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L'alea e John Cage
L'alea e John Cage



L'alea, termine desunto dal calcolo delle probabilità, entra timidamente e con ben 10 anni di ritardo nella Neue Musik. Il caso, nella logocentrica storia del pensiero europeo, s'introduce nella musica di stampo strutturalista non come apertura al diverso, all'extra-musicale, al quotidiano, all'improvvisazione e all'indeterminazione, ma vi entra come calcolo, l'elemento casuale viene subito ingabbiato in un contesto che lo tratta come uno degli aspetti da organizzare. Il caso viene desunto dal calcolo delle probabilità e dal triangolo di Pascal, così Bo Nilsson utilizza la formula algebrica delle modulazioni aleatorie, Klebe impiega la serie dei logaritmi, Xenakis sfrutta la tecnica stocastica.

Il caso viene apparentato al senso del niente, quando è, al contrario, un uscire dal nulla un (ac)cadere sull'esistenza. Il caso è irruzione dell'imprevisto, proprio di ciò che la ragione, ogni tipo di logos e di ratio, non è in grado di pre-vedere e di pre-ascoltare. Il caso è critica sostanziale all'assolutismo degli immutabili e alle convenzioni formali.

Il principio di indifferenza afferma che in una situazione non finalizzata (per esempio l'I-King) non si conoscono ragioni perché si realizzi un evento invece di un altro (eventi equiprobabili dove possibile è l'evento il cui contenuto non sia autocontraddittorio).

E' il 1950 e negli Stati Uniti John Cage scrive, per Merce Cunningham, le Sixteen Dances per piccola orchestra, nelle quali viene impiegata una tecnica di scrittura impersonale, i charts, diagrammi destinati a facilitare l'inventario delle variazioni possibili di una scritura ritmica, la cui utilizzazione dispensa da ogni scelta compositiva sottraendo la partitura alla volontà del gusto del compositore (e dell'ascoltatore). L'anno successivo, la notazione mediante grafici si fa ardita nell'indeterminazione dei connotati stilistici del Concerto per pianoforte preparato e orchestra. Già in Amores, del 1943, primo brano per pianoforte preparato, si faceva ricorso a una concezione noisy del suono, sporcato da elementi extra che lo proiettavano oltre, piccoli elementi, come pezzettini di legno, vetro, metallo, gomma, palline da ping-pong etc., sistemati sulle corde dentro la cassa del pianoforte, con cura precisa in modo da ottenere risultanze di armonici calcolate. In questo allargamento del timbro pianistico il colore diventa autre. In Amores le pochissime note suonate sono basate su scale pentatoniche e non formano alcuna melodia né armonia. Il blocco dello sviluppo temporale è attuato anche mediante l'uso di un trio di percussioni, seguendo l'esempio di Varése.

Al 1951 appartiene la celebre Music of Canges, nella quale le frequenze e le durate delle note derivano dai procedimenti casuali dell'antico metodo cinese I-King. Cage si limita a prendere atto dell'avverarsi delle possibilità combinatorie, in un atto redazionale che ditrugge l'idealità dell'Autore-Padre, del Genio inventore, dell'autorità assoluta dell'Ego. Gli imprevedibili eventi caleidoscopici spezzano la concezione fomalistica dell'Opera d'Arte intesa come emanazione diretta dell'Io-Creatore, in un'apertura vitalistica a tutto ciò che quotidianamente ci circonda, al di qua di ogni chiusura strutturalistica, di ogni epurazione attuata nel sacro nome dello Stile. "I suoni non hanno scopo! Semplicemente essi sono. Vivono. La musica è questa vita dei suoni, partecipazione dei suoni alla vita che può diventare (ma non volontariamente) una partecipazione della vita ai suoni" (1).

L'inserimento in musica degli imprevisti e improvvisi eventi della vita quotidiana parifica il rumore al suono. La famigerata Imaginary Landscape n. 4 per 12 apparecchi radiofonici fa scandalo, le radio vengono accese e sintonizzate a caso, le 'idee' musicali sono delle emittenti radiofoniche, mentre durate e proporzioni sono stabilite dal lancio di una monetina.

Decisivo per la messa a punto della poetica del caso, per la presa di coscienza dei procedimenti di indeterminazione, è l'incontro di Cage con Suzuki, maestro di buddismo Zen, dal quale Cage trae una nuova maturità del suo fare musica, sganciandosi sempre più dal soggettivismo formante di matrice europea, il quale chiede alla volontà dell'Autore (sempre con la maiuscola) di stabilire ogni aspetto del suo prodotto, specchio el proprio Sé. Non scordiamoci che Cage è nato a Los Angeles, guarda non all'Atlantico ma al Pacifico, alla Cina, al Giappone, all'India e alle loro tradizioni spirituali. La questione fondamentale non è quella del volere ma, all'opposto, quella di sganciarsi dalla propria volontà. Ogni suono, come tutte le cose, non ha soltanto una propria vita autonoma e indipendente, ma è, a un tempo, anche centro: il 'caos' del Concerto per pianoforte non è che il pullulare di una linfa vitale, finalmente non geometrizzata nel rigor mortis degli aprioristici schemi razionali, un groviglio infinitamente più complesso, inestricabile e, dunque, restio a ogni tentativo di organizzarlo.

La musica di Cage, non finalizzata, reclama la sospensione di ogni giudizo di valore definendosi come opera, fatto, accadere sperimentale i cui risultati non sono prevedibili in una prospettiva immanente, una liberazione non solo dei suoni ma anche e soprattutto degli individui alienati, un involontario ma esplicito significato politico, appello, auspicio o utopia di un mondo liberato dalle dittature e dagli sfruttamenti: "Il soggetto composizionale della musica cageana non vuol più essere una figura di Duce, questo era il senso di ciò che intendeva dire Cage allorché sottolineava criticamente che la musica sino ai nostri giorni abbia saputo suggerire la presenza di un uomo piuttosto che dei suoni" (2).

La casualità rende possibile ogni cosa e tutto sopporta in una tolleranza democratica, non solo fra suono e suono, anarchicamente liberi da ogni impostazione legislativa, ma anche fra suono e rumore, gesto, parola, azione etc. Nella mutua indipendenza fra gli elementi si pone il modello utopistico di un mondo privo di conflitti: l'eliminazione delle differenze segna l'abolizione tecnologica della divisione del lavoro. Nell'ambito della poetica dei suoni concreti e dell'appropriazione di essi da parte di persone non specializzate, in un'apertura comunitaria a godere del suono, al di qua di divieti ai 'non addetti', Cage s'interessa, fin dal 1952, all'happening event, ponendo l'accento sul coinvolgimento collettivo alla realizzazione della performance: "Un happening è migliore nella misura in cui è maggiormente assimilabile alla vita" (3).

Nel 1951, anche Morton Feldman ricorre a una grafia indeterminata in Projection I, dove la scrittura è formata da quadratini che indicano le altezze basse, medie o acute; la durata è vagamente determinata nello spazio intercorrente fra i vari quadratini; le dinamiche e i segni di espressione sono assenti. La rivalutazione del ruolo dell'interprrete si attua nello sganciamento dalle servitù interpretative e nell'invito alla partecipazione attiva alla realizzazione del pezzo. In quegli anni, altri fondamentali contributi vengono a consolidare la tendenza, etica oltreché musicale, all'apertura verso ogni suono: sono le opere di Brown, Wolf, La Monte Young, Partch. In Europa, solo dopo i seminari di Cage a Darmstadt nel 1958, i compositori si avvicineranno alla poetica cageana, ora inglobata nelle fitte maglie dello Strutturalismo ora volta al negativo (indeterminazione come impotenza), fra tutti colui che si avvicina maggiormento allo spirito di Cage è Sylvano Bussotti.



NOTE
1) J. Cage, Per gli uccelli, Multhipla edizioni, Milano 1977, pag. 84.
2) H. K. Metzger, Cage o della liberazione, in "Incontri musicali", Suvini Zerboni, Milano 1959.
3) R. Kostelanetz, Conversazione con John Cage, in "Lo spettatore musicale", Bologna 1970.



Da Renzo Cresti, Per una storia filosofica del segno musicale, nel Catalogo della Mostra di manoscritti e partiture contemporanee "La musica, le idde, le cose", Arti Grafiche C. Fermo, Milano 1981.
La Mostra, curata da Renzo Cresti e Aldo Brizzi, ebbe la sua inaugurazione al Palazzo del Broletto di Novara, per poi essere esposta nell'Istituto del DAMS di Bologna, nell'Aula Magna dell'Università di Roma, All'Istituto "Viotti" di Vercelli, a Sargiano nell'ambito del IV Festival CIPAM, a Villa Bernocchi di Premeno nell'ambito dei corsi estivi della Civica Scuola di Musica di Milano, al Palazzo Vicarile di Certaldo durante il Festival "Luglio musica", all'Accademia Chigiana di Siena, a Palazzo Robellini di Acqui Terme nell'ambito del Festival "Proposte musicali", fu poi esportata a Lisbona.







Renzo Cresti - sito ufficiale