), con la canzone d'autore (Kurt Weill in Jazz) e con la musica popolare (Canti della Garfagnana in Jazz), non mancherà il jazz inventivo, con qualche puntata verso la fusion e l'acid jazz (con X-Jam e il Crosswise Quartet). /.../ Infine sono in programma incontri con critici ed esperti.
Segue il programma dettagliato, in cui si notano i concerti della Civica Jazz Band di Milano, diretta da Enrico Intra, il Nicola Arigliano Quartet, la Renato Carosone Orchestra, il duo Lee Konitz-John Taylor, la Barga Jazz Big Band diretta da Bruno Tommaso con Tiziana Ghiglioni, Anna Maria Castelli Group, l'Italian Big Band diretta da Marco Renzi, la Perugia Jazz Big Band con Gianni Basso, Giovanni Tommaso Quintet, Giorgio Gaslini Globo Quartet, il quartetto di Franco Cerri, inoltre proiezioni di film muti con musiche dal vivo interpretate da Intra, Negri, Agudo e Bedori.
Anfiteatro Jazz 1995
26 maggio, Jazz Book, progetto di e con Giorgio Gaslini con la ballerina Silvia Fontana
2 giugno, Orchestra Italiana Jazz diretta da Bruno Tommaso, solisti Trovesi e Migliardi
Seminari presso il Teatro del Giglio
Concerti nel ristorante "Buatino" e al Circolo del Jazz
Anfiteatro Jazz 1996
15 giugno, Stefano Battaglia Group - Quartetto acustico latino - Orchestra Nazionale Giovanile Jazz diretta da Bruno Tommaso
16 giugno, Rosso Acido, programma di Acid Jazz con Michela Lombardi - Nicola Toscano Group - ISMEZ Orchestra direttore Paolo Damiani - Enrico Rava Electric Five
17 giugno, Quintetto Fioramonti - Emanuele Cisi Quartet - Ghiglioni, Sciavolino, Di Leone - Roberto Gatto The Noisemarker
20 giugno, Jazz on colours cob con Dimitri Ghechi Espinosa - Barga Jazz Big Band diretta da Giancarlo Rizzardi - Nabyra Soul con Barbara Ottaviani - Funky Company
23 giugno, Freddy Bertelly and his band - Jazzz Young Center, gruppo proveniente dalla Bosnia - Jestofunk con Fred Wesley
Incontri al Treato del Giglio
Anfiteatro Jazz 1997
dal 27 al 7 luglio: Banda Jazz Mastroianni - Mr. Pitful Soul Music - Giovanni Tommaso Quintet - Gazzarra - Calvisi-Lugo - Giangi Zucchini Jazz Ensemble - Mediterraneo con Eugeneo Bennato in Progetto Piazzolla - Belcanto - Gilberto Pereyra - Barga Jazz Big Band con Paolo Fresu - Cavallanti-Tononi - Omaggio a Mingus con Musica Futura Ensemble - Carlo Actis Dato Qaurtet - Eugenio Colombo - Trovesi-Coscia - Italian Instabile Orchestra - Funk Lab - Datteri- Ghilarducci - Black and Brown - Michel Petrucciani-Miroslav Vitous
Inoltre proiezione dei film Saint Louis Jazz 97, Kansas City Blues e Metropolis commentati musicalmente da Intra, Vaggi, agudo e Bedori
Anfiteatro Jazz 1998
Dal 26 giugno al 5 luglio: Nicola Arigliano Quartet - Renato Carosone Orchestra - Barga Jazz Big Band - Gianni Basso - Stefano Bollani - Bruno Tommaso - Anna Maria Castelli Group - Franco Cerri - Cincinnati Jazz - Civica Jazz Band di Milano - Gianni Coscia - Tullio De Piscopo - Donati - Fabbriciani - Garrison - Giorgio Gaslini Globo Quartet - Gebbia - Giovanni Tommaso Quintet - Intra Italian Big Band - Lee Konitz-John Taylor - Ada Montellatico - Perugia Big Band diretta da Marco Lenzi - Enrico Pieranunzi - Nicolao Valiensi Ensemble - Inter Nos Ensemble
Inoltre incontri presso il Teatro del Giglio, fra cui un convegno dell'AMJ
Cfr. http://www.anfiteatrojazz.it/
A Rossella Piegaia e Piero Gaddi