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La ricerca del senso
La ricerca del senso
Primo paragrafo della Premessa al libro Ragioni e sentimenti nelle musiche europee dall'inizio del Novecento a oggi (lim@lim.it)
 

Fin dall’antichità mai è stato possibile, né mai lo sarà in futuro,
separare in musica l’aspetto logico da quello emozionale.
Il primo emerge dalla ratio, dalla mathesis, dal logos,
dalla teoresi, dalla scienza, dal rapporto con il numero, con il calcolo,
dalla misura e dalla regola, dalla grammatica, dalla trattatistica,
dalle proportiones tra tempi (tempus) e tra i numeri di vibrazioni (intervalli) etc.
Il secondo corrisponde al sentimento, all’emozione,
alla delectatio, agli affetti e anche all’estro, all’istinto, alla spinta dionisiaca.
In maggiore o minore misura l’uno e l’altro sono sempre inerenti
Sia in chi compone sia in chi ascolta.
Dalla  notte dei tempi sono sempre stati compresenti.
(Gastone Zotto, Ragione e sentimento in musica, un binomio indissolubile)
 
La ricerca del senso

Evidenziare le ragioni e i sentimenti[1] che hanno sorretto le avventure della musica del Novecento vuol dire rilevarne il senso, il valore che le varie esperienze hanno avuto, la loro risposta alle esigenze poste dalla storia politica e sociale e dai cambiamenti che si sono prodotti nei pensieri e nella prassi musicali. Vi sono state ragioni di vario tipo, da quelle pubbliche a quelle private, da quelle legate alle culture delle varie epoche alla messa a punto di metodi compositivi personalizzati, linguaggi[2] che prendevano il posto della lingua comune che si era frastagliata, ragioni ben salde, espresse con criteri rigorosi da intelligenze acutissime, come sono state quelle dei massimi compositori europei, logiche compositive che non escludevano affatto l’espressione dei sentimenti, ma li comunicavano con modalità differenti rispetto a quelle comuni della musica del grande repertorio legato alla tonalità e soprattutto rispetto alla passionalità romantica. Anche quando si è voluto prendere le distanze dall’espressività non si voleva cancellarla, del resto è impossibile annullare il sentire umano, l’affettività insita in ogni uomo, si voleva prendere le distanze da una certa sentimentalità (si pensi a Stravinskij) che, però, rimase in altre esperienze, nelle molteplicità delle situazioni che si sono accavallate e succedute nel secolo scorso. La ricerca del senso richiede un’ermeneutica dinamica e a più punti di vista, sono queste interpretazioni che le pagine seguenti metteranno a fuoco (esposizioni e prospettive non solo di chi scrive ma anche di chi legge, mettendo in gioco non solo le enunciazioni razionali ma pure le risonanze emotive).

Evidenziare il senso di percorsi variegati significa mettere sempre in gioco il senso stesso, perché non è raro trovare episodi contrastanti, momenti divergenti, competenze differenti e coscienze approfondite di alcuni aspetti e inconsapevoli di altri. Nella sua complessità il senso del Novecento è proprio quello di un’affermazione della molteplicità e dell’instabilità, che costringe a non avere convinzioni definitive e stabili ma sempre in movimento. Dinamiche che si fanno via via più veloci: la difficoltà maggiore nell’ascolto della musica novecentesca sta proprio qui, nel suo non proporre certezze stabili, scale di valori indelebili, sicurezze alle quali l’ascoltatore può aggrapparsi e nel suo veloce cambiare prospettive, sfondi e primi piani. Ancor più che la complessità degli argomenti e delle costruzioni formali è il dover riferirsi a procedimenti sempre rinnovati che crea difficoltà, il non avere un punto di vista stabile che consente di fissare il fatto o l’oggetto. Anche nella musica tonale vi sono strutture complesse ma l’ascolto è garantito, perlomeno in senso generale, dalla koiné; anche nella musica del repertorio si trovano operazioni e opere complicate ma più facilmente inquadrabili nel contesto storico e culturale e, quindi, più agevolmente comprensibili. Pure la maggiore conoscenza della storia delle arti tradizionali, dalle Avanguardie del primo Novecento all’indietro, rende più chiaro intendere i legami che la musica instaura con il resto della cultura. Dunque è la mancanza di riferimenti certi e dei molti atteggiamenti controversi a costituire la massima difficoltà di comprensione. Ecco l’esigenza della ricerca del senso che sta dietro alle sfaccettate vicende della musica novecentesca.

L’indagine sui significanti costituisce la base della ricerca, gli aspetti tecnico-formali sono essenziali perché in essi è insito il significato, in quanto forma e contenuto non sono separabili, non lo sono mai ma, a maggiore ragione, nella musica del Novecento. Le analisi del significante/significato, come l’esame dei vari codici e sistemi, metodi e formulari, non può esaurirsi in sé, pena un arido formalismo, lo studio di tutti gli aspetti musicali deve relazionarsi alla situazione storica, alle condizioni sociali, alle congiunture economiche, alle circostanze culturali, in un rapporto inscindibile fra testo e contesto. Ma non solo, in questo rapporto s’inserisce la personalità del compositore, il suo soggettivo angolo di visuale dal quale legge e interpreta la realtà. L’approfondimento di tutte queste informazioni potrebbe portare all’entropia ossia a una rete di relazioni senza fine, occorre, dunque, fermarsi su una soglia esemplificativa, su un punto chiarificatore che può mostrarci il senso di un’esperienza.

Gli aspetti biografici possono essere dimostrativi ma possono anche essere banali, vanno evidenziati solo quelli che producono effetti sull’operare del compositore. L’elenco delle opere è utile quando, di brano in brano, si evidenzia un percorso artistico di grande rilevanza, altrimenti diventa nozionismo. Le tecniche vanno sottolineate quando producono cambiamenti e nuove prospettive, non per un tecnicismo fine a se stesso, così le forme e tutto quanto riguarda il bagaglio dei mezzi che il compositore utilizza. La tecnica e la forma, il processo e il metodo sono appunto dei mezzi, riguardano il come, vanno relazionati al perché, al cosa e alle finalità del pensare e fare musica. Tirando le somme di tutte queste riflessioni si può scoprire le ragioni e le affettività, le cause e gli scopi, i progetti e i desideri che soggiacciono all’operare, che stanno dietro e dentro all’opera, ossia se ne scopre il senso.
 


[1] Hubert Stuppner, fa questa riflessione: «La questione va chiarita preliminarmente sul piano estetico. Esattamente in termini di “Ragione e sentimento”, un’aporia che assomiglia a quella di Pascal, L’ésprit de géometrie et de finesse, ovvero più drasticamente a quella di Schumann, che ha distinto nettamente tra conoscenza e saper fare, tra dottrina e ispirazione, tra tecnica e invenzione. La sua frase “Kunst kommt von Können, denn käme sie von Wissen, hieße sie Wust” (L’arte deriva da invenzione e saper fare, perché se venisse dalla conoscenza, si chiamerebbe erudizione). Invenzione come generare, direbbe Mahler. La moderna didattica della composizione ci ha messi in condizione di analizzare le più svariate tecniche di composizione e di imitarle. […] Le invenzioni più originali del Novecento nascono dalla rottura radicale dei tabu della tradizione. Invenzioni a sé stanti, con la più inaspettata rottura della continuità storica. I più geniali innovatori hanno avuto un irrazionale impulso, una forte inclinazione irrazionale e hanno creato. A legittimare tale operato con un’estetica e una teoria, ci hanno pensato dopo» (manoscritto).
[2] Per la tematica del linguaggio musicale cfr. Renzo Cresti, I linguaggi delle arti e della musica, Il Molo, Viareggio 2007. Si faccia una riflessione su queste parole di Bussotti: «La musica presa come linguaggio sia una burla, che essa, in virtù della sua somiglianza con il linguaggio, proponga sempre un enigma cui essa, in quanto non è linguaggio pensante, non dà mai risposta. La musica possiede un carattere enigmatico del dire qualcosa che s’intende e al tempo stesso non s’intende. Non si può esattamente stabilire che cosa esprima e tuttavia essa esprime», Sylvano Bussotti, Theodor Adorno, l’extra e la linea della vita, in, in «Marcatre» nn. 34-36, 1970, ora in AA. VV., Sylvano Bussotti, corpi di musica, Artout Maschietto Editore, Firenze 2010, pag. 24.


 




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