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Musica elettronica, centri e primi ingegneri/musicisti
Musica elettronica, centri e compositori[1]

Nel 1954, Mderna e Berio iniziarono a pensare di fondare uno Studio di fonologia presso la RAI di Milano, dove già lavoravano. Ricorda Maderna: «S’era dovuto convincere una quantità di gente, s'erano prodotti, con i primi scarsi mezzi messici a disposizione innumerevoli  effetti, pezzi e pezzettini ad usun Delfini, roba a buon mercato ma che piaceva ai palati non troppo sottili dei funzionari e dei cosiddetti registi della televisione. Quasi di nascosto si era riusciti a produrre qualche lavoro di una certa serietà; ricordo ancora i primi lavori semplici  ma faticosamente e con mille dubbi portati a compimento: Mutazioni di Berio e il mio Notturno. Il mio primo lavoro puramente elettronico, composto di soli gruppi di frequenze, suono bianco, miscellanee varie, venne realizzato nottetempo».
Luciano Berio così ricorda quegli anni: «Nell’ottobre del 1952 ero a New York dove, al Museum of Modern Art, assistetti a un concerto diretto da Leopold Stokowski che, a metà del concerto, si rivolse al pubblico dicendo “adesso vi lascio, due altoparlanti prenderanno il mio posto”. Fu in quell’occasione che ascoltai per la prima volta musiche elettroniche (la chiamavano tape music), erano di Vladimir Ussachevsky e di Otto Luening. [...] Questi due musicisti mi avevano raccontato come fabbricavano quei suoni e con quali apparecchiature. Arrivato a Milano, alla RAI, mi sono procurato dei filtri, degli oscillatori, dei generatori di suono bianco e mi sono fatto allestire un variatore di velocità: le stesse povere apparecchiature, cioè, che abbiamo impiegato per la realizzazione, con Maderna, di Ritratto di città. [...] Tornato in Italia ho sentito parlare del lavoro di Meyer-Eppler, di Eimert e di Stockhausen e ne sono rimasto profondamente colpito».[2]
Le riaperture delle sedi EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) avvennero nel 1946, dopo che erano state distrutte dalla guerra. Uno dei primi ad essere assunto nella sede di Milano fu Marino Zuccheri che iniziò a lavorare come tecnico nel settore della prosa, nel 1955, conobbe Berio (che già lavorava come assistente alle produzioni di prosa, scegliendo le musiche più idonee per i vari programmi radiofonici). Racconto Zuccheri: «Fu proprio Berio a portare i primi nastri di musica elettronica, i primi esperimenti dalla Germania, dai famosi corsi estivi di Darmstadt. Con questi macchinari sonori giocavamo con le poche macchine che avevamo a disposizione, cercando di costruire qualcosa. [...] Avevamo un solo oscillatore, poi ne è arrivato un altro e solo nel 1956, con l'apertura dello Studio di fonologia al quinto piano, siamo arrivati a nove oscillatori».
In Europa esistevano lo studio di musique concrète di Pierre Scaeffer che lavorava su suoni registrati e poi manipolati in studio, e lo Studio di musica elettronica di Colonia che lavorava sulla creazione di onde sonore coinvolgendo compositori che seguivano la tendenza post-weberniana, come Stockhausen, Goeywaerts, Krenek e altri. Nel 1954, quando Berio e Maderna realizzarono Ritratto di città, sembrava che i nostri musicisti volessero seguire l'impostazione concreta, ma poi, dal 1956 in avanti, con l'apertura ufficiale dello Studio di fonologia, gli anni di ritardo con cui si era aperto lo Studio milanese si rivelarono una buona carta da giocare perché si poteva filtrare e rimeditare le precedenti esperienze, per approdare a soluzioni diverse e nuove che tenessero conto delle due direttrici di musica concreta e di musica elettronica. Fu, in effetti, così e dal 1956 all'inizio degli anni Sessanta videro la luce composizioni assai dignificative come quelle di Berio: Thema: omaggio a Joyce (1958), Différences (1959), Momenti (1960) e Visage (1961) e come quelle di Maderna Syntaxis (1956), Continuo (1958), Serenata III (1962), Dimensioni n. 4, Le Rire e Hyperion (tutte realizzate nel 1964).
Ovviamente allo Studio della RAI lavorarono anche altri compositori, il più assiduo fu Luigi Nono che realizzò Omaggio a Vedova (1960), A Floresta é jorem e cheia de vida e Ricorda cosa ti hanno fatto ad Ausschwitz (entrambi lavori sono del 1966), inoltre, Per bastiana - Tai Yang Cheng (1967), Contrappunto dialettico alla mente (1968), Musica Manifesto n. 1: Un volto del mare  e Musiche per Manzù (entrambe del 1969), Y entonces comprendò (1970). Degli altri autori, fra le composizioni realizzate le più importanti sono da citare: Incontri di fasce sonore (1958) di Franco Evangelisti; Quartetto III (1961) di Franco Donatoni; Collage n. 2 (1961) di Aldo Clementi; Recitativo (1961) di Camillo Togni; Divertimento (1961) di Niccolò Castiglioni. Come si nota, il 1961 fu un anno prolifico. Nel 1967, Clementi realizzò Collage 3, dopo questo periodo iniziò una progressiva decadenza, in quanto la RAI non rinnovò le varie apparecchiature. Maderna preparò delle musiche per lavori teatrali o radiofonici, oltre a Tempo libero (1970), Ages e Venetian Jornal (entrambi del 1972); vi realizzarono alcuni lavori anche Paolo Renosto, Armando e altri.
Nel 1971 la direzione dello Studio passò ad Angelo Paccagnini. Nel 1983, quando Marino Zuccheri andò in pensione, lo Studio venne chiuso. Nello Studio anche John Cage partecipò alla realizzazione di un brano, Fontana mix (4).Cage  era in Italia, per la prima volta e che, con David Tudor aveva tenuto una performance al Circolo Pirelli. Anche Henry Pousseur realizzò un lavoro, Scambi del 1957. Da segnalare, infine, che anche Umberto Eco lavorava, negli anni Cinquanta, presso la sede della RAI di Milano, fu un presenza determinante per Berio e come altrettanto Berio lo fu per Eco. 
La musica elettronica andò a inserirsi nel dibattito che le teorie della comunicazione svolgevano negli anni Sessanta, in modo particolare con la focalizzazione del medium; nella comunicazione semplice il canale attraverso il quale passa la comunicazione è neutro, mentre con l’avvento dei mezzi elettronici il mezzo diventa centrale; è McLuhan che afferma che il medium è il messaggio, non è proprio così, ma certamente le modalità di trasporto del messaggio interferisce in maniera importante con la natura del messaggio stesso e con le forme di ricezione.

Nel periodo compreso fra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta si assistette a un propagarsi dell’interesse verso la musica elettronica. In Italia sono sempre mancati i fondi necessari alla costituzione degli Studi, i quali abbisognano di un aggiornamento continuo dei nuovi  macchinari, per cui, passata la fase pionieristica, i nostri compositori sono dovuti andare a lavorare all’estero, presso Studi tedeschi, americani (come Berio) o francesi (celebre lo Studio dell’I.R.C.A.M., dove vi lavorano molti italiani). Attualmente il Centro più importante per l’elaborazione della musica elettronica è il L.I.M.B. di Padova, che vede la presenza di Alvise Vidolin. A Milano ci sono gli Studi Agon, MM&T, Lasdim, a Firenze Tempo Reale, a Roma Crm e Edison Studio. Altri Studi ancora potremmo citare, perché il fenomeno a cui si assiste è quello della proliferazione di Studi personali, in quanto molti compositori si attrezzano, in proprio, con mezzi sofisticati che oggi, al contrario di qualche anno fa, sono reperibili a costi non elevatissimi. Vediamo, sempre in ordine cronologico, gli antesignani.

Pietro Grossi (1917-2002), anche violoncellista, lavora soprattutto all'elaboratore, in una ricerca basata su metodi matematico-statistici, che fanno ricorso al calcolo combinatorio e ad altro. Fonda, nel 1965, lo Studio di Fonologia di Firenze, quindi la prima cattedra di Musica elettronica al Conservatorio “Cherubini”, lavora per l’Università di Pisa e approda, dagli anni Ottanta, alla ricerca grafico-sonora realizzata al computer. A Firenze lavorano sulla musica elettronica Albert Mayr, Lelio Camilleri e altri.
Enore Zaffiri (Torino 1928) è un altro musicista che s’è interessato, fin dal 1964, all’elettronica, fondando lo Studio di musica elettronica di Torino, dedicandosi a ricerche sul sintetizzatore e sulle nuove tecniche audio-visive. Ha composto balletti e azioni teatrali (Il gioco dell’oca, 1972), musiche da camera e vocali (fra cui Cantico delle creature, 1980), musica elettronica pura e musica per sintetizzatore e strumenti o voce, fra cui Cantico dei Cantici (1980).  Con lui hanno lavorato Amadei, Bosco, Freda, Marroncini, Moschetti, Pennisi e altri.
Angelo Paccagnini (Castano Primo 1930 -1999), dopo le prime prove, degli anni fino al 1958, legate a un fulgido razionalismo compositivo, Paccagnini, per trovare l’equilibrio fra l’autoreferenzialità dell’opera e il suo aprirsi a una forma di comunicazione, il teatro su nastro di Bivio (1968), può essere una prima prova, da cui partirà una nuova fase compositiva. Paccagnini prese le distanze dalla struttura, non lasciandosi andare a un procedere rapsodico, ma bilanciandola con gesti ora improvvisativi ora intimistici, come nella produzione degli anni Ottanta e Novanta. Lui, che pure era un anticipatore della musica elettronica italiana, che aveva diretto lo Studio di fonologia della RAI di Milano e aveva fondato la prima Cattedra di musica elettronica al conservatorio Verdi, si rese conto che le analisi scientifiche, sotto il manto rigoroso, possono nascondere una vita asfittica e con la vita, quella vera e quella del suono, poco hanno a che fare. Sapeva che non abbiamo bisogno di ulteriori approfondimenti da un punto di vista tecnico, scientifico e filologico, ma di profondità umane. Il metodo, l’atteggiamento scientista, la coerenza di un Sistema sono presupposti necessari all’ordine formale, ma non sufficienti. Paccagnini non ha avuto una considerazione adeguata ai suoi meriti, che sono tanti e non solo legati alla composizione, ma anche alla didattica. L’esigenza di un ripensamento e di un più giusto ricollocamento della sua figura è imprescindibile.[3]
Giuseppe Di Giugno (Bengasi 1937) fisico che ha collaborato alla messa a punto di numerosi programmi, fu figura fondamentale nei decenni del secondo dopoguerra, continuando le sue ricerche, in modo da sfruttare pienamente le possibilità offerte dai nuovi mezzi elettronici. Nel 1975, insieme a Berio e a Boulez,  presso l’IRCAM, contribuì alla fondazione del dipartimento di computer music. A Parigi, costruì molti prototipi di sintetizzatori digitali i quali, nel 1979, diedero origine al sistema 4X, considerato la prima stazione di lavoro musicale interamente digitale per la sintesi e l’analisi del suono in tempo reale. Nel 1988 ritornò in Italia e fondò il Laboratorio di ricerche IRIS  (è stato Presidente del CEMAT, Federazione che promuove l’attività musicale, collegata alle tecnologie informatiche).
Albert Mayr (Bolzano 1943) s’interessa di musica elettronica, ma è interessato anche alle performance. Nacque a Bolzano ma presto si trasferì a Firenze quale collaboratore di Pietro Grossi, s’interessò alla musica su nastro (Tape for live musicians, 1971) e sperimentale (Namplay, 1972). Confluì nella tendenza della Environmental music, coltivata da artisti quali Murray, Lucier, Eno etc., lavorando sui suoni che informano l’ambiente e sulla psico-percezione, proponendo suoni adatti a un certo luogo e interpretandoli con interventi live o con montaggi su nastro. Mayr estese le sue ricerche alle frequenze non udibili, seguendo un’ipotesi utopica di ascolto infrasonoro (Parcours rythmé, 1977).
Alvise Vidolin (Padova 1949) è stato ed è un punto di riferimento per tutti coloro che si interessano di informatica musicale; a partire dal 1977 iniziò a collaborare con la Biennale di Venezia, come responsabile del Laboratorio per l’Informatica Musicale della Biennale (L.I.M.B.). Nel  1981 fu tra i fondatori dell’Associazione di Informatica Musicale Italiana (A.I.M.I.), di cui è stato presidente dal 1988 al 1990, e di cui è membro del comitato scientifico. Dal 1992 al 1997 è stato responsabile della produzione musicale del Centro Tempo Reale di Firenze. Come regista del suono e esecutore di live electronics ha collaborato con diversi compositori, tra cui Luigi Nono, Luciano Berio, Aldo Clementi, Franco Donatoni, Salvatore Sciarrino, Giorgio Battistelli e altri.
Michelangelo Lupone (Solopaca 1953) figura di riferimento per la musica elettronica italiana, ha progettato diversi sistemi e con la strumentazione da lui realizzata ha composto brani come Meccanismo di un quartiere di una città (1977), Interazione (1978), Iter su figure I (1980) e II (1981); lavorando con artisti visivi e coreografi ha intrapreso un percorso di teatro musicale, sempre più rivolto all’uso integrato dell’ambiente d’ascolto e del rumore casuale, dando origine a grandi installazioni; importante anche la sua attività saggistica.[4]


[1] Le schede sui compositori che seguono hanno approfondimenti variabili, il che dipende da molti fattori, il primo è la storicizzazione del percorso artistico ossia il già avvenuto riconoscimento del proprio valore (questo avviene spesso per i compositori più anziani ma non solo, alcuni compositori anche delle generazioni più recenti possono essere considerati maestri); in secondo luogo va considerato quanto il percorso del compositore si presta a una riflessione sul tema di questo libro ovvero sulle ragioni e sui sentimenti (al di là della valutazione delle opere) ovvero sia al come ma anche al cosa e al perché dei lavori presi in esame; in terzo luogo va esaminata la diffusione delle opere di un compositore vale a dire quanto queste sono riuscite a entrare nei circuiti e a ottenere riscontri di critica e di pubblico (facendo attenzione a escludere gli aspetti commerciali); inoltre vanno studiati gli elementi interni all’operare e all’opera cioè va messa in opera la difficilissima disamina che stabilisce – a seconda dei punti di vista – il valore in sé dell’oggetto artistico, senza alcuna pretesa di formulare giudizi definitivi; infine va considerata l’angolatura di chi scrive vale a dire la nostra soggettività, con le idee, la sensibilità, l’educazione culturale etc., è questa soggettività che determina il punto di vista e, quindi, la stesura finale che prevede schede più approfondite e altre meno (non dipende dallo spazio del libro ma dal fornire delle prospettive e quindi alcuni elementi in evidenza e altri sullo sfondo).
[2] Colloquio con Luciano Berio, di Angela Ida De Benedictis e Venerio Rizzardi, in Nuova musica alla radio, CIDIM, Treviso 2000, pp. 161 e 163.
[3] Cfr. Prefazione di Renzo Cresti al libro di Gabriele Ranica, Lo scontento cosmico, Angelo Paccagnini, Raccolto Edizioni, Robecchetto con Induno (Mi) 2005.
[4] Negli anni Ottanta ha progettato il sistema Fly 10, un computer destinato all’esecuzione in tempo reale, realizzato in collaborazione con Bianchini questo sistema definisce la filosofia progettuale anche di un secondo computer, Fly 30, creando le condizioni per affrontare in modo sistematico le problematiche tecnologiche del tempo reale.

 




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