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Dal solve al coagula
Dal solve al coagula ovvero il passaggio dalle avanguardie alla massa del plotone



Il termine 'avanguardia' deriva dal gergo militare e significa 'guardia prima del plotone' (quei soldati che stanno un po' avanti all'esercito per controllare che nella strada non ci siano imboscate), il termine venne adottato dalle arti per indicare quegli artisti che stavano più avanti rispetto alla situazione artistica del loro tempo. Dopo la prima e dopo la seconda guerra mondiale le Avanguardie (si scriveva con la maiuscola) si caratterizzarono per una continua sperimentazione che non apparteneva alla massa degli artisti che, invece, continuavano a lavorare nel solco della tradizione. Oggi potremmo dire che il concetto di avanguardia non è più usato e che, nella maggioranza dei casi, l'artista si riconosce nel plotone, nella condivisione di un destino comune trasmesso con una lingua che tutti possono capire.

La musica dell'avanguardia è attraversata da un doppio bisogno: di azzerare la tradizione e di fondare nuove tecniche compositive e strumentali. Opera secondo strategie di rinnovamento linguistico che, simbolicamente, rimandano a una possibile trasformazione del mondo (utopia di una palingenesi della realtà ottenuta attraverso il sacrificio del linguaggio comune).

Negli anni Settanta si ha un ritorno operativo agli strumenti specifici, convenzionali del pensare e fare musica, tralasciando ogni elemento extra (grafico, gestuale, casuale, sperimentale) e ogni ideologia politico-sociale. Si tenta di ricucire gi stratti prodotti da un'arte di rottura (che voleva scandalizzare i borghesi). Negli anni Settanta l'artista non s'immerge più nel materialismo delle cose ma si dirige verso spazi obliqui, con intenzione volubile. Si riscopre un uso calibrato e leggero dei mezzi compositivi, senza eccessi, senza quei radicalismi che avevano caratterizzato le composizioni degli anni precedenti. Ma è certo che proprio quella continua ricerca della stazione sperimentale permette ai compositori di giovarsi di una situazione ricca, molteplice e aperta agli esiti più personali. La ripresa della soggettività (contro i meccanismi automatici che avevano caratterizzato sia lo Strutturalismo sia la musica aleatoria) consente di riappropriarsi di una liberta espressiva intensa e diretta. Niente più poli antitetici di negativo o positivo, di struttura o di caso, di elettronica o di grafismi, i dualismi, quanto mai necessari nei decenni Cinquanta-Sessanta, si appiattiscono in una neutralità che non conosce poli divergenti e dove le valenze sono vissute in termini di simultaneità, tutto viene giocato in superficie, nell'apparire e nel concatenarsi delle figure, in un susseguirsi di sagome e di forme. Si recupera il concetto classico di forma e la figura diviene melodica e/o tematica. La partitura diventa il luogo dello slittamento delle immagini, in una continua estensione e movimento sulla superficie, uno slittamento leggero e spesso allusivo, organico ovvero aperto a trasformazioni incessanti sotto il segno di una ritrovata creatività personale/romantica, vista attraverso una prospettiva di piacere, nella grazia (neo-galante) dell'apparire.

Parlare di visione superficiale, nel contesto di quello che è chiamato Postmoderno, non significa contrapporre il concetto di superficie a quello di profondità, ma piuttosto intendere la ritrovata fiducia nel manufatto, nell'attività artigianale, per la quale lo scontro frontale non è pensabile poichè si svolge altrove (lo scontro reale avviene nella società e nella politica, realtà ben poco intaccabili dall'arte). Il musicista si rende conto di operare su forme e linguaggi e non su fatti e cose.

In piena libertà il compositore può voltarsi indietro e nutrirsi delle tecniche e degli stili del passato. La musica diventa immagine visualizzata che viene ritualizzata nella prassi della citazione, il che significa schivare la parte negativa e critica del presente per rifugiarsi nelle illusioni delle bellezze del mondo perduto. Citazione è imitazione e ripetizione (simulacro), anche se - nei casi migliorei come lo Stravinskij neo-classico, padre putativo di molte prassi postmoderne - la citazione può essere intesa a un livello reso superiore dal filtro culturale che crea molteplici stratificazioni fra l'immagine citata e il contesto in cui viene inserita, ciò non toglie che l'immagine sarà sempre legata a tutta la sua storia artistica e ai nessi sociali che la videro nascere, riproporla non solo significa ignorare quei nessi (che non ci sono più) ma anche conferirle - inevitabilmente - il carattere di reperto nostalgico, quindi a-storico e a-critico.

Negli anni Ottanta la prassi della citazione diventa troppo ricorrente, non si tratta soltanto di dissacrare o di mancare di rispetto critico all'oggetto citato ma di creare una specie di metalinguaggio basato sul recupero di elementi che producono una situazione linguistica paludosa, senza reali posizioni dinamiche ma racchiusa su se stessa. Il concetto di citazione è esente da connotati pessimistici, del resto il ri-ascoltare qualcosa di conosciuto è sempre rassicurante. La comunicazione à la manière de romantici, l'espressività fin de siècle diventano lo standard della temperatura emotiva e la citazione diventa così rappresentazione sentimentale stereotipata. La relatà viene sproblematizzata e il comporre è inteso con gusto compiaciuto e spesso vagamente retrò, accarezzando l'immagine bella, la forma come stile, addirittura come grande Stle (proprio ciò che l'avanguardia aveva messo in discussione).

La praticabilità dell'opera dagli anni Ottanta in poi è tutta interna, il che significa autofunzionamento e autopotenzionamento dei meccanismi meramente tecnici, la perizia viene dimostrata nell'uso formale degli elementi circoscritto al gioco dei rimandi interni, in un processo di déclenchement ovvero di messa in moto di meccanismi operativi e loro separazione (lo Strutturalismo aveva fatto tutto questo in maniera stringente e 'matematica' ora il gioco musicale viene svolto dando spazio alla libertà personale che si crede inventiva, alla soggettività che si vuole creativa, all'espressività individuale che si risolve a volte nello spiegamento di un canto 'lirico').

L'opera torna a farsi mondo, dall'opera aperta delle avanguardie si ritorna alle forme chiuse e agli stili consolidati: dal solve al coagula.

P. S. Il passaggio da una musica impegnata nella ricerca e nel sociale a una musica più leggera, giocata in superficie e dal carattere ludico avviene anche nel settore del rock, nel 1974 i Rolling Stones cantano It's only rock'n'roll (che in Italia diventa "son solo canzonette") e la disco music prende il sopravvento. 



Da Renzo Cresti, Dal solve al coagula, in rivista "1985 la musica", n. 1, Roma gennaio 1985.







Renzo Cresti - sito ufficiale