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Antonella Bini, la Sonatina per per flauto di Sofija Asgatovna Gubajdulina
 
 Antonella Bini, la Sonatina per flauto di Sofija Asgatovna Gubaidulina
 

 
 Estratto da :
 
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Sofija Asgatovna Gubajdulina
“Ottant’anni” dedicati alla musica"
 
 Tralasciando la parte del mio saggio,dedicata all'inquadramento storico-sociale della vita e degli "incontri" musico-culturali della grande Compositrice,  riporto di seguito il capitolo 3.2 dello stesso, con l'analisi della Sonatina per flauto solo (1978) - da me  effettuata essendo io stessa flautista-  mentre si rimanda al catalogo della SIKORSKY del 2011 per una panoramica generale per i lavori della Compositrice, che impiegano il flauto sia in orchestra che in formazioni cameristiche.

3.2 Sonatina per flauto solo  (1978)

 
La  Sonatina per flauto solo[1] è composta nel 1978 e si colloca storicamente nel momento in cui assistiamo  all’apertura della musica sovietica al mondo occidentale, infatti abbiamo ricordato che solo due anni dopo questa composizione si ha l’esecuzione di Offertorium da parte di Gidon Kremer. Ed inoltre sempre agli anni settanta risale l’apertura del Teatro dell’Opera da Camera di Mosca e la fondazione dell’Ensemble da camera dei solisti del Teatro Bol’šoj, che si dedicava specialmente al repertorio contemporaneo.[2]
Il brano presenta una struttura macroformale divisa in tre sezioni   che chiameremo:
·         A   (dall'incipit alla prima  metà della decima collatura) ,
·         B   ( seconda     metà     della   decima    collatura    fino   alla    prima   metà   della
       diciassettesima collatura) ,
·         C   ( da seconda metà della diciassettesima collatura fino  alla quarta battuta della
        ventesima collatura) 
 le quali si ripresentano nel corso del brano in forma variata:
 
·         B 1  (dalla quinta battuta della ventesima collatura fino all'ultima corona della
        ventiseiesima  collatura)
 
e a cui segue  una quarta sezione cantabile:
·        
CODA (dal  ¾ della ventiseiesima collatura fino alla fine del brano)  
che  riprende nella sua ultima parte lo spunto ritmico iniziale della sezione A trattandolo però  in modo più disteso, fino al dissolversi del tema, riproposto insistendo su un intervallo di seconda minore (rebemolle - do ) di cui tratteremo più avanti.
Nel corso del brano vengono indicati i diversi andamenti di esecuzione voluti  dalla compositrice e anche alcune indicazioni  metronomiche (ved. per esempio l'incipit del brano stesso, oppure l'indicazione metronimica 200 alla croma)
La struttura del brano e le sue relative sezioni sono facilmente individuabili grazie alle corone e alle pause. 
E qui non è fuori luogo trovarvi un richiamo alla polifonia presente nella Sequenza I di Berio o in Density 21.5 di Varèse,  dove  viene abbattuta l’idea del flauto inteso solamente come strumento monodico  e monofonico.
La caratteristica di procedere  per opposizioni binarie ( ritmo serrato contrapposto a sezioni melodiche di ampio respiro) è tipico della scrittura di Sofija Gubajdulina ed elemento costante  è la polifonia di registri.
Analizziamo ora le varie sezioni.
 
3.2.1 SEZIONE “A” (dall'incipit fino alla prima metà della decima collatura)
 
Contraddistinta dalla contrapposizione di due elementi,  opposizioni binarie: nota ribattuta  ed ampliamento intervallare,  a loro volta strutturati micro formalmente:    “a-a1– a”.
Troviamo la presentazione del motivo generatore del brano (incipit) che consiste  nella ripetizione ostinata  della stessa nota nello stesso registro,  un re della prima ottava inserito in differenti figurazioni ritmiche.
Assistiamo qui ad un chiaro rimando alla musica Bartokiana in cui  «[…] la ripetizione ostinata di una stessa nota è una ripetizione vivacizzata dal punto di vista ritmico e dinamico, quasi a voler trovare un principio di articolazione all’interno di una materia immobile […]il principio della ripetizione dinamizzata di una stessa nota, inteso come  sollecitazione della materia sonora verso il divenire delle forme, è molto frequente nella musica di Bartok […]»[3] .
Inoltre viene già presentata la serie di Fibonacci su cui poggia l’intero brano, serie presente già dalla prima collatura con la sequenza ritmica  di tre sedicesimi un sedicesimo un ottavo  (che vale due sedicesimi) e poi ancora un  sedicesimo-un ottavo- due sedicesimi- cinque sedicesimi, ovvero  3-2-5  ribattendo sempre la stessa nota re.
 Potremmo considerare una derivazione della serie di Fibonacci  anche gli intervalli  impiegati (intervalli di seconda, di terza e di quinta,  e successivamente la trasposizione della cellula tematica alla  sesta maggiore che in rivolto è una  terza minore)  dalla compositrice per sviluppare il motivo generatore del brano.
Questo tema percussivo ci rimanda per assonanza al tema del brano L’ora dell’anima (1976), dedicato  al percussionista Mark Pekarskij: il flauto diventa quindi  anche strumento percussivo  come già era stato 30 anni prima per Varèse, solo che in Density 21.5 la percussione  del flauto  avveniva in senso fisico e cioè  “percuotendo” le chiavi, mentre in questo brano  la percussione è affidata  alla ripetizione ritmica “ossessiva”.
 Sempre in questa prima parte viene presentata  la corona, graficamente indicata in due differenti modi: una in forma di cuspide  e una in forma  di semicerchio.
La corona è il segno che permette la stasi,  il silenzio, elemento fondamentale nella poetica della Gubajdulina, ed è diversa dalla corona tradizionale, perché qui non è conclusiva, bensì è una corona sospensiva, diventando parte “necessaria” del discorso musicale provocando all’ascolto un senso di inquietudine.  Questo stato di ansia viene dato anche dal segno di respiro presente  insieme alle corone nell’intero brano. La pausa o sospensione, e più in generale il silenzio, è infatti un elemento strutturale preponderante,   degno quindi  di annotazione e qui è chiarissimo il rimando alla concezione cageana del silenzio.
Gli accelerandi e i rallentandi di esecuzione sono indicati nel modo riportato  a partire dalle prime due collature.
 Un’ulteriore ricchezza di questo primo tema è data  dall’accostamento di note da eseguirsi staccate, appoggiate o accentate , ovvero ogni suono è curato anche nella emissione (tratto tipico della poetica musicale del ventesimo secolo).
Ed ecco  che quando questo primo tema Bartokiano, non è stato ancora del tutto esposto, compare un secondo spunto melodico, più cantabile rispetto al precedente e che per tutta la sezione A andrà ad alternarsi al motivo prettamente ritmico; questo secondo spunto melodico è una dilatazione del precedente intervallo semitonale mi bemolle - re ,composto dalle note si bemolle – mi bemolle – re   al cui interno troviamo sempre la serie di Fibonacci negli intervalli sibemolle - mi bemolle (cioè una quinta) e mibemolle – re (cioè una seconda),   . Questa prima sezione sul finire del IV° pentagramma sale di registro spostando lo spunto melodico e il tema  ritmico Bartokian alla tessitura  sovra-acuta del flauto,  riproponendo pedissequamente la serie di Fibonacci con la ripetizione della nota si per ben 55 volte  (cinquantacinque  appartiene alla serie di Fibonacci) contando il si ribattuto in terza ottava  fino al si trillato.
 Il culmine della sezione A è raggiunto all’inizio  della decima riga con il trillo in fortissimo tra il si e il do del registro sovra-acuto del flauto, dove si riscontra una polifonia resa con l’introduzione di scale cromatiche discendenti in progressione di semitono:
 
 “do- si- si bemolle – la - la bemolle – sol – sol bemolle – fa”,   e  “si - si bemolle – la - la bemolle – sol - sol bemolle – fa – mi” .  

Questa polifonia è da intendersi in senso virtuale in quanto si deduce  da elementi diversi che si muovono insieme : qui troviamo infatti il trillo costante e la scala discendente; chiarissima è l’analogia con la Sequenza I di Berio, in cui questo modo di utilizzo dello strumento appare per la prima volta.
In sintesi possiamo dire che  all’interno della sezione A è presente un’espansione di tutti i parametri: intensità ( da “pp a “ff”), altezza ( da re basso al do sovracuto), timbro (nota secca e nota trattenuta).
 
3.2.2  SEZIONE “B”   ( seconda  metà della prima collatura fino alla prima metà della diciasettesima collatura)          
                    
Una corona chiude la sezione “A”  e inizia  violentemente la sezione “B”,   in apertura troviamo il nuovo tema  annunciato  da un multifonico tra le note  do diesis del registro medio del flauto e un  mi della terza ottavaDa sottolineare che la posizione indicata in partitura per ottenere il multifonico non è molto efficace, ed è meglio sostituirla  con la diteggiatura:

·               1-2-3- mano sinistra/ chiavetta destra - rediesis per la mano destra

con  la quale si riesce a sovrapporre perfettamente il mi della terza ottava al dodiesis del registro medio e l’effetto o sensazione  è quasi un grido di dolore.  La durata di questo multifonico  varia quando viene riproposta nell’ultimo pentagramma, passando da un indicativo  4 /4 ad un  sempre indicativo ¼  con un conseguente e sostanziale accelerando.
Il multifonico sfocia nel registro grave, un mi della prima ottava come se perdesse di vitalità, ed evolve nel  frullato, successivamente in un  glissando che cala di intonazione;  tale momento si ripete anche nella prima parte  dell’ultimo pentagramma.
Questa indagine sul suono trova riscontro nelle  parole di Gubajdulina : «[…] La ricerca  degli spazi micro tonali è il transfert in musica di questa aspirazione all’interiorità e le esplorazioni di Freud   seguono lo stesso orientamento verso l’interno, la profondità, l’ignoto […]  tutto dipende dunque dall’intenzione; è così possibile, eseguendo i suoni armonici, esprimere la sublimazione  che c’è nel passaggio da uno stato a un  altro della materia sonora […]»[4].
  A seguire  prende il via  dal  rebemolle  del registro grave -  raggiunto in frullato dopo l’ultimo multifonico – una serie di undici suoni sviluppata con una progressione di quinte diminuite, rebemolle – solbemolle – sol  -rediesis – mi - soldiesis – re – fa – la – rediesis -  fadiesis – sol. che crea ancora una volta al proprio interno una polifonia virtuale in cui si evidenzia una progressione cromatica nel registro grave e medio del flauto.[....]
Da queste due linee  arriviamo alla parte più acuta e alla fine del secondo pentagramma della seconda pagina irrompe nuovamente un chiaro richiamo al tema bartokiano della sezione A, riproposto nel registro medio-acuto e con l’ossessiva ripetizione del rebemolle alternato al do, con   diverse articolazioni in rapida successione e in crescendo.
 
3.2.3  SEZIONE “C”  (da seconda  metà della diciasettesima collatura fino alla quarta battuta della ventesima collatura)
 
La sezione B confluisce  senza soluzione di continuità  nella sezione C in ?  caratterizzata  da un’indicazione metronimica molto veloce , al limite del possibile, che mette a dura prova il virtuosismo dell’interprete.
 Dalle diverse precise figure ritmiche (quartina e terzina) si desume una scrittura “alla tedesca” cioè estremamente puntigliosa, di schönberghiana memoria, da suonarsi  maestosamente enfatizzando il ritmo  con progressioni cromatiche  ascendenti e discendenti nascoste, in contrappunto per moto contrario. [....]
Segue repentinamente un cambio di tempo: si passa a poco meno mosso con un’alternanza metrica molto ravvicinata (4 /8, 2 /8, 3 /8 )  in cui due linee che lavorano in contrappunto (nota trillata e trentaduesimi) creano ancora una volta una polifonia, riprendendo con il trillo la-sibemolle,  il trillo si-do, tema già presentato nella Sezione “A” [....].
E troviamo nuovamente la  polifonia nella  ripresa della linea melodica al culmine della “Sezione A” ,  resa però con    una scala cromatica  questa volta ascendente di una quarta eccedente  dal  la  del registro medio arriva a rediesis della terza ottava, in cui si trilla la scala la- sibemollesi – do – dodiesis – re – rediesis   con la scala distante un semitono ascendente  sibemolle – si – do – dodiesis - re – rediesis – mi.
 
3.2.4  SEZIONE” B1” ( dalla  quinta  battuta   della  ventesima  collatura   fino  all'ultima  
                                        corona della ventiseiesima   collatura) 
          E “CODA”         ( dal 3/4 della ventiseiesima collatura fino alla fine del brano)
 
Il passaggio dalla sezione C alla riproposta di B1  viene indicata da una pausa – qui il silenzio è indicato per la  prima volta da una pausa e non da una corona  dopo la quale ritroviamo il multi fonico dodiesis – mi.    Anche questa volta  sfuma nel registro grave (mi)  “frullato”  portando ad un glissando semitonale ascendente. B1 prosegue ripresentando la serie delle due linee melodiche precedentemente enunciate, partendo però una seconda eccedente sopra rispetto la prima volta (mi naturale anziché rebemolle ),  evolvendo il disegno musicale della sezione B, con ogni nota frullata e con glissati ascendenti o discendenti che si ottengono anche aiutandosi con  un glissato di dita sulla tastiera a fori aperti del flauto.                                                              
Viene resa ancora una volta una polifonia di registri con scale nascoste.
E si ritorna nuovamente all’insistente esposizione del tema monocorde con la nota mi della terza ottava – il tema originario è stato trasportato di una seconda eccedente rispetto alla sezione B ( da rebemolle a mi)  e di una seconda maggiore rispetto al tema  della sezione A (da re a mi) -  frullato con dei glissandi quarti tonali ascendenti, interrotto  da respiri e da alcune corone che durante l’esecuzione trasmettono uno stato ansiogeno.
Il tema dopo la seconda corona della ventiseiesima  collatura  sfocia nel tremolo in fortissimo tra il fa e il mi della terza ottava  che sfuma nel fa della terza ottava armonico  coronato, nota perno che segna il passaggio al tema della “coda” in  ¾.
Questo ultimo tema -  da eseguirsi in maniera scorrevole ed estremamente cantabile cercando di far trasparire l’idea di desolazione che suscita al suo ascolto -   è suddivisibile al suo interno in tre parti che delineano le tre linee tematiche   [....]  al cui interno  troviamo sempre  scale cromatiche nascoste. [....].
L’ultima nota del tema della coda è un  rebemolle del registro grave  che poi inevitabilmente confluisce nella riproposta  del tema bartokiano  della sezione “A” iniziale e che quindi potremmo indicare con A1 (Ultime tre collature).
Ritroviamo  la struttura tematica basata sulla serie di Fibonacci  con  la ripetizione della nota “do” in gruppi di 2-3-5 note e ancora con la distanza di una seconda (2 appartiene alla serie di Fibonacci)  tra le note   rebemolledo gravi fino a dissolversi nella nota finale (do basso) , una seconda sotto rispetto  la nota iniziale.   Si può quindi dire che l’intervallo di seconda sia l’intervallo privilegiato di questo brano. [....].

3.3      La dinamica per Sofija Gubajdulina: alcune considerazioni
 
Un discorso a parte merita la dinamica
Attraverso la dinamica il suono  riesce a prendere vita e a trasmettere il pensiero del compositore;  Sofija Gubajdulina  in particolare,  avendo una predilezione per il  suono come  entità ontologica  e creatura in divenire, sfrutta tutte le possibilità timbrico-dinamiche del flauto, passando dal registro grave a quello acuto, dai “pianissimo” indicato con ppp  ai“fortissimo”indicati con “fff. All’esecutore è richiesta una grande sensibilità ed una continua ricerca  sul suono da  far scaturire dal proprio io;  si possono fare numerose analogie con gli altri brani della letteratura flautistica del Novecento, in particolare  però  chi scrive trova un “filo di Arianna” che unisce la Sonatina a Density  21.5 [5].
Infatti  Density 21.5, anche se breve,  “…..oltre ad essere uno dei più importanti pezzi del repertorio flautistico del Novecento, rappresenta anche un punto di inizio della ricerca e dell’esplorazione delle risorse tecniche, timbriche ed effettistiche dello strumento, che porterà poi, a partire dalla fine degli anni 50 e per tutti gli anni  60 e  70,   ad  una scrittura sempre più sofisticata, facendo ricorso a volte alle tecniche strumentali più ricercate e complesse. Esso rappresenta sicuramente un punto di svolta nell’evoluzione delle nuove tecniche strumentali del flauto. Interesse costante di Varèse è stato lo studio della materia sonora, che a volte, spinta alle estreme conseguenze si inoltra nel campo del rumore.
Nel caso di Density 21.5  l’introduzione del colpo di chiave come rafforzamento del modo di attacco, rappresenta   sicuramente un elemento sonoro nuovo, che non si inquadra solo come novità  tecnica ma anche  come  conseguenza   di un pensiero coerente che il compositore porterà sempre avanti.”[6].
E ancora in analogia con Sofija Gubajdulina  “[…] La tematica tesa di Varèse con quelle note ribattute[…], la sua ritmica istintiva, viscerale , notata con straordinaria sottigliezza, la strumentazione     brulicante   di sussurri   e grida, lacerata   da  clamori   terribili, l’armonia trattata come colore  sonoro (sull’esempio di Debussy), con quei caratteristici rinforzi di alcuni  armonici per modificare il timbro,  tutto ciò fa presentire non soltanto Jolivet o Messiaen, ma perfino Xenakis. D’altra parte, la libertà delle forme  e delle strutture, la rottura della continuità melodica e strumentale, l’irregolarità ritmica, l’armonia colore, la concezione dell’insieme costituiscono altrettanti sviluppi della ricerca debussyana.[…]”  [7] .
 
Come in Density 21.5 anche nella Sonatina abbiamo visto che la voce del flauto diventa polifonica e percussiva, messaggera   di uno stato d’animo febbrile  e di continua eccitazione alternato a una voce desolata, cantabile quasi rassegnata, un po’ come avviene nella Syrinx debussiana.
  
Il flauto per Sofija Gubajdulina è quindi mistico, ma può essere anche l’evocatore di un mondo arcadico-bucolico perduto: annota infatti Chiara Bertoglio “[…] Anche Sofia Gubaidulina ha un rapporto molto intenso con la natura, fin dagli anni della sua giovinezza; Valentina Kholopova riferisce delle sue lunghe e frequenti passeggiate, che divenivano vere occasioni di ispirazione anche per il lavoro creativo della compositrice, in particolare nelle campagne attorno a Mosca e nei paesaggi innevati del lungo inverno russo.[…]”[8].
 
Ed ecco  che maturano in questo contesto i brani, che abbiamo già citato, per flauto e pianoforte  Allegro rustico[9] e I   suoni     della foresta[10]   che ripropongono l’idea del flauto come uno strumento antico, propria della poetica del XX secolo: “[…] il flauto possiede la forza primigenia della monodia: non è il piffero gracile ed agreste dell’arcadia, ma strumento dello stregone,  del demiurgo, che ricrea magicamente la realtà[…]”[11].
 
Ma il suono del flauto per Gubaiduljna è anche personificazione dell’universo femminile infatti:  «[…] già nel 1960 aveva composto il balletto in un atto Volshebnaja svirel’ (il flauto magico) intitolato in un primo tempo Svirel’ Tani (Il flauto di Tana) nel quale la siringa (ovvero il flauto) svolge la parte di messaggero d’amore. […]. Secondo Gubajdulina […] il suono del flauto è collegato alla femminilità […] e rifacendosi alla antichissima dottrina orientale del tao la compositrice riconduce al principio femminile ogni espressione  di pienezza, spiritualità e irrazionalità. […]» [12].
E qui troviamo molta affinità con il brano Maitraum- studie 4 [13] della compositrice tedesca Barbara Heller in cui,  con l’evidente ripresa di  Sirynx [14] di  Debussy la compositrice ha voluto così identificare l’essenza femminile che è in ogni donna: sia la sensualità che può trasparire dal suo essere  e trasmessa intorno a lei, sia la capacità e la volontà di fare le sue scelte anche se estreme: come è proprio della personalità e della musica di Sofija Gubajdulina.
  
 
BIBLIOGRAFIA
 
LETTERATURA CRITICA
AA.VV. 1991: Autori Vari, Gubajdulina, a cura di Enzo Restagno, EDT, Torino 1991
BERTOGLIO 2009: Chiara Bertoglio, Per Sorella Musica- San Francesco, il cantico elle creature e l musica del novecento, Effatà Editrice, Torina 2009
CANDE' de 1980: Roland De Candè, Storia Universale della Musica, I-II, (Trad. It di Edoardo De Giovanni - Vittorio Fellegara - Michele Mannucci - Francesca Odling), Editori Riuniti, Roma 1980
 
ARTICOLI E PERIODICI SPECIALISTICI
GALANTE 2003: Emilio Galante, Il flauto nel novecento in Lazzari G. Il flauto traverso:storia, tecnica, acustica,EDT, Torino 2003, pp. 183-264
 
CATALOGHI E ALTRE FONTI
SIKORSKY 2011: Sofia Gubaidulina, Sikorsky Musikverlage, Hamburg, 2011, pp.1-64
 
FONTI MUSICALI
B.HELLER, Maitraum - Studie 4, in "Floten music", Furore Verlag Edition, Kassel, pp. 14-15.
C.DEBUSSY, Syrinx, Peters Edition, London 1969
E. VARESE, Density 21.5, Franco Colombo Inc., New York, 1958
 
SITI INTERNET
 
www.wikipedia.it

 
INDICE GENERALE
 
 
Introduzione p.  2
 
 
 
3.2      Sonatina per flauto solo (1978)
 
 
3.2.1 SEZIONE “A”    (dall'incipit fino alla prima metà della decima
                                     collatura)
 
3.2.2  SEZIONE “B”   ( seconda  metà della prima collatura fino alla prima
                                       metà della diciasettesima collatura)          
 
3.2.3  SEZIONE “C”   (da seconda  metà della diciasettesima collatura fino
                                      alla quarta battuta della ventesima collatura)
 
3.2.4  SEZIONE” B1”  (dalla  quinta  battuta   della  ventesima  collatura
                                      fino  all'ultima corona della ventiseiesima   collatura)
          E “CODA”         (dal 3/4 della ventiseiesima collatura fino alla fine del
                                     brano)
 
 
 
 
 
 
p.  2
 
 
p.  3
 
 
p.   5
 
 
p.   6
 
 
p.   7
3.3   La dinamica per Sofija Gubajdulina: alcune considerazioni
 
 
p.   8
 
Bibliografia
 
p.  10
 
 
 


[1] SIKORSKI 2011: p. 37
[2]  AA.VV. 1991: pp. 60-61
[3] AA.VV 1991: pp.28-29
[4] AA.VV. 1991: pp. 31-32
[5] E. VARESE, Density 21.5,  Franco Colombo Inc., New York 1958.
                               [6]  www.wikipedia.it
  [7]  CANDE’ de 1980: II, pp. 306-307.
  [8]  BERTOGLIO 2009:  p. 99
  [9]  SIKORSKI 2011:  p.31
[10]   SIKORSKI 2011: p.37
[11]   GALANTE 2003: p. 201
[12]   AA.VV. 1991: p. 149
[13]   B. HELLER, Maitraum- studie 4, in “Floten music”, Furore Verlag Edition, Kassel, pp.14-15
[14]  C. DEBUSSY, Syrinx, Peters Edition, London 1969






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