Dare un giudizio sulla musica del Novecento significa esprimere un parere sensato su una molteplicità di nuovi codici linguistici. Uno dei più difficili riguarda la giusta considerazione attribuita alle nuove modalità di costruzione della musica, dopo secoli di certezze tonali: un'aurea di incomprensione ha attraversato la dodecafonia prima, lo sperimentalismo affiorato in Occidente (le avanguardie russe, americane, italiane, etc.) poi, ed infine, nel post-seconda guerra mondiale, lo stacco ideologico profuso da quella che, per convenzione e sistematicità, abbiamo denominato musica contemporanea. Senza entrare nel merito di una discussione che potrebbe essere condotta all'infinito, è necessario sottolineare che il Novecento musicale ha accompagnato un secolo di egoismi economici e di potere, da una parte assecondando i soprusi, dall'altra creando tutti i presupposti per una loro modificazione. In questi 17 anni del nuovo secolo non si può fare a meno di notare come siano aumentate le "vittime" di un assalto imperioso dei predatori economici, condotto anche sulla cultura esperibile in tutte le sue forme, ed ancora oggi ci si chiede a chi attribuire le colpe della disfatta, se possa esistere per le arti ancora un punto di convergenza, che sia in grado di smentire il dilagante degrado a cui assistiamo gradualmente. Ci sarà ancora una musica di qualità e se si, che sembianze dovrà avere?
Renzo Cresti, critico e musicologo fiorentino, è stato uno dei primi a porsi queste domande. Nel 2001, fu pubblicato un libro che raccoglieva una serie di saggi intrattenuti a favore della rivista specializzata Feeria, dal titolo Il Cuore del suono (scritti di e(st)etica musicale). Al pari di un vettore profetico, Cresti indicava già una precisa direzione per la musica del futuro, partendo da un'analisi particolareggiata dei momenti fondamentali che assistono la creazione dei suoni; le letture di Scelsi e di tanti compositori della sua generazione (di cui ha avuto la diretta conoscenza), la frequentazione di un ambiente colto (dalla letteratura alla pittura) e un interesse precipuo per la musica classica italiana (a cui ha dedicato una minuziosa storia) sono le fondamenta di un pensiero critico che si ritrova nel libro citato, soprattutto nel saggio La musica, il molteplice e il senso, che grazie ad uno stile raccontato a mò di romanzo, permette di stabilire una propedeuticità filosofica all'intera attività critica posta da Cresti.
Il cuore del suono contiene un'arringa appassionata su quello che è stata la musica del Novecento nel suo complesso e soprattutto, su quali prospettive si deve contare per impostare quella del futuro, alla luce della dispersione accennata. Ecco quindi che il doppio binario (estetico ed etico) è indispensabile per la realizzazione di un cammino articolato della musica che sappia riconoscere pregi e difetti e ponga al centro della sua analisi la bellezza delle creazioni musicali e il suo saper comunicare. Con un afflato di passione poetica che penso lo contraddistingua nel panorama critico, Cresti imposta un meticoloso e miracoloso affresco del Musicista del nuovo millennio, ripulito dagli eccessi e pronto per affrontare la sfida della comprensione: è un eroe, un viandante, un giardiniere o un artigiano del suono che mira (con le sue competenze) alla coabitazione delle sue opere, come colui che è stato scelto per introdurre un messaggio privilegiato; inoltre dovrà ricomporre il frazionamento dei principali movimenti musicali del Novecento (strutturalismo, astrattismo, neo-tonalismo e minimalismo), fornendo una valida continuazione dei modelli musicali quanto più lontana dalla retorica.
Con una riflessione comparata sulla storia, il Musicista ideale di Cresti diviene una figura perfettamente condivisibile da qualsiasi ottica, un protagonista di una rinnovata ricerca dello stupore, in un tempo che si preannuncia particolarmente complesso; rivolgendosi probabilmente ad alcuni rappresentati illustri della categoria, Cresti lancia un monito sull'egoismo e sul tema della responsabilità e proclama il ripristino del senso dell'arte che deve vincere la condizione soggiogante della globalizzazione e delle sue appendici pratiche.
Il motivo conduttore di tutti gli interventi è la celebrazione della bellezza dell'arte (compreso quella musicale) e della spiritualità vista come una vera e propria necessità etica: è quello che si rinviene anche nei saggi apparentemente slegati dal contesto, che ricorrono negli approfondimenti musicologici dedicati ai Canti della Vergine e alle Laudi, al ricordo coltivato con Gianfranco Pernaiachi e Arturo Benedetti Michelangeli. In più, nel saggio di L'abbraccio delle Muse ci si inoltra in un sostanzioso assaggio del lavoro fatto sulla composizione italiana e grazie alle conoscenze letterarie (Cresti ha scritto anche due romanzi), si può apprezzare il parallelo tra musica e letteratura con molti nomi e temi "minori", che si prestano ad un necessario approfondimento.
Gli imperativi sono collegarsi alla profondità dei suoni ed entrare nel cerchio della vita: due condensazioni che possono essere in grado di riformare il percorso futuro e di vincere le complessità dei suoi approcci, ciò che a parer mio, attualmente si intravede solo nelle nicchie della musica, di qualunque genere esse siano.